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Le Cooperative tra sogno e realtà

Volantino distribuito durante la convocazione dell'assemblea sindacale per i lavoratori/trici delle Imprese sociali per L'Emergenza sociale a Roma

(11 Febbraio 2005)

Quando si parla di privato sociale, molti pensano ancora alle brave iniziative di solidarietà umana e sociale promosse "dal basso"; ma noi che lavoriamo nelle cooperative sociali a titolo di soci o collaboratori conosciamo un panorama molto diverso da quello sbandierato in conferenze pubbliche o nella letteratura sull'argomento.
A questo proposito, nella città di Roma sono accaduti avvenimenti che sicuramente avrebbero meritato molta più attenzione dalla stampa locale e dai mezzi d'informazione.
Ci riferiamo ai recenti licenziamenti mirati contro lavoratori scomodi (coop. Il Cigno e Casa dei diritti sociali), ai clamorosi ritardi nei pagamenti degli stipendi per deficit economici che sbucano all'improvviso (Coop. Obiettivo 2000 e Conforto), al perdurare di contratti atipici nel corso degli anni in lavori caratterizzati dalla continuità temporale (es. Capodarco).
Questo solo per ricordare quelle realtà che hanno visto i lavoratori organizzati compiere delle lotte per portare alla luce quella che potremmo intravedere come la punta di un iceberg di enormi dimensioni che i rappresentanti politici e sindacali confederali preferirebbero ignorare.

La questione di fondo è, da un lato quella di sottolineare come la dicitura no-profit può fornire una copertura a profitti ottenuti con strategie perverse (creare dei canali per tradurre investimenti societari in utilizzazioni personali o ristrette al gruppo dirigente), dall'altro il problema non è solo quello di smascherare la "banda bassotti" con i suoi compiacenti e affiliati ma di fare un'analisi dei rapporti che si instaurano tra potere politico, dirigenti di cooperativa e semplici operatori.
Chi rappresenta il potere politico è anche il committente dei servizi, per cui è probabile che il dirigente di cooperativa, attento ad aggiudicarsi la gestione, accetterà qualsiasi proposta senza fare esercizio critico.
Gli operatori, senza nessun potere decisionale, aspirano a mantenere il proprio posto di lavoro e lo fanno rinunciando a essere parte attiva nelle decisioni collettive.
Il circolo si chiude qui.
L'operatore svolge la sua mansione in attesa di incarichi di maggior prestigio o, quasi sempre, nella speranza di cambiare lavoro; il presidente di cooperativa e i componenti del consiglio di amministrazione cercano di mantenere la loro carica privilegiata (stipendi dalle 4 a 6 volte superiore a quelli degli operatori); l'assessorato può fare i suoi progetti imposti dall'alto spacciandoli come democratici perché pianificati concordemente con le centrali cooperative.

È evidente che tutte le belle parole sul no-profit restano un vano esercizio di oratoria ("Le cooperative sociali nascono per soddisfare un bisogno collettivo, ovvero il perseguimento di un interesse generale della collettività, quali la promozione umana, la prevenzione dell'emarginazione, ecc.") che nasconde una falsa coscienza.

Il servizio di emergenza sociale è esemplificativo di questa pratica perversa.
All'interno del servizio S.O.S. le funzioni classiche dell'Associazionismo e del Terzo Settore (di critica sociale, di denuncia, di proporre nuove strategie d'intervento, di essere rete informale) sono scomparsi.
Al loro posto compare un servilismo strisciante, ed una corsa all'omologazione alle decisioni prese dall'alto, secondo gli accordi stipulati tra dirigenza delle Cooperative e Comune di Roma.
Gli spazi dedicati ad incontri di discussione tra operatori delle varie unità mobili non sono previsti e di fatto spesso tra operatori non ci si conosce.
Figuriamoci se in questa situazione può nascere una solidarietà sindacale tra lavoratori per i colleghi che sono costretti a condizioni di sfruttamento e senza diritti! La qualità del lavoro non può essere disgiunta dal rispetto della dignità del lavoratore, sono percorsi paralleli e i committenti pubblici devo tenerne conto altrimenti l'insoddisfazione dell'utenza dei servizi sociali rischia di rimanere elevata.
Se si vuol continuare a finanziare cooperative è bene richiedere maggiore trasparenza nei bilanci (finora oscuri ed indecifrabili) e incaricare organismi non collusi ad effettuare controlli dettagliati, altrimenti è meglio delegare ad aziende municipalizzate come si è fatto per altri servizi.

Roma 10/02/05

Coordinamento cittadino operatrici/ori sociali

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