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Moody's vivendi

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(18 Maggio 2010) Enzo Apicella
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"Partito Ikea” contro lavoratori in lotta.

(3 Giugno 2014)

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Discriminazione sindacale e licenziamenti politici. Questo il reale contenuto della lotta in corso al Deposito Centrale Ikea nel tentativo di muovere un affondo in grande stile a quella forza sindacale, il SI.COBAS, che in questi anni, a Piacenza come nel resto del paese, ha messo a nudo il vergognoso sistema di rapina, truffa ed evasione fiscale che permea la cosiddetta “cooperazione” ed il mondo degli appalti, soprattutto nel settore della logistica.

Su questa battaglia si è mosso il “partito IKEA”, che riunisce in un blocco sociale monolitico istituzioni, forze politiche di governo ed “opposizione” e sindacati confederali che puntualmente si esprimono e muovono iniziative tese a criminalizzare la lotta e la resistenza dei lavoratori nostri associati.

Un’iniziativa premeditata che ha utilizzato pretestuosamente e alla perfezione la decisione di un medico del lavoro che ha rifiutato le urine in provetta di un lavoratore in quanto “non abbastanza calde”, mettendone in discussione la provenienza e decidendo, conseguentemente, di non destinarlo all’utilizzo del carrello per motivi di sicurezza. Casualmente, tra i tanti lavoratori presenti nel sito, questo lavoratore è uno dei delegati sindacali più in vista nel Deposito e lo scrupoloso controllo delle urine fatto la settimana successiva è risultato negativo.

Questa “decisione medica”, ovviamente casuale, segue una lunga e costante attività antisindacale che recentemente ha portato la San Martino ad investire qualche decina di migliaia di euro, attraverso mirate conciliazioni in DTL, per favorire il ritorno al loro paese di due precedenti delegati pensando bene che quell’investimento le avrebbe permesso di avere un maggiore spazio di manovra ridimensionando l’agibilità sindacale del SI.COBAS.

La contestazione spontanea che si è espressa lo scorso 14 aprile nel reparto del Deposito 2 IKEA ha coinvolto circa 150 lavoratori e non 33 e probabilmente ha fatto capire che quell’investimento, cercato con tanta premura dalla San Martino, in fondo non era stato un buon affare.

33 sono i lavoratori che la San Martino ha sospeso a distanza di 20 giorni dall’evento per aver "prodotto gravi situazioni di pericolo, minacciando la sicurezza di tutti gli operatori". Una tempestività veramente esagerata a fronte di “gravi situazioni di pericolo” ed una oculatezza chirurgica visto che, sempre casualmente, questi 33 lavoratori corrispondono all’intera struttura dei delegati SI.COBAS e ai lavoratori sindacalmente più attivi nel Deposito. I successivi 24 licenziamenti, comminati con la formula dell’esclusione da socio dalla cooperativa, hanno per il sindacato un significato squisitamente politico e la “vertenza” in corso non si ridurrà mai ad una contestazione del provvedimento attraverso una semplice “vertenza individuale”, così come “garantisticamente” espresso dall’Ikea nel suo comunicato.

Ikea vuole far assurgere a verità delle falsità incontrovertibili. Il “partito IKEA” continua a ripetere che “nessuna evidenza di irregolarità è mai emersa nei contratti dei soci lavoratori della San Martino”, che nel Deposito vige “la piena applicazione di quanto previsto dal Contratto Nazionale e dalle norme in materia di lavoro e rispetto dei diritti sindacali”.

Invitiamo IKEA a rivedere il suo “processo di selezione che ha coinvolto anche consulenti esterni e professionisti del settore della logistica”. Lo standard IWAY, il codice di condotta che IKEA applica a tutti i propri fornitori, è probabilmente insufficiente.

Ricordiamo ad Ikea che quando iniziò la vertenza nel suo Deposito il suo codice era già operativo e la cooperativa San Martino adottava un contratto non conforme all’attività lavorativa svolta ed economicamente penalizzante per i suoi “amati” soci attraverso l’applicazione del CCNL Mutiservizi con un indiscutibile dumping contrattuale. Solo a seguito della lotta la San Martino è stata costretta ad applicare il CCNL Trasporto Merci e Logistica.

Ricordiamo ad Ikea che all’indomani dell’ultima gara d’appalto e del suo processo di selezione abbiamo imposto alla San Martino di riconoscere l’anzianità di servizio a molti dei suoi precedenti soci ai quali non era stata mai conferita e di riconoscere le ore di straordinario in quanto tali, visto che continuavano a pagarle in busta come ordinarie per la loro maggioranza.

