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IL GOVERNO RENZI DOPPIAMENTE ILLEGITTIMO

(30 Marzo 2014)

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Il presidente del consiglio Matteo Renzi ha presentato il provvedimento di riforma del Senato che dovrebbe essere esaminato domani in Consiglio dei Ministri, e l’ha fatto con la consueta ineffabile improntitudine, anche per replicare all’intervista rilasciata dal Presidente Grasso a Repubblica, ribadendo che la Seconda Camera sarà formata da Sindaci e Presidenti di Regione che presteranno la loro opera titolo gratuito (sic?) e chiudendo alla possibilità di permanenza di un Senato elettivo.
Ha anche negato la necessità di una riforma, in questo senso, di tipo costituzionale (quindi seguendo l’iter dell’articolo 138) e qui il rischio è quello della vera e propria mistificazione.
Naturalmente si è ben lontani dal definire alcuni passaggi di merito che pure dovrebbero essere chiari in partenza nella dislocazione delle funzioni e dei poteri nell’eventuale nuova fase successiva a quella dell’attuale bicameralismo paritario, ma si sa che alla giornata d’oggi l’importante è fare annunci promettendo svolte mirabolanti almeno sulla carta ( o meglio in TV): i risultati poi di vedrà se arriveranno o meno.
Non sono questi però i punti da sottolineare in questo momento.
Deve invece essere affermato come ci si trovi in Italia al centro di una grave crisi democratica, proprio nel momento in cui si preannunciano –appunto- riforme di rango istituzionale.
Una grave crisi democratica che deriva dal fatto che questo governo è nato con il peso di un doppio profilo di illegittimità:
1)Il governo è nato, infatti, al di fuori da qualsiasi legittimazione democratica attraverso una sorta di “patto di potere” tra oligarchie, avvalorata soltanto dal voto di un organismo di partito. Si regge, inoltre, sull’ alleanza decisiva con un gruppo politico anch’esso non legittimato da alcuna istanza democratica (Nuovo Centro Destra), i cui parlamentari sono stati “nominati” all’interno di un’altra forza politica presentatasi tra l’altro in una posizione politica completamente alternativa a quella del partito cui fa riferimento il Presidente del Consiglio;
2) Il Parlamento chiamato a votare le riforme costituzionali è ancora un Parlamento di “nominati” attraverso una legge elettorale giudicata – per le sue parti decisive – incostituzionale dalla Suprema Corte che l’ha mantenuto in carica soltanto in ragione della “continuità dello Stato”.

Naturalmente nessuno prova vergogna di questo stato di cose, tanto è vero che non è stata ancora varata una nuova legge elettorale, mentre è stato approvato in questo senso un testo in prima lettura dalla Camera dei Deputati che presenta gli stessi elementi di incostituzionalità di quella già bocciata (premio di maggioranza, liste bloccate) accentuando elementi effettivamente “liberticidi” al riguardo delle possibilità reali di corrispondere a un effettivo concetto democratico di rappresentanza politica.
Serve subito uno scatto in avanti rivolto sia a considerare la situazione come di vera e propria “svolta autoritaria” e, di conseguenza, di reclamare una mobilitazione a tutti i livelli per reclamare il ripristino del modello di struttura dello stato e delle istituzioni previsto dalla Costituzione Repubblicana.

Patrizia Turchi e Franco Astengo

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