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CRISI UCRAINA: LA GUERRA AL TEMPO DELLE SUPERPOTENZE

(6 Marzo 2014)

Da “superpotenza” unico gendarme del mondo, a “superpotenze” plurale per indicare il ritorno al bipolarismo “vero” sullo scenario globale: questo potrebbe essere, allo stato attuale dei fatti, il bilancio della crisi ucraina che, naturalmente, nelle prossime ore potrebbe riservare ancora ulteriori sorprendenti e drammatici sviluppi.
La Russia ha così riassunto, com’era nell’aria da diverso tempo, un ruolo “imperiale”, a dimostrazione del ripresentarsi dell’eterno rincorrersi dei cicli nella storia, dopo decenni d’oblio, una lunga fase in cui proprio gli USA avevano assunto il ruolo di solitario regolatore del traffico a livello mondiale, si era ipotizzato uno “scontro di civiltà” verso l’Islam nel post 11 Settembre e sembrava fossero apparsi nuovi attori sulla scena in grado di condizionarne l’assetto complessivo: la Cina, l’India, il Brasile, insomma i cosiddetti BRICS: tutto questo al di là del presentarsi sulla scena del proliferarsi dell’armamento atomico e dello sviluppo avuto da quello chimico.
Tutto questo all’ombra di una crisi finanziaria globale che, a questo punto, gli USA sembrano aver scaricato sugli alleati più deboli, in particolare all’interno di una UE che non è assolutamente riuscita a decollare come soggetto politico sulla scena mondiale e lo svilupparsi di una nuova qualità del conflitto internazionale.
In particolare, proprio dopo il già ricordato attentato alle Torri Gemelle di New York dell’11 settembre 2001, Washington aveva dichiarato una “guerra globale” al terrorismo, che avrebbe portato agli eventi bellici in Afghanistan e in Iraq, oltre ad una serie di altri fatti avvenuti in particolare tra il 2010 e il 2011 e legati a una ripresa delle guerre coloniali in Africa, destinate però al mutamento dei governi piuttosto che all’acquisizione dei territori.
Proprio questa la novità che appariva all’orizzonte: sembrava sparire la geopolitica e conquistare l’egemonia di una sorta di “globalizzazione del potere”, di trasmissione del “pensiero unico” (o meglio, come è stata definita di “esportazione della democrazia”).
La crisi ucraina sembra aver spostato il tutto in avanti, o forse all’indietro, dentro ad una logica del conflitto misurato di nuovo sull’acquisizione del territorio (l’obiettivo di Putin sembra proprio essere quello della ricostituzione dei confini dell’antico Impero zarista, al punto che molti lo giudicano l’erede diretto dei Romanov e non certo di Stalin o di Breznev) e non sullo spostamento di pedine sullo scacchiere del potere locale.
Sospendendo il giudizio sul futuro prossimo appare però interessante ricordare attraverso quali modalità si era sviluppato per circa mezzo secolo, all’indomani della sconfitta del nazismo, il confronto diretto tra le due superpotenze USA e URSS.
Per quasi mezzo secolo, dopo il 1945, il mondo ha temuto che il sistema politico internazionale a base bipolare (con puntello atomico) avrebbe potuto essere messo in discussione solo da una grande guerra generale nucleare.
Quella stessa guerra che le due superpotenze USA e URSS segretamente e quotidianamente preparavano.
Né la decolonizzazione dei grandi imperi coloniali europei di Africa e d’Asia, né la conseguente apparizione di un movimento di stati non allineati modificarono molto i termini della questione.
Il sistema politico della “guerra fredda” a livello militare si fondava su due pilastri interconnessi:
1) La previsione sul fronte principale europeo – sovietico un contradditorio sistema di minaccia e contemporaneamente dissuasione del rischio bellico, sia pure in un crescendo tecnologico e di distruttività (si pensi, ad esempio, alla vicenda degli “euromissili”);
2) La tolleranza di una serie assai ampia di conflitti limitati alla “periferia del Terzo mondo”, oltre all’implicito “lasciapassare” all’interno delle rispettive zone di influenza (Budapest e Praga per i sovietici, Panama, Grenada , Suez e quant’altro per gli americani). Unici punti dissonanti davvero la crisi dei missili a Cuba e la guerra del Vietnam, il cui esito risultò davvero foriero di uno spostamento di equilibri, limitato ma reale.
Per quasi mezzo secolo, dunque le regole e lo spazio della guerra e la sua grammatica furono queste.
I diversi scenari delineatisi nel post caduta del regime sovietico si sono sostanzialmente rivelati illusori, anche perché sul terreno il ruolo dell’Unione Europea – come è già stato ricordato – appare complessivamente marginale al punto in cui, proprio al riguardo della crisi ucraina, la Germania ha sentito di doversi richiamare all’intangibilità dei confini degli stati sovrani richiamando, in sostanza, la logica del Trattato di Westfalia, quando nel 1648 sorsero appunto gli Stati Nazionali nella forma delle monarchie assolute.
Un quadro sicuramente in movimento, al riguardo del quale appare davvero difficile formulare previsioni ma che richiama, comunque, la necessità di riflettere sul passato: non per auspicarne un ritorno ma per cercare di capire meglio presente e futuro.

Franco Astengo

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