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L’Ucraina e la grande offensiva contro la Russia

(26 Febbraio 2014)

ucraoffens

di Nazanìn Armanian (*)


In una conferenza patrocinata dalla società petrolifera Chevron, la sotto-segretaria di Stato USA, Victoria Nuland, rivelava che dal 1991 il suo paese aveva investito più di 5.000.000.000 di dollari in Ucraina, uno dei paesi più strategici del pianeta, e non certo per sradicare la povertà.

La rivelazione (fatta dalla Russia?) di una conversazione telefonica tra Nuland, una ferrea anti-Russia proveniente dalla NATO, e l’ambasciatore statunitense a Kiev giorni fa, in cui ella si lamenta che l’Unione Europea sia incapace di rovesciare il governo e afferma di utilizzare un rappresentante dell’ONU – organismo internazionale trattato come una marionetta – per formare il nuovo esecutivo, conferma il sospetto: c’è Washington dietro il colpo di Stato con il Governo legittimo (secondo i criteri stessi dell’occidente) di Viktor Yanukovich, eletto nel 2010?

Certo che qui nessuno lo chiamerà “colpo di stato”, per poterlo riconoscere come legale, lo stesso che si è fatto con il golpe in Egitto di Al Sisi.

D’altro canto era sorprendente che Barak Obama chiedesse tranquillità ai manifestanti e dialogo al Governo mentre gli ultras come John Bolton e il senatore McCain (che si è persino presentato nella Piazza dell’Indipendenza di Kiev) chiedessero un intervento energico. C’è un governo neo-cons all’interno o parallelo al governo di Obama o si tratta di un doppio gioco del presidente?

La realtà è più complessa del fatto che “gli ucraini volevano appartenere alla UE e il loro Governo tirannico si è proposto di impedirlo a fucilate”. Mentre i mezzi di comunicazione trasformavano un affare interno dell’Ucraina in una questione internazionale, esagerandone l’impatto per spianare il cammino all’ingerenza delle potenze occidentali (preoccupate per la democrazia in Ucraina e non per quella in Arabia Saudita), nessuno si è accorto della fuga della prima ministra tailandese Yingluck Shinawatra a non si sa dove a causa delle proteste cittadine di massa o della terribile mattanza dei musulmani in Myanmar.

Il monopolio dell’ingerenza negli affari di altri stati ha un nome: American exceptionalism.

Tocca agli “ucrainologi” parlarci del brodo di coltura interno che ha propiziato una crisi di tale gravità e di come 20.000 persone hanno potuto determinare il destino di 45 milioni di persone.

E non vale la giustificazione della “maggioranza silenziosa”! E’ inaudito che alcuni “rivoluzionari” si giochino la vita per entrare in un’alleanza economica, e che per giunta questa sia una Unione Europea in bancarotta e con milioni di disoccupati, sfrattati e classi medie spinte verso la miseria.

Il modus operandi della UE e degli Stati Uniti è stato applicare il modello delle “primavere” libica e siriana: proteste pacifiche trasformate, all’improvviso, in rivolte armate di bande oscure dotate di disciplina militare che provocano caos e terrore per dare l’impressione del pericolo di un massacro e di una guerra civile.

Che poi i dittatori rispondano con una dura repressione mostra che nessuno di loro rappresenta gli interessi dei cittadini.

La destituzione di Yanukovich con questi metodi è un cattivo precedente per i governi europei che, quasi ogni giorno, affrontano decine di migliaia di manifestanti che lottano contro la corruzione e il saccheggio dei loro risparmi.

Bruxelles nasconde la verità. Non dice agli ucraini che:

1. La UE non aveva offerto al loro Governo l’integrazione nel club, ma un accordo di libero commercio (vedi: La guerra del gas: dall’Ucraina alla Siria e dagli USA all’Iran) che avrebbe distrutto l’economia di un paese che possiede un quarto delle “terre nere” (chernozem, suolo agricolo che non ha bisogno di fertilizzanti) del mondo, oltre che carbone, uranio e ferro. I suoi abitanti impoveriti credono che in questo lato dell’Europa vivrebbero come gli svedesi, ignorando che in Belgio, ad esempio, uno su quattro bambini vive sotto la soglia della povertà;

2. che, essendo oggi in bancarotta, la UE non ha alcun interesse all’ingresso dell’Ucraina. Se lo facesse, anche la Georgia, l’Azerbaigian o la Moldavia si metterebbero in coda;

