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Mercenari di Berlusconi

Mercenari di Berlusconi

(28 Febbraio 2011) Enzo Apicella
Silvio Berlusconi difende la scuola cattolica contro quella pubblica che subirebbe l'influenza deleteria di ideologie che non rispettano la verità

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(La controriforma dell'istruzione pubblica)

Università, anatomia di un delitto scellerato

(19 Marzo 2014)

Università. Il rapporto Anvur 2013 certifica il disastro dei tagli Gelmini e il fallimento del «3+2». Ultimatum del ministro dell’Istruzione Stefania Giannini (Scelta Civica) al premier Renzi: «Più fondi agli atenei altrimenti il governo avrà un problema politico»

univanatomia

Manca solo il nome dell’assassino. Per­ché il rap­porto sullo stato dell’università e della ricerca nel 2013 reso noto ieri a Roma dall’Agen­zia Nazio­nale di Valu­ta­zione del sistema Uni­ver­si­ta­rio e della ricerca (Anvur) atte­sta il delitto com­piuto ai danni dell’università ita­liana. Per la prima volta dalla riforma Gel­mini sono state veri­fi­cate le con­se­guenze del taglio di 1,1 miliardi di euro all’anno agli ate­nei voluto nel 2008 da Tremonti-Berlusconi-Gelmini, insieme agli 8,4 miliardi sot­tratti alla scuola. L’Italia è l’unico paese Ocse ad avere fatto que­sta scel­le­ra­tezza, all’inizio della grande reces­sione.
Oggi, dice l’Anvur, le entrate sono infe­riori del 30% annuo rispetto a quelle degli altri paesi. In tempi di Fiscal Com­pact, è dif­fi­cile solo imma­gi­nare come repe­rire 3 miliardi di euro in più – que­sto è il fab­bi­so­gno sti­mato dall’Anvur – per far ripar­tire una mac­china al dissesto.Que­sti tagli sono il risul­tato di una deci­sione poli­tica avval­lata dall’interventismo del pre­si­dente della Repub­blica Gior­gio Napo­li­tano che sostenne la riforma Gel­mini, legit­timò i tagli, e in un mes­sag­gio ieri si è detto «pre­oc­cu­pato» per la situa­zione, con­so­lan­dosi però dei risul­tati eccel­lenti» rag­giunti dai ricer­ca­tori. Che sono pochi, e lo saranno sem­pre di più, anche se oggi sod­di­sfano i cri­teri inter­na­zio­nali della pro­dut­ti­vità scien­ti­fica. Gli stu­denti che il 14 dicem­bre 2011 si rivol­ta­rono a Roma con­tro la riforma Gel­mini e i tagli furono molto più pre­vi­denti di chi oggi si con­sola con que­sti numeri.Il rap­porto Anvur dimo­stra – dati alla mano – anche la realtà del fal­li­mento della riforma dei cicli didat­tici «Berlinguer-Zecchino», il «3+2» tar­gato centro-sinistra nel 2000. La riforma ha aumen­tato il numero dei lau­reati del 31% (212 mila) rispetto al 2000, ma il tra­guardo del 40% resta lon­tano. I lau­reati 25-34enni sono il 22,3%, men­tre calano le imma­tri­co­la­zioni (69 mila tra il 2004 e il 2013), in par­ti­co­lare tra gli over 23. Su que­sto dato ha inciso la fine dei pro­grammi «lau­reare l’esperienza» che hanno creato una bolla di neo-laureati tra i dipen­denti pub­blici (da 63 mila a 15 mila) più che la sfi­du­cia dei gio­vani. Un ele­mento mai prima di oggi con­si­de­rato quando si cele­bra il fune­rale dell’università. Cre­scono nel frat­tempo gli abban­doni e si allun­gano i tempi della lau­rea trien­nale, per otte­nere la quale ci vogliono 5 anni e 1 mese. I fuori-corso sono oltre il 40% di 1 milione e 750 mila iscritti. Una realtà che ha spinto la mini­stra Ste­fa­nia Gian­nini a defi­nire «pato­lo­gici» 700 mila stu­denti. Ci è man­cato poco che li defi­nisse «costi sociali» come l’ex mini­stro Pro­fumo.
Que­sto dato è un ulte­riore fal­li­mento del «3+2» che avrebbe dovuto abbat­tere il numero dei fuori-corso, senza successo.Nono­stante i tagli, il ridi­men­sio­na­mento del diritto allo stu­dio, il calo dei dot­to­rati da 1557 a 914, l’aumento delle tasse stu­den­te­sche, l’aumento della distanza tra ate­nei del Nord e del Sud, la crisi che secondo l’Ocse ha bru­ciato 2400 euro del red­dito delle fami­glie in 5 anni, la pre­ca­rietà degli stu­denti che vedono sem­pre meno nell’università l’occasione di un avan­za­mento sociale, il valore della lau­rea sem­bra resi­stere. L’Anvur ha ripreso i dati Alma­lau­rea e con­ferma: a 5 anni dal titolo serve a difen­dere meglio un posto (pre­ca­rio) di