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Schneider Electric di Rieti occupata

(16 Febbraio 2014)

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Dal 23 gennaio i lavoratori e le lavoratrici Shneider Electric di Rieti sono in assemblea permanente all'interno dello stabilimento per contrastare l'imminente chiusura del sito e la delocalizzazione della produzione in Bulgaria. Nessuna crisi produttiva a spiegare il gesto dei padroni, solo una strategia politica per ridurre il costo del lavoro e preservare gli elevati profitti dell'azienda!

La vicenda ha inizio già nel 2009, quando, con il lancio del nuovo piano industriale, il colosso multinazionale francese annuncia esuberi e la messa in mobilità di decine di lavoratori. Nel 2012, però, la vera strategia padronale inizia a prendere forma attraverso l’annuncio della chiusura definitiva dell’impianto e la messa fuori commercio del modello C60, prodotto interamente nello stabilimento reatino. Il nuovo interruttore magnetotermico Tim, infatti, sarà realizzato in Bulgaria a partire dal Giugno 2014, data entro la quale la produzione del sito reatino sarà definitivamente arrestata.

Inutili le richieste di riconversione avanzate dai lavoratori e le associazioni sindacali; dalla sede principale parigina fanno sapere che è stato fatto di tutto per cercare di dare una nuova vita allo stabilimento, ma senza risultato. Anche la ricerca di un nuovo acquirente non sembra aver dato sinora esiti positivi. Dunque nessun margine di trattativa con l'azienda si apre all’orizzonte, tanto che le sorti dei 180 lavoratori e lavoratrici, più l'indotto, appaiono indelebilmente segnate.

L'ultimo colpo basso dei padroni si profila nel corso dell'incontro del 21 gennaio presso il MISE tra Confindustria ed Rsu, che si conclude con la decisione di anticipare la chiusura alla fine di marzo 2014, tre mesi prima della data prevista.

La risposta dei lavoratori e le lavoratrici arriva decisa e marcata. Blocco della produzione immediato ed occupazione dello stabilimento. Mai prima d’ora, affermano i lavoratori e le lavoratrici, uno dei siti produttivi Schneider Electric è stato occupato! Nessun margine di autogestione produttiva, però, risulta praticabile, perché i C60 non hanno mercato al di fuori della casa madre. A conferma del disinteresse verso le sorti dei lavoratori e le lavoratrici reatine, dalla sede francese annunciano tempestivamente il blocco degli stipendi e della cassa integrazione per tutti gli operai in lotta.

“Siamo soli” affermano i lavoratori. In un tessuto produttivo-industriale al collasso come quello reatino (dove già i grandi colossi Alcatel e Solsonica hanno messo in cassa integrazione e mobilità centinaia di lavoratori e lavoratrici), poche sono state le iniziative di solidarietà tra gli stabilimenti vicini; i tentativi di dialogo con gli altri siti Schneider sul territorio nazionale ed internazionale hanno portato e porteranno a qualche ora di sciopero, ma è in dubbio che ciò possa cambiare significativamente le decisioni dell'azienda.

Ripensamenti esclusi, la multinazionale francese ha tentato di allentare il conflitto lo scorso 12 Febbraio rispolverando gli accordi presi sin dal 2012, posticipando di nuovo a Giugno 2014 la chiusura del sito e riconoscendo ai dipendenti quanto dovuto in termini di stipendi e cassa integrazione per queste tre settimane di fermo macchine. Ciò non potrà comunque fermare la lotta.

Per maggiori informazioni rimandiamo all’intervista ad un lavoratore della Schneider nell’ambito della trasmissione Corrispondenze Operaie su Radio Onda Rossa.

Clash City Workers

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