3. che paesi come la Romania e la Bulgaria, che sono invece nella UE, non hanno visto né prosperità economica né diritti politici e vivono peggio di 40 anni fa. La Bulgaria socialista di allora esportava elettricità e prodotti agricoli in Turchia e oggi la sua economia soffre di una tale paralisi che migliaia dei suoi cittadini qualificati sono emigrati e il resto sono semplici consumatori dei prodotti di altre potenze, indebitati fino all’osso;

4, che in Bielorussia, paese che sta per formare l’Unione doganale con il Kazakistan e la Russia, i tassi di povertà e quelli della disoccupazione sono del 2% e educazione e sanità continuano ad essere gratuite e universali;

5. che Bruxelles e Washington in Ucraina stanno appoggiando la destra più reazionaria, i gruppi fascisti (come hanno fatto con i Talebani e Al Qaeda) e persino antisemiti, che accusavano il Governo di essere “una marionetta della mafia russa”. I partiti comunisti delle ex repubbliche sovietiche già in dicembre avvertivano del pericolo delle forze neonaziste dell’Ucraina, che avanzano anche in Europa Occidentale.


Da Budda a Lenin, da Bamian a Kiev

Il rovesciamento della statua di Lenin a Kiev, che era il simbolo del trionfo sui nazifascisti (e non quello dell’URSS o della Russia, visto che negli ultimi tre anni sono state elevate altre 5 statue di Lenin e Marx in diverse città del paese) è stato tanto significativo quanto la distruzione della statua di Budda in Afganistan da parte dei talebani, creature nate nei sotterranei della CIA, la cui missione era operare in un altro paese della zona di influenza russa.

Dominare l’Ucraina è stato uno dei principali obiettivi degli Stati Uniti. Già nel 1989 Zbigniew Brzezinski, consigliere alla Sicurezza nazionale di Jimmy Carter, elaborò alcuni statuti per un’Ucraina indipendente dall’URSS.

Gli obiettivi dell’attuale intromissione di Washington in Ucraina (che significa “Patria”) sono:

. impedire che la Russia metta in marcia la Comunità Economica Eurasiatica, prevista per il 2015, e il cui nucleo era l’Ucraina;

. fermare il successo del recupero dello spazio sovietico da parte di Mosca in Eurasia e Asia centrale;

. irritare Putin, vendicandosi del caso Snowden che tanto ha danneggiato Obama, e anche condannare al fallimento le Olimpiadi di Sochi in cui Mosca ha investito 50 mila milioni di dollari e che sarebbero state la vetrina della sua capacità organizzativa e sportiva;

. togliergli forze per sfidare gli Stati Uniti in altre zone in disputa;

. aprire il mercato dell’Ucraina ai prodotti occidentali sapendo che le merci ucraine non potranno competere con quelli;

. far innervosire il Kremlino e metterlo sulla difensiva in modo che si chieda “quale sarà il prossimo golpe?”;

. additarlo come modello antidemocratico e contro i diritti umani e segnalare quello occidentale come il paradigma del paradiso, mentre in realtà entrambi servono una élite meschina e putrefatta;

. rafforzare la propria posizione nella nuova Europa Unita ora che gli europei occidentali non sono più i sottomessi esecutori dei loro ordini, prevenire la formazione di un asse Parigi-Berlino-Mosca. Non possono dimenticare che la Germania rifiutò di partecipare all’invasione dell’Iraq nel 2003.

Per trascinare l’Ucraina nella propria orbita, gli USA hanno vari piani:

*Piano A: installare un governo anti-russo che agisca da contrappeso a Mosca e permetta l’integrazione del paese nella NATO come per la Polonia, l’Ungheria, la Slovacchia e la Romania. L’avanzata dell’Alleanza verso le frontiere russe si paralizzò dopo l’intervento militare della Russia nella “guerra dei 5 giorni” contro l’invasione della Georgia, spalleggiata dal Pentagono, da parte dell’Ossezia del Sud. Il colpo di Stato contro Yanukovich rende più facile un piano fondamentale: cambiare la direzione dei servizi di intelligence e i comandi dell’esercito ucraino e legarli al Pentagono.

*Piano B: Se il futuro regime non è amico, almeno che trasformi l’Ucraina in uno stato cuscinetto tra Russia e Occidente. Meglio debole e instabile che una Ucraina forte e socia della Russia.