lavoro e la spe­ranza in un red­dito sia pure modesto.Fino ad oggi, l’università è soprav­vis­suta al fal­li­mento dei tagli e delle riforme solo gra­zie al blocco degli sti­pendi e del turn-over dei docenti ordi­nari e dei ricer­ca­tori. Ma i guai sono solo all’inizio. Tra cin­que anni, nel 2019, andranno in pen­sione il 17% degli attuali docenti uni­ver­si­tari (9 mila), senza con­tare quelli che sono fug­giti dal 2010. Per sosti­tuirli ne occor­rono 1.800 all’anno per garan­tire didat­tica e ricerca. Senza fondi aggiun­tivi, e con il blocco totale del turn-over annun­ciato da Carlo Cot­ta­relli, il destino riser­vato all’istruzione in Ita­lia è il ridi­men­sio­na­mento pre­vi­sto sin dal 2008 da Tre­monti e Gel­mini. La valu­ta­zione degli ate­nei, e l’attribuzione delle risorse scarse a quelli «eccel­lenti» (del Centro-Nord) sarà effet­tuata dall’Anvur. Se, come ha detto Gian­nini, la «valu­ta­zione è fon­da­men­tale per pren­dere deci­sioni poli­ti­che», a que­sta agen­zia oggi è stato attri­buito il grave com­pito di ride­fi­nire il ruolo eli­ta­rio, e non più pub­blico e di massa, dell’università.
Il neo-ministro dell’Istruzione Ste­fa­nia Gian­nini (Scelta Civica), pre­sente ieri alla pre­sen­ta­zione del rap­porto, ha con­fer­mato di volere affron­tare que­sta pro­fonda crisi dell’università ricor­rendo alle tra­di­zio­nali ricette della gover­nance neo-liberista: pre­miare il “merito” degli ate­nei “eccel­lenti”, sem­pli­fi­care le pro­ce­dure dei con­corsi e infine rime­diare allo scan­dalo degli “ido­nei senza borsa”, cioè que­gli stu­denti che hanno vinto una borsa di stu­dio ma che non pos­sono usu­fruire del loro diritto allo stu­dio. Si tratta di argo­menti che rispon­dono a quella razio­na­lità, ispi­rata alla pro­dut­ti­vità, all’efficienza e all’aziendalismo, che ha segnato il fal­li­mento del ven­ten­nio delle riforme dell’università. L’appello della mini­stra alle imprese ad inve­stire nell’istruzione è sem­brato più che altro un auspi­cio, visto che sin dalla riforma Ber­lin­guer tali inve­sti­menti (come la fami­ge­rata par­te­ci­pa­zione delle imprese ai Cda degli ate­nei) è rima­sto più che altro il sogno dei “rifor­ma­tori” di sini­stra e di destra. L’economia della cono­scenza è fal­lita. La crisi ini­ziata nel 2008 ha peg­gio­rato le cose.Ciò che è pas­sato ai più inos­ser­vato ieri è stato il suo impre­ve­di­bile ulti­ma­tum al pre­si­dente del Con­si­glio Renzi. Gian­nini ha affer­mato: «Gli inve­sti­menti sull’edilizia sco­la­stica vanno bene — ha detto la mini­stra dell’istruzione Ste­fa­nia Gian­nini (Scelta Civica) — ma biso­gna occu­parsi anche degli inse­gnanti e dell’università» per­chè il taglio di 1,1 miliardi di euro ai fondi per gli ate­nei «è una realtà impre­sen­ta­bile a livello inter­na­zio­nale». E poi l’avvertimento: «Il governo deve rispet­tare l’impegno della cen­tra­lità dell’istruzione — ha detto Gian­nini — se non si aumen­tano i fondi all’università il mio par­tito porrà un pro­blema poli­tico nel governo».Quando Maria Chiara Car­rozza (Pd) entrò al Miur prese una posi­zione altret­tanto decisa, ma pro­mise solo di dimet­tersi in caso di «nuovi tagli». Gian­nini alza l’asticella e, se sarà con­se­guente, potrebbe creare un pro­blema per l’esecutivo di Renzi.Di quali cifre stiamo par­lando?
L’Anvur parla di 3 miliardi di euro, all’anno. Una cifra deter­mi­nata dalla distanza tra gli inve­sti­menti ita­liani in istru­zione e ricerca e la media dei paesi Ocse: meno 0,18%. Que­sti fondi ser­vi­reb­bero a recu­pe­rare il miliardo e più tagliato da Gel­mini e a riav­viare un’istituzione cli­ni­ca­mente morta.Per Gian­nini, l’idea pro­gram­ma­tica è quella di col­le­gare «la for­ma­zione uma­ni­stica al mondo del lavoro».
Tutti appren­di­sti, dun­que. Le let­tere, le arti e i saperi dovranno ser­vire agli stu­denti ita­liani per otte­nere un con­tratto infi­ni­ta­mente pre­ca­rio. Quello del «Jobs Act». In fondo, lo ha detto ieri Renzi, «negli ultimi vent’anni le poli­ti­che sul lavoro non hanno creato pre­ca­rietà». Anche chi ha fatto l’università la pensa diversamente.

Roberto Ciccarelli, il manifesto

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