Ricordiamo ad IKEA che è male informata dai suoi consulenti quando afferma nel suo comunicato che “nell’ambito delle cooperative, per i soci lavoratori, non è previsto il diritto alla retribuzione in assenza di lavoro”. Nella nota del 14 febbraio 2012, rispondendo ad un quesito formulato dalla Direzione Territoriale del Lavoro di Piacenza, il Ministero ha evidenziato che i principi civilistici in materia di obbligazioni contrattuali stabiliscono che, indipendentemente dalla natura del soggetto datoriale, la predisposizione di una riduzione di orario di lavoro, al di sotto della soglia minima contrattuale, necessita della stipula di un accordo in sede sindacale o situazioni di reale crisi aziendale deliberate dall’assemblea e comprovate da una riduzione del fatturato. In assenza di queste condizioni si da luogo ad una fattispecie impropria di lavoro a chiamata. Il diritto del socio lavoratore “subordinato” a percepire la retribuzione dovuta per l’orario di lavoro pattuito resta immutato anche nel caso la prestazione di lavoro offerta non venga accettata dalla cooperativa per ragioni imputabili alla propria organizzazione. Al datore di lavoro non è consentito ridurre unilateralmente l’orario di lavoro e, di conseguenza, la retribuzione dei dipendenti (art. 1372 c.c.).

Ricordiamo ad IKEA che la San Martino non ha assolutamente garantito “il pieno rispetto dei diritti sindacali e la libertà sindacale di tutti i propri soci lavoratori” né in passato né in questo momento. Ad evidenziazione di quanto affermiamo la recente decisione unilaterale della cooperativa, dopo i 24 licenziamenti, di tirar via la trattenuta sindacale dalle rispettive buste paga dei nostri associati.

Ricordiamo ad IKEA che l’applicazione di condizioni di miglior favore rispetto al CCNL che la cooperativa riconosce sono frutto della nostra battaglia che li ha imposti nell’ultimo cambio appalto e non concessioni fatte per spirito mutualistico (es: mensa agevolata a 3 euro a pasto). Alcune di queste, in realtà, non sono nemmeno condizioni di miglior favore visto che l’integrazione dei trattamenti di malattia e infortunio, prima del tutto assenti, sono comunque parziali e non come contrattualmente previsto e che gli eventuali premi di produzione non possono essere considerati “condizioni di miglior favore”, ma salario legato al maggior lavoro e quindi al maggior profitto (di Ikea e San Martino).

Tutto ciò, unito alla incessante propaganda istituzionale anti-cobas che continua con le ultime dichiarazioni del presidente della provincia Massimo Trespidi che parlando delle infiltrazioni mafiose nel tessuto economico del territorio non trova altro di meglio che paragonarci a dei mafiosi (quale coraggio! quale ipocrisia!) ed il consigliere regionale leghista Stefano Cavalli che reclama “tolleranza zero contro i violenti” a fronte di una pantomima con il Sindaco Dosi, apertamente schierato contro i lavoratori in lotta che minaccerebbero di trasformare il polo logistico in un “nuovo Vietnam”.

“Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità”. Ci sembra proprio di sentire le parole di Joseph Goebbels in questa vicenda. Un fronte compatto che vuole giustificare un’azione antioperaia ed antisindacale muovendo tutte le sue pedine e delle ripetute menzogne.

Se esiste un “nuovo Vietnam” questo è generato dalle condizioni di sfruttamento che si consumano nel territorio che politici e sindacalisti di professione conoscono molto bene e all’ombra delle quali girano lucrosi affari. In Vietnam la resistenza storica del suo popolo sconfisse, pagando un altissimo prezzo, la democrazia delle bombe a stelle e strisce e dei veleni che furono disseminati in quella nazione, come l’agente orange che fa ancora nascere bambini deformi e menomati.

Noi conosciamo denunce, fogli di via, manganellate e probabilmente arriveremo ad arresti e quant’altro. Mentre voi parlate di mafia e malaffare noi li combattiamo quotidianamente perché ne viviamo i risvolti materiali sulla nostra pelle e mentre lo facciamo ci troviamo contro quelle stesse istituzioni che a parole dicono di volerli contrastare.

Non saranno queste vigliacche e ripetute bugie ad infangare e fermare la nostra lotta. Una lotta che non rimarrà ferma davanti ai cancelli dell’IKEA di Piacenza e che non riuscirete mai a ridurre ad un semplice problema di ordine pubblico di pochi facinorosi.

Se c’è un problema di ordine pubblico questo è il sistema di sfruttamento dei lavoratori che trova nella “cooperazione” e nel “mutualismo” all’italiana un bieco meccanismo di mortificazione delle condizioni salariali e di lavoro di centinaia di migliaia di operaie ed operai.

Alle prossime bugie, alle prossime iniziative di lotta.


02/06/2014

Sindacato Intercategoriale Cobas
Coordinamento provinciale – Piacenza

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