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    ALCUNI PUNTI DI PROPOSTA PER RIFLETTERE SUL SISTEMA POLITICO ITALIANO: LO SCENARIO FUTURIBILE E’ QUELLO DI UNA SVOLTA AUTORITARIA

    (25 Febbraio 2014)

    In questi giorni che ci hanno separato tra la formazione del governo e la votazione della fiducia in Parlamento ci è capitato, attraverso il blog: http://sinistrainparlamento.blogspot.it di intervenire più volte sul tema sollevando alcune questioni di fondo legate assieme dall’idea di una possibile svolta autoritaria non collegata semplicemente al concretizzarsi materiale dell’ “uomo solo al comando” che le modalità concrete dell’avvento al governo di Matteo Renzi naturalmente suggerisce: è nato un “governo personale” non legato alla tutela del Presidente della Repubblica (come è stato nel caso dei governi Monti e Letta), al rapporto con il sistema dei partiti e neppure da intendere quale “concerto” di notabili.
    Una situazione, dal punto di vista della valutazione meramente istituzionale, simile a quella determinatasi nel 1924 dopo la vittoria elettorale del fascismo ottenuta attraverso la Legge Acerbo (oltre ovviamente a uccisioni, assalti, incendi: beninteso) e l’assunzione da parte di Mussolini di un vero e proprio ruolo da “furherprinzip” .
    Riassumiamo di seguito alcuni dei punti sollevati proponendoci, nelle prossime settimane, di avviare i termini di una riflessione collettiva su questi temi a dimensione nazionale per non lasciare nulla d’intentato perché questo pericoloso stato di cose non risultati, alla fine, colpevolmente sottovalutato da parte dell’area politica della sinistra d’opposizione e di alternativa cui facciamo riferimento.
    Il primo punto da sollevare è quello della prospettiva di cancellazione del concetto stesso di democrazia rappresentativa : tentativo di cancellazione che ha proceduto di pari passo con l’esaltazione del concetto di personalizzazione della politica, nato è bene ricordarlo in precedenza a livello periferico rispetto a quello centrale.
    “Con gli ultimi provvedimenti in materia di enti amministrativi (scomparsa delle Circoscrizioni cittadine e delle Province) hanno prodotto un sostanziale imbavagliamento delle assemblee elettive che, senza contare il ridotto ruolo assegnato al Consiglio Comunale, sono superate dalla figura del Sindaco scelto direttamente dalla cittadinanza, con un sopravanzamento inusitato della personalizzazione della politica ,a discapito del ruolo ormai asfittico dei partiti cui fanno riferimento gli assessori (licenziabili al pari di uno staff di una qualunque azienda), che non appartenendo più al Consiglio (almeno per i Comuni di una certa consistenza) perdono il collegamento con le compagini politica che forma la maggioranza di governo.
    A livello nazionale siamo state vittime di una legge elettorale incostituzionale che ha prodotto non solo sconquassi ma anche una distorta percezione della realtà.
    Tale da far dire – senza essere smentito – a Berlusconi d’essere l’ultimo presidente del Consiglio eletto dal popolo.
    Oggi assistiamo a un capovolgimento assoluto nel concetto di parlamentarismo, e persino dell’idea che le elezioni servano a produrre rappresentanza, e conseguentemente ipotesi e proposte di governo”
    L’insieme dei fenomeni degenerativi già denunciati ha trovato espressione nella caduta della partecipazione politica, derivante prima di tutto dall’implosione del sistema dei partiti e della trasformazione di questi in soggetti di tipo “aziendalista” o di tipo “elettorale/personale” e successivamente concretizzatasi in una costante disaffezione dal voto:
    “ Il fenomeno della diminuzione della partecipazione al voto risultò del tutto sottovalutato e scambiato, anche dai grandi centri di analisi politica, per un progressivo allineamento ai modelli più avanzati di democrazia occidentale.
    Si ravvide, in quell’epoca, una responsabilità collettiva, quella dell’illusione dell’alternanza convergente al centro nell’ottica al centro nell’ottica di una “governabilità” intesa quale fattore esaustivo dell’azione politica, mentre veniva meno la possibilità di presenza per una sinistra d’opposizione, in grado di presentare una vera e propria alternativa di sistema.
    Si esaurisce così, in breve, la stessa funzione storica esercitata per decenni dai comunisti italiani.
    Nella sostanza la fase di transizione avviata fin dagli anni’90 si trasformò in un vero e proprio fenomeno di degenerazione del sistema.
    Un fenomeno di degenerazione fondato su 3 elementi portanti:
    a) Il decisionismo, impersonificato dalla modifica di ruolo del Presidente della Repubblica;
    b) L’evidenziarsi di un vero e proprio “sfarinamento sociale”
    c) L’idea della governabilità intesa quale unico e solo “Bene in sé” dell’azione politica
    In questo contesto si pone il tema della legge elettorale, al riguardo della quale si deve riflettere in termini sistemici e di prospettiva politica prima ancora che sulla convenienza delle tecnicalità da adottare;
    “ Ovvio che l’obiettivo principale di una legge elettorale, nel contesto che si prefigura, non è garantire la rappresentatività politica del Paese nel suo complesso (Parlamento specchio del Paese) ma questa dovrà solo garantire un gruppo ristretto di dirigenti utili al progetto. E qui, a nostro parere, non valgono davvero più i concetti di destra e sinistra.
    Alla popolazione rimarrà il gioco dei sondaggi. Degli eventi spettacolo, le primarie (logicamente sempre meno affollate), la calca massmediatica che indirizza non solo l’opinione (e i sondaggi) ma che prepara l’agenda politica.
    Nel frattempo però l’azione politica che ne discende, così apparentemente evanescente e distante, si traduce in leggi e provvedimenti. Reali che pesano sempre di più profondamente nella vita delle persone”.
    I temi in discussione ci appaiono quindi essere quelli:
    a) La personalizzazione della politica e il crescente peso del presidenzialismo a tutti i livelli;
    b) La cancellazione del concetto di rappresentatività politica;
    c) Il ruolo delle assemblee elettive, a partire da quello del Parlamento in relazione al dettato della Costituzione Repubblicana”.
    Tenendo conto come la cornice di tutto questo quadro è composta dalla gestione capitalistica della crisi e della pesante riaffermazione della contraddizione di classe vista dalla parte dei padroni e di conseguente, necessità di costruire riferimenti adeguati di piena rappresentanza politica a questo livello, si può, nella sostanza concludere:
    “ Il rischio è quello di una vera e propria elisione (e non di un semplice distacco come si è scritto in tante occasioni da molti anni) tra la società , la politica e l’azione istituzionale: il risultato potrebbe essere quello, mentre aumenta la disaffezione, di un inasprimento dei meccanismi di decisione, di forzatura nell’idea di un sistema politico – istituzionale “escludente” di per sé (al di là dei concetti di formazione delle maggioranze e di rappresentatività delle minoranze) di sostanziale restringimento nei margini di agibilità democratica, di personalismo autoritario”.

    24/02/2014

    Patrizia Turchi e Franco Astengo

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