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Populismo: la nuova frontiera italiana sul modello sud-americano

Se scompaiono nel panorama italiano le categorie politiche di “destra” e “sinistra” possiamo ipotizzare una nuova

(29 Aprile 2014)

Partiamo da qui, da una definizione di “populismo”
«Nati spesso dal nulla come movimenti di protesta, privi di strutture, di quadri e di organizzazione, mossi da un imprenditore politico, i partiti populisti – ma non solo – si identificano innanzi tutto con il loro leader. E nonostante la loro estrema varietà, tutti i populismi hanno almeno un elemento in comune: l’importanza della leadership, al punto che molti di questi movimenti mantengono la loro unità e sopravvivono solo finché perdura il carisma del fondatore.
[…] Il populismo non si riferisce al capo solo come incarnazione dell’autorità: il leader è anche colui che esprime attraverso la sua persona i valori di cui il “popolo” è portatore. Grazie al suo carisma è in grado di mobilitare le energie al servizio del popolo e della nazione.» Yves MENY e Yves SUREL “Populismo e Democrazia”, Il Mulino (Bologna, 2001)

Se la destra italiana rappresentata negli ultimi vent’anni da Silvio Berlusconi sta lentamente affondando, causando la fuga di esponenti “storici”, restano in campo, sul piano della realizzazione elettorale (resa più semplice dall’enorme astensionismo che sta procedendo con un trend positivo) il Movimento 5 Stelle e l’attuale PD rappresentato da Renzi.

Un PD ormai spogliato della sua connotazione partitica classica non solo sul piano fattuale ma anche sul quello teorico (parlammo alcuni mesi fa di “partito frattale”, evidentemente una fase intermedia secondo questa analisi), che con l’avvento di Renzi si colloca anch’esso nel solco delle formazioni politiche di stampo populista.

La domanda suggestiva che sorge è se per la prima volta in Italia ma anche in Europa (rivelandoci ancora una volta anticipatori come lo fummo nel secolo breve quando si affacciò il fascismo ben in anticipo su nazismo e franchismo) stiamo assistendo ad una trasformazione delle categorie politiche storiche che hanno saldamente connotato secoli di politica.

Ora: è pur vero che le modalità e le caratteristiche del partito berlusconiano, a prescindere dalle trasformazioni avvenute (FI-PdL-FI) che però reputiamo di “aggiustamento tattico, con sfumature strategiche”, sia e fosse collocabile nell’alveo populista, ma -come contraltare- ha sempre trovato dinanzi a se’ una formazione, nello specifico il PD che -per quanto soggetto e oggetto e rappresentante della trasformazione (in negativo) dei partiti politici italiani- era pur sempre una organizzazione che non aveva mai varcato completamente il versante dell’avversario, anche e nonostante il “berlusconismo” mascherato da “anti-berlusconismo”.

Con l’arrivo del sindaco di Firenze il guado è compiuto.

Ora: presupponendo che le elezioni europee premino le due formazioni emergenti e (apparentemente) col vento in poppa, e cioè M5Stelle e PD, e ipotizzando una catalizzazione verso queste due formazioni nel periodo che ci separa dalle prossime elezioni politiche, il 2018, potremmo vedere il fronteggiamento tra due agenti politici entrambi di stampo populista, cancellando -appunto- la “classica” distinzione alla quale siamo stati abituati: destra e sinistra (definizioni qui richiamate nella loro espressione derivante dall’alone semantico che evocano, a torto o a ragione).

Ed è nella parola “entrambi” che si colloca la novità citata più sopra: se in UK abbiamo -mutatis mutandis- il Grillo britannico , Nigel Farage, se in Francia spopola il FN di Marine Le Pen, così come altre formazioni in altrettanti Paesi, è pur vero che sul piano del peso politico e su quello appunto del fronteggiamento vero e reale, queste formazioni politiche sinora non si sono mai trovate dirimpetto un avversario che occupa lo stesso terreno.

Allora: siamo di fronte ad una sudamericanizzazione del panorama politico?

E’ solo una suggestione appena abbozzata, ma che crediamo possa essere interessante.

Patrizia Turchi

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