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DEMOCRAZIA E PARTITI : IDEE DI INNOVAZIONE A SINISTRA

(3 Aprile 2014)

Europa del “deficit politico” e Italia delle “riforme costituzionali e istituzionali”: il tema della democrazia è salito all’attenzione suscitando legittime preoccupazioni in molti ambienti, in particolare nel campo dei costituzionalisti e politologi “progressisti”.
Ha affrontato il tema Barbara Spinelli, pubblicando il 2 Aprile un articolo particolarmente esteso sulle colonne di Repubblica sotto il titolo “Osare la Democrazia”.
Barbara Spinelli parte dall’affermazione di Willy Brandt che, nel 1969 in un momento particolarmente difficile per la democrazia tedesca disse “quel che vogliamo è osare più democrazia”.
Nell’articolo in questione si rileva poi un passaggio particolarmente significativo : “ Scansare gli ingombri della democrazia è una tentazione antica in Italia. Cominciò la P2, poi seguita da Berlusconi. Ma il pericolo di una bancarotta dello Stato, e i costi di una politica colpita dal discredito, hanno dato più forza a queste idee, seducendo governi tecnici ed anche il PD”.
Aggiungiamo: fino ad arrivare alle proposte del Governo Renzi e all’accordo con lo stesso Berlusconi per una legge elettorale liberticida che ha fatto gridare alla “svolta autoritaria” anche settori solitamente moderati, cauti, legati a logiche di potere.
Lo stesso Renzi, poi, appare sempre più “l’uomo solo al comando” sul modello di una pseudo-democrazia di tipo plebiscitario, di pretto stampo populistico.
Come affrontare allora questo stato di cose: nell’articolo di Spinelli si parla, in sostanza, di ritorno al “costituzionalismo” anche sul piano europeo.
Limitiamo però il campo al nostro Paese, tanto più che la cessione di sovranità dello “Stato – Nazione” verso organismi sovranazionali incontra, proprio sul piano politico e in Europa, una certa difficoltà.
Il modello alternativo a quello “plebiscitario-personalistico” che sembra andare per la maggiore non può che essere quello disegnato dalla Costituzione Repubblicana, incentrato sulla democrazia rappresentativa, il Parlamento, la divisione dei poteri, la negazione del presidenzialismo.
I caposaldi che s’intendono negare proprio in questa fase.
Dal nostro punto di vista, di chi sostiene prima di tutto la necessità di costruire una nuova soggettività politica della sinistra d’opposizione e d’alternativa anticapitalista è però necessario, sul terreno del “confronto democratico” appena individuato segnalare un elemento di grande importanza: la democrazia disegnata sulla base dei contenuti della Costituzione Repubblicana è una democrazia di “partiti”, fondati prevalentemente sul modello dell’integrazione di massa.
Non è questa la sede per ricostruire i passaggi che hanno portato alla distruzione dei partiti nel nostro Paese e del discredito accumulato dai soggetti che li hanno sostituiti fondati sul personalismo, l’aziendalismo, il populismo (scusando tutti gli “ismi” in questo caso indispensabili).
Così come si tralascia di analizzare, per evidenti ragioni di economia del discorso, la crisi verticale dei corpi intermedi di mediazione e di proposta: crisi che risalta, in particolare, nella spettacolare marginalizzazione dei sindacati così come sta avvenendo proprio in queste ore, ma altri esempi sicuramente non mancano come quelli riguardanti i cosiddetti “nuovi movimenti” la cui azione non riesce assolutamente a sollevare adeguati livelli di conflitto, pur dentro l’esasperazione sociale prodotta dalla gestione capitalistica di questo ciclo economico -.finanziario.
Riprendendo le fila del discorso si pone comunque una domanda: potrà bastare l’affermazione che, per una sinistra seriamente e concretamente alternativa, il soggetto “partito” risulta assolutamente indispensabile?
E ancora: che la necessaria “attitudine critica” non si può esprimere senza appoggiarsi a un partito?
La risposta che dobbiamo fornire a questi legittimi interrogativi deve corrispondere alla necessità di un nuovo soggetto che “oltrepassi” i diversi fallimenti che hanno contraddistinto la storia della sedicente “sinistra radicale” italiana nel corso degli ultimi anni, fino a farle smarrire completamente il senso della propria autonomia e della propria identità.
Non è sufficiente però tentare di collegarsi alla storia del movimento operaio e delle sue realtà organizzative.
Occorre riflettere su due punti:
