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Libertà? ... Libertà ... Libertà!

Ma quando ci libereremo dal capitale?

(2 Febbraio 2005)

La parola libertà ripetuta molte volte: questa è una delle annotazioni più ricorrenti fatte dai commentatori al discorso che il presidente Bush ha pronunciato il 20 gennaio scorso alla cerimonia ufficiale del suo insediamento per il secondo mandato. Il testo reso pubblico contiene ben 27 volte la parola freedom e 15 volte la parola liberty.

Pareva sincero. Bush ci crede, veramente, nella libertà: la sua e quella del suo entourage, di fare soldi a palate sulle spalle e sulla pelle del mondo intero. Libertà di bombardare invadere e occupare militarmente, di quando in quando, un paese a loro piacimento, senza più la vecchia e inutile dichiarazione.

Si tratta, in ogni caso, di un termine abusato, con una lunga storia alle spalle. Nel lontano passato aveva un significato veramente liberatorio, cioè si riferiva allo scioglimento dei vincoli personali (schiavitù, servaggio). Con l’avvento del capitalismo (e della conseguente “liberazione” della forza-lavoro dai vincoli personali precedenti), il termine libertà si è colorato di varie sfumature. Da una parte, si è confuso col termine “diritto” (di pensiero, di religione, ecc.); dall’altro, ha assunto valenze diverse a seconda della fase di sviluppo del capitalismo stesso.

Nella fase del colonialismo, il capitalismo britannico egemonico si faceva strada in tutto il mondo sbandierando la “libertà di scambio”: e grazie, era l’officina del mondo, pertanto le sue merci erano le più a buon mercato! Quando non bastavano gli slogan, ci pensavano le cannonate e i fucili.

Nella fase dell’imperialismo, il capitalismo egemone Usa si fece strada tra le vecchie potenze colonialiste al grido di “libertà d’impresa”. Infatti, l’esportazione di capitale finanziario prendeva il sopravvento sull’esportazione di merci, e questo nuovo tipo di export assumeva allora la forma prevalente di investimenti diretti esteri (Ide), cioè apertura di filiali di industrie Usa negli altri paesi. L'enorme sviluppo delle c.d. multinazionali nel secondo dopoguerra ne è l'applicazione più piena e dispiegata.

E nella fase attuale, di putrescenza dell’imperialismo e di prevalenza degli aspetti parassitari del capitalismo? La nuova bandiera è la “libertà del capitale”, chiamata anche neo-liberismo, cioè la prevalenza dei cosiddetti investimenti di portafoglio nell’ambito dell’esportazione di capitale finanziario, una volta acquisita e consolidata la libertà d’impresa (oggi chiamata delocalizzazione): partecipazione azionaria di capitali Usa, Ue e giapponesi in imprese estere, libere scorribande in tutte le borse del mondo. Enormi masse di capitale monetario devono potersi muovere in piena libertà, possibilmente con un click di mouse, da una borsa all’altra del pianeta, alla ricerca del miglior dividendo e del maggior profitto (capital gain) in caso di disinvestimento (senza preoccuparsi delle ricadute sociali).

E a chi non piace la parola libertà. Infatti anche noi pensiamo spesso: ma quando ci libereremo dal capitale? Quando la faremo finita con lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, con la schiavitù del lavoro salariato?

s.b.

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