*Piano C: “yugoslavizzazione” dell’Ucraine, con immaginarie linee divisorie etnico-linguistiche (russe/ucraine) e religiose (ortodossa/cattolica), come segnalò Samuel Huntington, basandosi sul presunto “scontro di civiltà tra gli ucraini orientali e quelli occidentali”. Anche qui gli Stati Uniti seguiranno la nuova politica della Casa Bianca: no a interventi e rischi non necessari, sì a trarre profitto dalle fratture sociali esistenti nei territori che interessano.


L’Ucraina seduta su due sedie

Dalla sua indipendenza nel 1991, Kiev ha dovuto manovrare tra Occidente e Russia, salvando la sua difficile posizione geografica: l’opposizione di Yanukovich nel 2011 all’offerta russa di fondere l’ucraina Naftogaz con Gazprom, nonostante questa offrisse prezzi più bassi ai consumatori ucraini di gas, o la negoziazione di un accordo di associazione con la NATO mentre firmava con Mosca un accordo sui diritti della Flotta russa del Mar Nero, sono alcuni esempi.

Sarà una sua decisione se vuole essere un’altra Cipro o la Grecia nella UE o un socio importante per la Russia: una coda di leone o una testa di topo. Il futuro sarà determinato dal peso degli interessi nazionali di lungo periodo, il che impedirà la fedeltà assoluta di Kiev a Mosca o a Bruxelles-Washington.


Torna l’imperialismo tedesco

Con 287 basi militari americane sul suo suolo (la Norvegia ne ha 3 e la Spagna 5), la grande Germania non è altro che un ostaggio degli Stati Uniti, la cui cancelliera ha dovuto andare ad ascoltare il suo capo a Washington una ventina di volte. Nuland, nella sua famosa telefonata, si permette di disprezzare la Germania senza capire il rischio energetico che questa correrebbe in una guerra aperta con la Russia.

Anche così, l’attuale intervento di Berlino negli affari dell’Ucraina – appoggiando Vitali Klitschko, un milionario leader dell’opposizione residente ad Amburgo – segna un nuovo fatto nella politica estera dei tedeschi, con l’intenzione di:

.poter ampliare la loro influenza fino al Mar Nero e accedere al Medio Oriente da terra attraverso i Balcani. Già nel 1917 la Germania esigette dai bolscevichi la consegna dell’Ucraina in cambio della pace che chiedevano; fu un sogno anche di Hitler che Ucraina, Bielorussia e i paesi baltici fossero sotto il dominio della Germania;

.riempire il vuoto che gli Stati Uniti stanno lasciando in varie parti del mondo, nonostante che oggi governino un’Europa indebolita e frammentata;

.i benefici economici dell’Ucraina – la migliore terra agricola dell’Europa, mano d’opera qualificata e a basso costo, di pelle bianca e fede cristiana – devono essere superiori a possibili danni che può ricevere da Mosca, soprattutto sapendo che l’Europa è il più grande cliente della Russia.


La vendetta russa

La Russia non ammetterà un regime pro-occidentale nel paese più importante per la sua sicurezza.

Dove, come e quando risponderà a queste provocazioni? Chissà se lo farà in Iran, sabotando lo storico accordo firmato con gli Stati Uniti sul programma nucleare, o in Polonia o Romania, entrambe dipendenti dal gas russo.

La Russia, dall’Ucraina, amplia la sua linea costiera fino al Mar Nero, rafforza i legami con i più di 4 milioni di ortodossi, mantiene la sua base militare (compresa quella aerospaziale) e accede ai vari e abbondanti prodotti agricoli.

Il Kremlino non può perdere questa battaglia, e non vuole neppure uno scontro durante i giochi di Sochi, per cui sta usando blandamente il suo potere. E’ cosciente che qualsiasi governo in Ucraina dovrà fare lo stesso gioco di equilibrio. La dipendenza economica dell’Ucraina dalla Russia è molto profonda, tanto che molte delle grandi società del paese hanno padroni russi.

Quanto è successo cambia l’equilibrio delle forze. La prossima fermata del “caos controllato” può essere la Bielorussia e poi le regioni della Federazione Russa stessa.


(*)Politologa ispano-iraniana; da: publico.es; 24.2.2014

Traduzione di Daniela Trollio, Centro di Iniziativa Proletaria "G. Tagarelli"

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