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(18 Marzo 2014)
Signor Rasikh, quali sono le aspettative dei cittadini afghani per le prossime presidenziali?
In questo periodo anche noi parliamo delle elezioni, perché l’opinione pubblica si forma sulla fuorviante propaganda alimentata dai media interni e internazionali controllati dallo Stato. Il dibattito ha un unico obiettivo: far credere alla gente che il proprio voto sia importante e decisivo per il futuro del Paese. La demagogia punta a coinvolgere gli afghani nell’affaccendata campagna elettorale, come se il domani dipendesse da una scelta che possono compiere nell’urna. La verità è che nei cinque ultimi anni nessuno ha avvicinato le aspettative del popolo e da questo scaturiscono una delusione e uno scetticismo per la politica. La maggioranza dei cittadini ha perso le speranze in simili consultazioni perché si è espressa per due volte (nel 2004 e 2009, ndr) e nulla è cambiato. Le vite di tutti sono devastate. La Commissione Elettorale Indipendente ha emesso 17 milioni di schede elettorali, ma i dati ufficiali delle precedenti elezioni fermano i voti a 4.5 milioni con 1.5 di schede manipolate. Le aspettative dell’odierna tornata non saranno superiori al milione e mezzo di elettori.
Così pochi?
Non sono io a dirlo, ma diversi analisti.
E cosa ci dice dei candidati?
Gran parte ha rivestito posizioni ufficiali, molti hanno già operato. Alcuni pretendenti alla presidenza e loro deputati (Sayyaf, Abdullah, Khan, Helal, Dostum, Mohaqqeq, Balkhi, Mohammad) erano coinvolti nei crimini della guerra civile che ha insanguinato la nazione negli anni Novanta. Il nome di Sayyaf è menzionato dal rapporto di Human Rights Watch, Blood Stained Hands, come criminale di guerra. Non ci possono essere aspettative da simili soggetti.
Esistono differenze fra i fondamentalisti (Sayyaf, Sherzai) e altri come Rassoul e Ghani?
Uomini tipo Sayyaf o Abdullah sono i peggiori fondamentalisti, altri come i citati Rassoul e Ghani provano a dimostrare d’essere democratici. Però un punto è chiaro: ogni tattica perseguita è dettata dal loro tutor politico: il governo statunitense. Questi signori indossano una maschera.
I giovani e le donne possono nutrire qualche speranza da queste elezioni?
Giovani e donne sono molto preoccupati dal grafico della disoccupazione che da anni è in crescita costante, ciò rende felici talebani e fondamentalisti. Il governo sta riproponendo leggi misogene e la mancanza di sicurezza è un ulteriore ostacolo al progresso femminile. Quotidianamente si registrano notizie di violenza, domestica e non, contro le donne e rientrano nella media persino ragazze e ragazzi giovanissimi, ma nessuno viene arrestato. Perché in molti casi gli autori sono vicini a noti pescecani legati a governo, ministri, polizia o ai potentissimi signori della guerra.
Qual è il maggior problema per l’Afghanistan attuale?
E’ la presenza di truppe d’occupazione straniera sostenuta dai loro lacché (warlords dell’Alleanza del Nord o Taliban). Una presenza che prepara il terreno per la risalita al potere dei talebani, e non è un paradosso. Dopo 13 anni d’occupazione il panorama politico è pessimo, loschi e corrotti gli amministratori, ampliate le violazione dei diritti umani, alle stelle produzione e traffico di droga.
Quale potrebbe risultare l’immagine del futuro Capo di Stato: un’autorità aperta all’Occidente come Karzai prima maniera (2004-2009) o la sua seconda veste (2009-2014) di doppiogiochista che rispolvera il pashtunwali?
La maggioranza degli afghani considera le due fasi simili e prive di ostilità interetnica. Abbiamo esempi di villaggi hazara che vivono pacificamente a fianco a villaggi pashtun e tajiki. L’orchestrazione di ostilità fra gruppi etnici e persino tribali fa tornare indietro al XIX o XX secolo quando l’Impero britannico ha invaso la parte meridionale del Paese e voleva conquistarne il Nord. Gli inglesi subirono sconfitte in scontri diretti e applicarono la demoniaca politica del dividere per governare. I russi ripresero la stessa tattica e così gli americani. Oggi sono quest’ultimi a sostenere la superiorità dei pashtun dandogli un ruolo centrale nella nazione. Per questa via provano ad alimentare il focolaio etnico. Il pashtunwali è un’antica usanza basata sui valori di ospitalità e coraggio, ma è praticato anche da tajiki, uzbeki, hazara. Ripeto: i concetti di “pashtunwali e costruzione nazionale” vengono diffusi soprattutto dalla propaganda americana che vuole assegnare a questo ceppo un’immagine combattente e non assimilata ai talebani. Evidenziando oltremodo le divisioni fra le etnie gli Usa vogliono giustificare la propria occupazione.
