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Su una foglia portata dai venti

Su una foglia portata dai venti

(29 Giugno 2010) Enzo Apicella
Si è concluso il G20 in Canada, senza nessuna decisione rilevante

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Ucraina, solo i lavoratori possono scongiurare la guerra

(16 Maggio 2014)

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Il massacro della Casa dei sindacati di Odessa dove oltre quaranta militanti “filo-russi” sono stati arsi vivi e lasciati morire dalle milizie “filo-ukraine” è il tragico esempio di ciò a cui porta una guerra ormai guerreggiata in nome di un’idea di identità nazionale che già altrove (vedi la ex Iugoslavia) ha prodotto solo odio, lutti, distruzioni e povertà ulteriore. E’ il più recente e tragico episodio di una lunga serie di eccidi perpetrati dalle due parti fin dall’inizio del conflitto.

Al di là della necessaria, ferma condanna di quell’ignobile e criminale eccidio e dei numerosi altri perpetrati ogni giorno nella repubblica ex sovietica, è impossibile individuare uno schieramento da sostenere, di cui auspicare la vittoria. Entrambi i fronti sono egemonizzati da forze della destra estrema, dai gruppi nazifascisti ucraini, ammiratori di Stepan Bandera, il più noto capo delle SS ucraine filo-hitleriane, e dai sostenitori dell’idea della “grande madre Russia”, non meno intrisi di idee reazionarie. Violenza estrema e massacri sono funzionali ai disegni dei nazifascisti di ogni genere, in quanto esasperano gli animi e spingono gli incerti a gettarsi nella mischia, rendono legittimi ulteriore violenza e ulteriori massacri.

E trasformano uno scontro che poteva essere sociale e politico in una contrapposizione etnica, culturale, nazionalista e sciovinista centrata sull’assurda questione della legittimità storica dello stato ucraino e dei suoi confini.

L’estrema e diffusa povertà e la bruciante diseguaglianza sociale non vengono affrontate di petto, individuando gli avversari sociali presenti a Kiev come nei governi regionali “filo-russi”, ma solo sfruttate per alimentare due idee, contrapposte ma parimenti illusorie: dal lato “ucraino” l’illusione che l’avvicinamento o addirittura l’adesione all’Unione europea possa mitigare o perfino sanare le piaghe sociali, dall’altro lato, nell’oriente “filo-russo”, quella secondo cui il ritorno nel seno della Grande Russia possa ricreare la situazione di relativa tranquillità sociale (pur senza democrazia) che esisteva al tempo dell’URSS.

E proprio in forza di queste illusioni, su questo insensato conflitto hanno agito e agiscono sempre più pesantemente anche forze esterne, la UE, appunto, e la NATO da una parte e la Russia di Putin dall’altro, interessate entrambe a sfruttare il conflitto a fini geopolitici.

Le forze della sinistra radicale ucraina, sparute, divise, isolate, distrutte da decenni di dominazione totalitaria in nome del “comunismo”, di fronte all’esplodere del conflitto hanno cercato di impegnarsi per cercare di torcerlo in direzione della lotta per la democrazia e per la giustizia sociale. Ma si sono impegnate, nella loro grande maggioranza come rincalzo di sinistra dei due schieramenti sciovinisti, la cui direzione è saldamente in mano a forze dichiaratamente di destra o fasciste, da un lato insediate al governo di Kiev, dall’altra nei governi prorussi della parte orientale del paese. E molto, troppo spesso, come ad Odessa il 2 maggio, i militanti di sinistra fungono da carne da cannone per lo scontro interetnico.

In una situazione come questa ci appare perciò proprio sbagliata l’impostazione della manifestazione del 17 maggio a Roma, indetta in coda al corteo per la difesa dei beni comuni, da uno schieramento decisamente collocato al fianco del fronte filo-russo.

La ripulsa dei ogni forma di intervento UE e NATO in Ucraina, a sostegno del governo di Kiev, ripulsa che noi condividiamo naturalmente in pieno, non può giustificare il sostegno al fronte opposto, illegittimamente definito “antifascista”. Ancora una volta la sinistra, orfana dei sogni del XX secolo, cerca di sostituirli con i surrogati offerti dai mostruosi eredi del defunto “campo antimperialista” e “dintorni”, da Milosevic a Putin, passando per Assad e Yanukovich.

In realtà in questo modo la sinistra italiana non aiuterà affatto i lavoratori e i democratici ucraini a trovare vie di uscita. Attizzare lo scontro interetnico, per di più deformando la natura politica dei soggetti che dirigono i due fronti, non può essere in alcun modo il nostro atteggiamento. L’unica vera via d’uscita, come in generale, in ogni area di questo mondo del XXI secolo, non conosce scorciatoie e non può che basarsi sull’azione di massa, collettiva e consapevole delle masse lavoratrici, a partire, in Ucraina occidentale e orientale, da quei timidi ma coraggiosi episodi di mobilitazione operaia autonoma e di classe dei lavoratori.

Noi siamo contro il governo di Kiev e contro gli oligarchi orientali filo-Putin, contro ogni intervento politico e militare degli imperialisti della UE, della NATO, contro le pressioni neoimperialiste di Mosca, contro le formazioni di destra dei due schieramenti, contro ogni nazionalismo e ogni fuga etnica e identitaria. E siamo con i lavoratori e le lavoratrici che nella città industriale di Kryvyii Rig, nella città di Krasnodon, con i minatori di Krivoy Rog, scesi in piazza in questi mesi contro le violenze, per migliori salari, per la giustizia sociale, contro gli oligarchi dell’una e dell’altra parte.

Per noi è solo la mobilitazione solidale dei lavoratori che può impedire la guerra.

Fabrizio Burattini - anticapitalista.org

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