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Indignados

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(16 Ottobre 2011) Enzo Apicella
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Perché la sinistra critica non mi convince

(21 Febbraio 2005)

La scelta che siamo chiamati a esprimere in questo congresso dev’essere netta: sostegno od opposizione a un eventuale Prodi-bis. Non per un’astratta rigidità “ideologica”, ma perché non esiste – a mio avviso – uno spazio politico intermedio. E’ fuori della realtà rilanciare - come fa la Sinistra Critica - un accordo politico-elettorale col centrosinistra, legato alla cancellazione delle controriforme di Berlusconi e al ritiro immediato delle truppe dall’Iraq, quando Amato, Fassino, Rutelli, D’Alema, lo stesso Prodi ci hanno già detto che possiamo scordarcelo. Così come affermare che non bisogna entrare nella maggioranza di governo senza contestualmente candidarci all’opposizione. Non si bloccano le già annunciate ricette neoliberiste di Prodi senza denunciarne l’impianto politico complessivo e il loro marchio di classe e non si può certo esprimere questa denuncia dicendo che “valuteremo di volta in volta”. Del resto cosa ci aspettiamo da Treu? Contratti di lavoro migliori?

Per questo proponiamo un mero accordo tecnico con forze della sinistra politica e sociale, che preservi le nostre ragioni. Se Prodi vincerà grazie a quell’accordo seguirà le istanze di Fazio e Montezemolo e non certo quelle di Melfi, Scanzano, Genova 2001. Proprio per questo dobbiamo candidarci da subito all’opposizione e alla creazione di un polo anticapitalista. Ci si obietta che per la nostra gente sarà difficile capire: facciamo vincere Prodi e il giorno dopo gli votiamo contro! Non lo nego. Sarà difficile, ma il problema non si risolve spostandolo in avanti nel tempo, votandogli contro dopo un mese o due, alla prima ondata di privatizzazioni o alla prima finanziaria. Oppure si pensa di votare a favore di queste, ancora una volta, entrando nella logica perversa per cui “per rompere bisogna aspettare il momento giusto”? Ci ricordiamo i “100 giorni” del ’96? Bene: in quel governo in realtà ci siamo rimasti due anni e abbiamo votato l’invotabile!

Ci si obietta che col potenziale 13% della sinistra alternativa (e coi movimenti) saremo determinanti per Prodi e quindi in grado di condizionarlo. Abbiamo introiettato a tal punto il bipolarismo da non renderci più conto che quell’ipotetico 13% si confronterebbe non solo col resto della Gad ma con un complessivo (e incondizionabile!) 87% dei partiti che esprimono organicamente gli interessi della borghesia italiana. In altri termini: che la nostra forza non si misura nel nostro peso istituzionale (perché lì abbiamo perso in partenza!), ma in quello che siamo in grado di esprimere investendo i movimenti nella lotta e non coinvolgendoli in una trattativa sul programma liberale di Prodi. Non bisognerebbe più ricordarlo in un partito che dal V congresso parla di spostamento del baricentro dalle istituzioni al movimento. Del resto, 11 milioni di voti per l’estensione dell’articolo 18 hanno impedito alla Gad di derubricare la questione dal proprio programma?

Infine, è necessario avanzare al Partito una proposta utile per il Partito stesso e – soprattutto - per i nostri settori sociali di riferimento. Questo congresso – mi sembra ormai evidente - verrà vinto da Fausto Bertinotti, il quale ci ha già annunciato che andrà avanti (anche col 51%) lungo la strada dell’accordo di governo. Bene, all’affermarsi di una posizione moderata non si risponde costruendo una pressione sul segretario nazionale per “spostare a sinistra la linea politica del Partito”, ma chiedendo agli iscritti di pronunciarsi senza se e senza ma per un “capovolgimento a sinistra” di quella linea. Altrimenti questa rischia non solo di affermarsi oggi ma di consolidarsi e diventare irreversibile domani. L’obiettivo minimo in questo congresso è impedirlo, per garantire un’opposizione comunista a tutte – dico tutte - le politiche che colpiscono gli interessi dei lavoratori. Non credo lo si possa fare contrapponendo all’ultranovecentesca e infausta teoria del partito di lotta e di governo di Bertinotti una teoria nuova, forse, ma – mi sembra – impraticabile oltre che sbagliata: quella del partito “né di lotta né di governo”.

Marco Veruggio

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