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Che Guevara

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(10 Ottobre 2008) Enzo Apicella
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Garantire l’opposizione comunista

(21 Febbraio 2005)

“Il governo di centrodestra avrebbe potuto per tempo incardinare un piano di dismissioni di Enel, Finmeccanica, Fincantieri, Alitalia. Privatizzazioni che farebbero bene alle aziende e ai conti del Paese”. Queste parole non escono dalla bocca di qualche berlusconiano, ma sono state pronunciate da Illy, esponente di spicco del centrosinistra e presidente della giunta del Friuli (sostenuta purtroppo anche dal Prc). Ordinaria amministrazione: Burlando –candidato della Gad in Liguria– ha già confezionato, per la sua regione, un progetto di vendita ai privati del settore civile di Finmeccanica.

Pare strano dover dimostrare ciò che ha i tratti di una scontata evidenza: basta sfogliare le pagine dei quotidiani per rendersi conto che non esiste compatibilità di programma possibile tra le forze liberali dell’Ulivo (maggioranza Ds e Margherita) e un partito che voglia rappresentare le istanze dei tanti giovani -operai, studenti, immigrati- protagonisti delle mobilitazioni di questi anni. C'è un solco di classe in mezzo. Gli esponenti di Confindustria lo sanno bene e non è un caso se la ricetta che Montezemolo propone “per uscire dalla crisi” coincide perfettamente con le dichiarazioni d’intenti dei vari Prodi, Fassino e Rutelli: innovazione del mercato, liberalizzazioni, competitività. Lo scenario che il Prc contribuirebbe a creare sostenendo un futuro governo Prodi è fatto di concertazione e pace sociale, col pericolo di ridurre al silenzio e all’impotenza le istanze operaie e di movimento che hanno segnato le lotte della nuova generazione scesa in campo per “un altro mondo possibile”.

Anche per questo il VI congresso del Prc è un momento dirimente: per le sorti del nostro partito, che rischia di diventare un tassello del progetto padronale di ristrutturazione del capitalismo italiano; ma anche per i movimenti e le lotte operaie di questi anni, che farebbero un balzo indietro, stretti nella morsa del compromesso di classe e privati di un referente politico per l’alternativa anticapitalistica.

Da questo punto di vista, poco cambia proporre l’entrata con tanto di ministri (1° documento) o l’appoggio esterno ad un governo Prodi come nel ’96 (2° e 4° doc, con sfumature diverse): entrambe le opzioni non possono che tradursi, di fatto, nell’avallo di politiche antioperaie, di nuove leggi precarizzanti, di altre guerre "umanitarie".

E' illusorio credere che si possa condizionare un governo direttamente volto ad assecondare gli interessi del grande capitale italiano:finanche le briciole verranno negate in questa fase storica che non consente margini di riformismo. Non solo: la domanda di cambiamento -espressa anche nei voti a Nichi Vendola in Puglia- verrebbe tradita per un nuovo compromesso con la borghesia.

Il 3° documento rappresenta la sinistra del partito che fin da subito ha chiesto sia lo scioglimento delle commissioni di lavoro con Treu e Mastella, sia l’indizione di un congresso straordinario per interrompere mesi or sono il devastante percorso intrapreso, sia, quantomeno, la sospensione della nostra partecipazione alla Gad fino alla fine di questo congresso. Nessuna delle aree che oggi si definiscono “critiche” e che sono uscite dalla maggioranza alla vigilia del congresso (mi riferisco ancora una volta alle mozioni 2 e 4) ha appoggiato queste richieste. E' la riprova del fatto che l’unica mozione realmente alternativa alla maggioranza è quella di Progetto Comunista: la sola che chiede che il partito si impegni a garantire un’opposizione comunista al governo Prodi-Montezemolo. E' costruendo un polo di classe anticapitalista -al di fuori dei giochi del bipolarismo- che si inverte la rotta del compromesso di classe (non certo auspicando, come fa il 5° documento, un “governo delle sinistre” con D’Alema e Fassino). E’ quello che c’insegnano i compagni operai della Fiat di Melfi e della Fincantieri di Genova -punte avanzate dello scontro di classe- che, nei circoli di fabbrica, hanno votato a larghissima maggioranza la mozione 3.

Fabiana Stefanoni
(Coordinamento nazionale Giovani Comunisti)

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