1) Al riguardo della questione delle ideologie. E' stato grazie alle ideologie che larghe masse di umanità nel XX secolo hanno trovato identità e senso dell'agire politico. Il venir meno della tensione politica e delle forti identità costruite intorno a differenti opzioni di valore, costituisce uno degli aspetti più enigmatici del XX secolo. Infatti, se da una parte è vero che soprattutto con la fine dei regimi del cosiddetto socialismo reale", all'ideologia non sembra più riservato un rilevante significato storico - politico, è anche vero che è interamente ideologica l'affermazione che la politica abbia oggi trovato una propria verità e oggettività e che queste consistano essenzialmente nella gestione tecnica dei processi capitalistici. Questo assunto – appunto meramente ideologico – va sconfitto prima di tutto sul piano culturale
2) Servono idee di innovazione al riguardo dell’antica struttura del partito “a integrazione di massa” (che pure conserva elementi non secondari di attualità) senza cadere nella tentazione della cosiddetta “democrazia diretta” o, peggio, nella pura subalternità al movimentismo. Un Partito non può essere concepito come un piccolo nucleo cui si affida il compito di preparare e dirigere la lotta mentre le “vaste masse popolari” occupano semplicemente gli spazi sociali disponibili.
Un Partito non può risultare estraneo alla quotidianità di quell’intreccio struttura e sovrastruttura cui si è accennato ma neanche immerso nell’istituzionalizzazione della battaglia politica come potrebbe avvenire oggi per un partito a integrazione di massa di matrice socialdemocratica, strutturato sul modello dei “cerchi concentrici” secondo l’elaborazione di Maurice Duverger.
Un Partito comunista, anticapitalista, di opposizione per l’alternativa oggi può e deve essere fondato su alcuni punti di forte innovazione, al riguardo della pratica politica appartenuta alla nostra tradizione.
La proposta specifica di un rinnovamento reale nella “forma partito” dei comunisti può quindi configurarsi come proposta di un “partito consiliare”.
Un partito consiliare da intendersi non come mediazione fra le diverse realtà esistenti, ma come indicazione di un vero e proprio punto d’innovazione tra la crisi del partito inteso come tale e il compiuto scivolamento nel meccanismo perverso dell’americanizzazione della politica.
Sulla base di questa valutazione e di queste analisi vanno individuate, anche nel campo specifico dell’organizzazione, alcune coordinate interpretative della realtà, capaci di definire una prima risposta ai problemi fin qui indicati, evitando di mistificarli o di banalizzarli. La proposta di partito consiliare prevede tre discriminanti specifiche:
a) Una dialettica forte e permanente tra il partito, considerato una parzialità tendente alla sintesi e i movimenti di massa;
b) Una dialettica forte e permanente tra il Partito e lo Stato: assumendo per intero il dato del deperimento del concetto di “Stato – Nazione” e dell’emergere, non soltanto sul piano europeo, di realtà insieme transnazionali e sovranazionali;
c) Un nuovo rapporto tra specialismo e politica, tentando di realizzare una forte verticalizzazione nella capacità elaborativa delle sedi politiche;
In conclusione è necessario ricordare ancora il punto che, al riguardo del tema della “forma-partito” deve essere totalmente innovato: si tratta cioè di affrontare concretamente la realtà dell’uscita da una condizione storica dove un vertice istituzionalizzato si è alla fine sovrapposto a una massa polverizzata, confinata nella sua spontaneità, fino al punto di smarrire qualsiasi, anche minima, cognizione identitaria: com’è avvenuto, rovinosamente, nell’esperienza italiana di Rifondazione Comunista.
I ritardi di cultura politica, con i quali ci troviamo da tempo a dover fare i conti, derivano in gran parte da questo tipo di situazione perpetuatasi nel tempo.
Adesso è il momento di affrontare questo stato di cose con coraggio e capacità di riflessione politica: sicuramente servirà muoversi per gradi e per scelte approssimate alla realtà della fase ma non può essere nascosto l’obiettivo del nuovo soggetto politico, un partito, della sinistra d’alternativa in Italia, rivolgendo nello stesso tempo lo sguardo a ciò che sta accadendo in Europa: in Gran Bretagna si è svolto, ad esempio, il congresso di Lift Unity e in quella sede della parola “partito” non si è mica avuto paura.

Franco Astengo

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