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Non è l’Ucraina la posta in gioco, ma l’Europa

(26 Aprile 2014)

ucreurop

Molti giornalisti e politologi pensano che la politica USA di oggi sia la realizzazione dell’impostazione di Brzezinski. Andrea Minciaroni cita la celebre frase di Mackinder : “Chi controlla l’est Europa controlla l’Heartland, chi controlla l’Heartland comanda l’isola-mondo, chi comanda l’isola-mondo, comanda il mondo”, e aggiunge: “La crisi in Ucraina, le infiltrazioni statunitensi, il regime - change voluto da Barack Obama con la scusa delle repressioni perpetuate da Yanukovich, sono quindi un insieme di eventi che possono essere letti da questo punto di vista. Non sorprende come nel 1997 lo stesso Z.Brzezinski, nel suo libro La grande scacchiera, definì l’Ucraina: il più importante spazio dello scacchiere eurasiatico, in grado di cambiare i rapporti di forza tra gli Stati Uniti e la Russia. “Senza l’Ucraina, la Russia cessa di essere un impero eurasiatico. [...] Ma se Mosca riconquista il controllo dell’Ucraina con i suoi 52 milioni di abitanti e grandi risorse naturali, oltreché l’accesso al Mar Nero, la Russia riconquisterà automaticamente le condizioni che ne fanno un potente stato imperiale esteso tra Asia ed Europa”.” (1)
La tesi di Mackinder può essere confutata, paesi come Spagna, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti hanno raggiunto in diverse epoche l’egemonia mondiale, senza avere il controllo dell’est Europa. Ma non è questo il punto in questione: oggi la cosa più importante per gli USA non è l’occupazione dell’Ucraina, altrimenti avrebbero cercato di impedire il passaggio della Crimea alla Russia. L’effetto voluto è, invece, la frattura tra l’Europa e la Russia, e l’ingresso dell’Europa nel patto forcaiolo d’integrazione economica tra Europa e America (TTIP, Transatlantic Trade and Investiment Partnership), in cui molti paesi europei, specie quelli dell’Europa meridionale e orientale, rischiano di fare la fine del Messico. Le spinte dell’economia, basate sull’interdipendenza tra la Russia, grande produttore di petrolio e gas, e l’Europa in cerca di energia, hanno sempre preoccupato Washington. E il successo di questa manovra USA sarebbe conseguito persino nel caso estremo in cui Mosca fosse costretta ad occupare l’Ucraina, perché la paura del “militarismo russo” getterebbe gli europei nelle braccia di Obama. Non a caso, la Clinton ha paragonato Putin a Hitler. Quando ci vuole una buona parola di pace, miss Pandora Hilary non si tira mai indietro.
Altri giornalisti, completamente fuori strada, parlano di ritorno alla guerra fredda. Che senso ha agitare questo spettro, quando in paesi europei incombe la guerra civile, caldissima? La guerra fredda fu un periodo forcaiolo, ma, almeno in Europa, anche di relativa stabilità e di sviluppo (pagati a caro prezzo dai lavoratori) da entrambi i lati della “cortina di ferro”, mentre gli scontri si sviluppavano in Asia (guerra in Corea, Vietnam, Laos…). Quando c’erano ribellioni nel nostro continente, come in Ungheria e Cecoslovacchia, gli occidentali facevano un baccano terribile, dichiarazioni platoniche di solidarietà e promesse menzognere, ma si guardavano bene dall’intervenire. Ci furono momenti pericolosi, per esempio al tempo dei missili a Cuba, però le superpotenze evitarono di portare la guerra nel cuore dell’Europa. La guerra fredda è stata sostituita da guerre vere e proprie in Europa o nelle immediate vicinanze, dall’aggressione NATO alla Jugoslavia al conflitto russo georgiano, fino all’attuale crisi ucraina.
Obama è un attore formidabile, riesce a farsi credere indeciso e riluttante nei confronti delle guerre, mentre le sue manovre si distinguono da quelle di Bush per maggiore abilità e una dose incredibile di ipocrisia. Se questa sua operazione riesce, la Russia ne avrà certamente danni, ma alla lunga l’integrazione con la Cina porterà al recupero economico, anche se la rivalità tra i due colossi non tarderà a rispuntare. L’Europa, invece, giungerà all’abdicazione totale.
Chi si opporrà al nuovo scellerato patto con gli USA, il Trattato economico Transatlantico? Non certo l’Inghilterra, troppo filoamericana. La Francia, finché la Germania era un nano politico, faceva una parziale opposizione allo strapotere USA, ciò spiega il successo del gollismo, ma poi, intimoriti dall’ascesa tedesca, Sarkozy e Hollande sono corsi a rifugiarsi sotto l’ala di Washington, pronti a fare da battistrada agli USA nell’ulteriore colonizzazione dell’Africa. I lavoratori internazionalisti francesi da tempo denunciano la politica militarista e colonialista dei loro governi.