Pensate che i Taliban diventeranno realmente un soggetto del prossimo quadro politico?
In questa fase Taliban ed Hekmatyar sono descritti come forze democratiche che lavorano per i diritti umani. In un recente annuncio il Mullah Omar ha rivolto alcuni punti del suo discorso direttamente alle donne; potrebbe essere coinvolto in un potere futuro con un volto ben ornato. Non vediamo differenze fra Sayyaf, Mohaqqeq, Abdullah e i talebani. Sono tutti ideologicamente fratelli.
Che opportunità avrà una presenza democratica alle legislative del 2015?
Noi guardiamo alle elezioni come a un pilastro della democrazia, ma non possiamo dimenticare la saggezza popolare che dice: “Non è chi vota ciò che conta, ma chi conta i voti” cosa vera soprattutto in Afghanistan. Il partito della Solidarietà ha boicottato le precedenti presidenziali poiché pensiamo che nessun presidente afghano può essere eletto senza l’approvazione della Casa Bianca. Mentre non abbiamo mai ostacolato le elezioni provinciali che non possono venir facilmente manipolate dal governo centrale e dai sostenitori internazionali, il territorio segnato è troppo ampio da controllare. Noi non vogliamo perdere quest’opportunità. Il partito ha deciso di non pubblicizzare un sostegno a uno specifico candidato provinciale, però relazionandoci a nostre rappresentative e sostenitori locali identifichiamo in ciascuna provincia qualche politico e lo sosteniamo. Tramite loro pensiamo di ottenere spazi in diverse aree del Paese.
Come sarà il vostro programma? Potrete applicarlo o rischiate la clandestinità?
Siamo un partito ufficiale e democratico, non pensiamo a un lavoro clandestino, ci auguriamo di non finirci.
Quali alleanze dovreste fare e con chi?
Per le prossime politiche non abbiamo pianificato alleanze, seppure avevamo ricevuto richieste da alcuni candidati alle presidenziali (svariate decine sono stati i nominativi esaminati dalla Commissione Elettorale, ndr) di appoggiarsi al nostro partito. Il rifiuto a queste proposte è dovuto alla valutazione che oggi nessuno può diventare presidente di questo Paese senza attuare compromessi coi lacché degli americani e degli alleati occidentali, un comportamento che abbiamo sempre condannato. La conferma ci viene dal fatto che i concorrenti alla presidenza sono stati approvati dalle principali Intelligence operanti sul nostro territorio: Cia, MI6, Isi, Vavek. In passato il nostro boicottaggio puntava ad accusare l’infame macchina elettorale finanziata da enormi somme di denaro versate dall’estero. Situazione che non è cambiata come dimostra questo recente esempio: il governo ha procurato tre veicoli blindati e 35 guardie del corpo a ciascuno dei candidati-presidente. Se si considera che ogni auto costa 100.000 dollari e i salari di sei mesi per le body-gard ammontano a 633.000 dollari, si giunge alla cifra di 4 milioni di dollari. Un’enormità. Specie da noi dove milioni di persone vivono in estrema povertà e si diffonde sempre più il triste commercio di neonati venduti dalle madri per 40 dollari per soddisfare i bisogni della famiglia. Di fronte a simili disgrazie crediamo che il denaro dovrebbe essere utilizzato in modo costruttivo per i veri interessi della nazione. Per nutrire la gente povera e finanziare infrastrutture costruendo centrali idroelettriche, dighe, autostrade, incrementando il settore agricolo con prodotti diversi dal papavero da oppio, promuovendo industrie e turismo. Ciò che accade altrove e non qui.
Hafizullah Rasikh, è responsabile del Comitato Organizzativo del Partito della Solidarietà (Hambastagi Party)
18 marzo 2014
articolo pubblicato su http://enricocampofreda.blogspot.it
Enrico Campofreda
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