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IL COMPITO DEI COMUNISTI: L’OPPOSIZIONE IN NOME DI UNA IDEA DI “POLITICA”

(7 Marzo 2014)

Nella ricerca della possibilità di costruire una nuova soggettività rappresentativa della storia e dell’identità dei comunisti e delle forze anticapitaliste, qui e ora in Italia assumendo anche la necessaria propensione internazionalista, è necessario – almeno sul piano teorico – definire con il massimo della precisione l’idea di “politica” che intendiamo esprimere, che ci portiamo appresso dalla nostra storia, sulla base della quale intendiamo sviluppare cultura e proporre progettualità e conflitto.
La nostra proposta, in questa fase non può che essere quella dell’opposizione complessiva alle espressioni culturali e politiche dominanti, alle quali si sono accodate anche forze e soggetti che – a parole – si esprimono ancora in termini “alternativi”, senza riuscire però a esprimere né una vocazione propositiva sul terreno dei contenuti programmatici, né un’idea di “egemonia nell’alterità” come sarebbe invece indispensabile, disegnando un diverso percorso della Storia rispetto a quello già tracciato da chi considera, infatti, proprio la Storia già finita all’interno dell’ineludibile e incontrovertibile dominio del capitalismo che reca in sé sfruttamento, sopraffazione, violenza sui singoli, guerra.
Serve un’opposizione radicale che sia insieme politica e sociale, serve – senza nessuna vocazione all’isolamento – una capacità di distinzione, un antico e sano “spirito di scissione” assolutamente indispensabile in questa fase anche per segnare il distacco da evidenti mistificazioni che, apparentemente, vengono avanti anche da una presunta sinistra come, limitandoci all’attualità e al “caso italiano”, nel frangente della Lista Tsipras.
Non è il caso di andare oltre nelle esemplificazioni, ma di attestarsi invece sul terreno teorico, proprio dell’individuazione dell’idea di “politica” che è necessario portare avanti.
Deve essere ricordato, prima di tutto, che a politica è la scienza che si occupa dell’umana coesistenza, quando questa assume l’aspetto di una consapevole identità collettiva, considerata sia dal punto di vista del Potere, sia dal punto di vista del Conflitto.
Potere e Conflitto rappresentano l’origine della forma della politica in quanto norma, rapporto di comando e di obbedienza, concreta modalità di funzionamento di un Ordine.
Le forme storiche della politica sono determinate dalle modalità con cui le categorie del conflitto, dell’ordine, del potere, della forma, della legittimità, del consenso, della produzione e dell’allocazione delle risorse, sono di volta in volta organizzate praticamente e pensate teoricamente.
Della politica, infatti, fa parte anche il modo con cui essa viene discorsivamente mediata e criticata dai suoi soggetti e dai suoi attori.
La politica è una pratica di potere che è sempre anche un’elaborazione intellettuale e valorativa.
Proprio per rispondere a questa indicazione, dell’imprescindibilità dell’elaborazione intellettuale, mi sono rivolto per scrivere questa breve nota ad alcuni autori che, forse, hanno lasciato nei secoli un segno nella costruzione della civiltà umana: Machiavelli, Spinoza, Marx. Schmitt.
Un’ultima annotazione: la modernità è stata impostata sul convergere del conflitto nell’ordine e del potere nella norma, ma occorre ricordare che il conflitto non è destinato a essere del tutto pacificato e che il potere eccede sempre la norma.
Da qui l’esigenza dell’opposizione verso l’idea dominante della pacificazione del conflitto e all’eccesso del potere sulla norma.
Sulla base di questo punto di ragionamento, molto semplice, si sono sviluppate le grandi lotte del ’900, del movimento operaio, contro il colonialismo, contro le dittature totalitarie.
Si è sviluppato, in questo modo, un pensiero antagonista che ha costruito, in diversi modi e su diversi punti di vista, capacità di conflitto e di espressione di governo della società, in molti punti del mondo. Quel pensiero antagonista che ormai da molti anni la sinistra italiana non riesce più concettualmente ad esprimere lasciando addirittura che venga soppressa l’idea stessa di rappresentatività politica alternativa.
Una storia di grandi contraddizioni che ha portato anche all’esaurimento di vicende legate all’inveramento statuale di fraintendimenti delle teorie marxiane.
Su questo punto sembrano essersi cancellate le grandi opzioni di scontro sociale determinate – appunto – dall’affermarsi di una concezione della politica come confronto tra Potere e Conflitto.
Occorre ripartire da quel punto teorico e da quello politico dell’opposizione: non ci sono stati concessi sconti, da questo punto di vista e dobbiamo prenderne atto partendo proprio dalla nostra dimensione territoriale e dall’analisi di quella che è stata la nostra storia.
Abbiamo verificato il dimostrarsi, nel corso di questi, di un eccesso di smarrimento di senso sui nodi vitali dell’analisi.
Rendersi conto di ciò fino in fondo e costruire le condizioni per ripartire: è questo il compito più urgente che una rinnovata élite di comunisti deve saper assolvere.

Franco Astengo

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