Due stati, più per la loro condizione economica che per la collocazione geografica, sarebbero portati a evitare le frattura con la Russia: Germania e Italia. L’Italia ha visto momenti di parziale ribellione agli USA, il problema era sempre il petrolio, e i protagonisti hanno fatto una brutta fine. Mattei, che pestò i piedi alle sette sorelle, Moro, violentemente attaccato di Kissinger, apparentemente per l’apertura al PCI, in realtà per la sua politica filoaraba. Il Craxi di Sigonella si rifiutò di consegnare agli uomini della Delta Force i palestinesi sequestratori della Achille Lauro. Poi la farsa di Berlusconi che, giurata amicizia eterna a Gheddafi, non esitò a tradirlo al primo aggrottar di ciglia di Obama. L’ostacolo principale a una politica autonoma dell’Italia è il servilismo della sua classe dirigente. E qui occorre un chiarimento: anche se al posto del pinocchio fiorentino venisse un novello Cavour, l’interesse storico dei lavoratori richiederebbe sempre un’inflessibile opposizione di classe. Non farsi coinvolgere nella politica borghese non significa disinteressarsene, anzi è indispensabile un’opera costante di informazione e di denuncia.
La politica tedesca è caratterizzata, invece, da miopia. La Merkel non ha colto l’oggettiva coincidenza d’interessi con l’Italia nella necessità di salvare i rapporti con la Russia, mentre ha sopravvalutato i problemi di concorrenza industriale con lo Stivale, che ha cercato d’indebolire. In altre parole, ha sacrificato la politica verso l’est ad interessi immediati, e quindi, finché non ci sarà un cambio di governo, la Germania tornerà ad essere un nano politico, un satellite USA. Quando la crisi economica colpirà in pieno pure Berlino, la Merkel farà le valigie e la Germania ricomincerà a dare fastidio a Washington.
La politica di Obama non porta alla guerra fredda, cioè a una pace infame in Europa e guerre in Asia, ma alla guerra civile in Ucraina e domani forse in Transnistria. Senza uno scontro diretto tra potenze, ma con partecipazione di “volontari” e mercenari. I paragoni storici possono essere svianti, ma non si esagera se si coglie nella situazione attuale una pericolosità paragonabile a quella degli anni 30, perché le grandi guerre possono nascere da scontri locali. Pochi europei, tra i quali Trotsky, diedero la giusta valutazione dell’invasione della Cina da parte giapponese, eppure la guerra toccava centinaia di milioni di persone. Oggi una situazione bellica irrisolta riguarda come allora zone immense, non solo Afghanistan, Siria, Iraq, Libia, Mali, ma anche Somalia, Yemen, Pakistan, Sudan, per non parlare della crisi permanente del Congo e dei gravissimi fatti di Nigeria, della repressione in Egitto e nella monarchie del Golfo. Pensare che in questo quadro l’Europa possa rivivere un sia pur travagliato periodo di pace all’ombra della atomiche, un’altra guerra fredda, è segno di miopia.
A differenza dagli anni ’30, l’America non è più una fortezza irraggiungibile. Allora poteva essere colpita in basi lontane dal suo centro, come Pearl Harbour, oggi, non ci sono solo i missili intercontinentali, c’è anche la guerra elettronica.
“Se scoppiasse una guerra cibernetica oggi, gli Stati Uniti perderebbero. Siamo semplicemente un paese molto dipendente e vulnerabile", disse il Capo del Servizio di Spionaggio USA Mike McConnell nel 2010.”
“Il segretario alla difesa statunitense Leon Panetta mise l'allerta per un possibile cyber-attack tipo Pearl-Harbour nel 2012: "Potrebbero bloccare la rete elettrica di vaste zone del paese. Potrebbero far deragliare treni passeggeri o, ancor più pericolosamente, far deragliare treni passeggeri carichi di sostanze chimiche letali o potrebbero contaminare la fornitura di acqua nelle grandi città ".
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Gli apprendisti stregoni che guidano gli Stati Uniti continuano con ipotesi ed esperimenti, ma è certo che prima o poi perderanno il controllo del gioco, che potrebbe, una volta tanto, rivolgersi contro di loro.

Note
1) Andrea Minciaroni, “ Zbigniew Brzezinski e gli Stati Uniti: la “necessaria” crisi in Ucraina”,
L' intellettuale dissidente, Ars Disputandi, 2 aprile 2014
2) Ambrose Evans Pritchard, “LA RESA DEI CONTI CON LA RUSSIA FARA' MALE A TUTTI”, fonte Telegraph, Come donchisciotte, 17-4 -2014

Michele Basso

Fonte

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