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IL PANE E LE ROSE - classe capitale e partito
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(19 Maggio 2014)
Il Paese è allo sbando sotto le pressione degli attacchi in Cirenaica scatenati in apparenza contro gli islamisti dall’ex generale Khalifa Haftar, che potrebbe avere trovato nuovi alleati nelle milizie di Zintan.
di Michele Giorgio
Rimane confusa la situazione in Libia. Dalla Cirenaica, dove a Bengasi almeno 80 persone tra venerdì e sabato sono morte sotto i bombardamenti aerei ordinati dal generale in pensione Khalifa Haftar contro non meglio identificati “gruppi terroristi”, i combattimenti ieri si sono spostati a Tripoli. Attaccato il Parlamento che si preparava a dare la fiducia al nuovo premier Ahmed Miitig, nominato proprio per porre fine al caos e che potrebbe essere il vero bersaglio della rivolta di Khalkifa Haftar. Miiting è ritenuto molto vicino ai gruppi islamisti più radicali, presi di mira dall’ex generale.
Ad attaccare il Parlamento e altri punti della capitale sarebbero però stati i combattenti di Zintan, quelli delle brigate che tengono prigioniero Saif al Islam, il figlio del colonello ucciso nel 2011 Muammar Gheddafi, e che come Haftar, almeno in apparenza, si oppongono agli islamisti che oggi dominano la politica libica. Quelli di Zintan a febbraio avevano inviato un ultimatum al Cng, la più alta autorità del Paese, perché rinunciasse al potere, ma non avevano dato seguito alla minaccia di attaccare in massa Tripoli dopol’annuncio di un compromesso da parte del governo. Le brigate di Zintan hanno mantenuto intatto il loro potere e non intendono consegnare Saif al Islam alle autorità centrali. Al processo che lo vede imputato a Tripoli insieme ad altri ex fedelissimi del padre, Said al Islam Gheddafi compare in video proprio da Zintan.
Il Paese è allo sbando. L’esercito condanna ma resta nelle caserme e sono insistenti le voci di un passaggio in Cirenaica di numerosi alti ufficiali e soldati dalla parte di Khalifa Haftar al quale sono stati messi a disposizione aerei, elicotteri e armi pesanti.
L’ex generale, 71 anni, partecipò alla presa del potere del 1969 da parte di Muammar Gheddafi. Durante la successiva guerra fra Libia e Ciad, Haftar fu fatto prigioniero e sconfessato da Gheddafi. Finito in prigione viene liberato dagli Stati Uniti che gli concedono asilo politico. Accusato per anni di essere un agente della Cia, rientra ugualmente a Bengasi da “eroe” nel marzo 2011 e viene nominato capo delle forze di terra dal Consiglio nazionale di transizione, braccio politico della ribellione contro Gheddafi. Una feroce rivalità lo ha opposto al generale Abdel Fatah Younes, comandante in capo della ribellione misteriosamente assassinato nel 2011. Haftar critica sistematicamente le autorità centrali che accusa di aver marginalizzato gli ex ufficiali di Gheddafi che nel 2011 si erano uniti alla ribellione. Lo scorso febbraio Haftar ha diffuso un video nel quale annuncia una “iniziativa” contro il governo, giudicata da molti il “manifesto” di un colpo di Stato.
Non pochi sospettano che dietro la proclamata intenzione di combattere gli islamisti che dettano legge a Bengasi, a cominciare dai qaedisti di Ansar al Sharia, si nasconda il proposito di Haftar di prendere il potere in Libia o almeno di andare alla secessione della Cirenaica.
Secondo il ministro della giustizia Salah Al-Marghani invece gli scontri di Tripoli, che hanno fatto almeno due morti e 55 feriti nelle ultime ore, non avrebbero alcun collegamento con l’offensiva lanciata dal generale Haftar nell’est della Libia. Nena News
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