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Tornate nelle fogne!

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(25 Aprile 2011) Enzo Apicella

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70 anni dell’Anpi, il senso di una storia

(8 Giugno 2014)

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I settant’anni dell’Anpi sol­le­ci­tano qual­che rifles­sione sulla fun­zione che que­sto orga­ni­smo ha assolto e ancora assolve nell’ambito dell’associazionismo com­bat­ten­ti­stico. Rispetto a que­sto tipo di asso­cia­zio­ni­smo, che anno­vera soprat­tutto asso­cia­zioni d’arma, l’Anpi si è sem­pre distinta per la sua voca­zione non redu­ci­stica, non cor­po­ra­zione d’arma sul filo di una tra­di­zione matu­rata nella soli­da­rietà della trin­cea o dell’inquadramento in for­ma­zioni rego­lari, ma pro­lun­ga­mento di una espe­rienza tipica di un eser­cito di irregolari.
In sostanza, l’Anpi non poteva non rispec­chiare le carat­te­ri­sti­che del par­ti­gia­nato fatto di militari-militanti, non chia­mati alle armi per classi di leva, ma di volon­tari mossi da impulsi patriot­tici o poli­tici o anche solo da istinto di difesa e di con­ser­va­zione, tutti alla fine coin­volti in un pro­cesso col­let­tivo di politicizzazione.

Muo­vendo da que­ste pre­messe, la spinta dei par­ti­giani all’associazionismo non poteva pro­ve­nire che dall’aspirazione a pre­ser­vare il patri­mo­nio di idee e di espe­rienze che era stato alla base della scelta di ope­rare nella Resi­stenza. Con que­sto spi­rito, che per decenni è stato incar­nato dal suo primo pre­si­dente, Arrigo Bol­drini, il leg­gen­da­rio Bulow, l’Anpi ha inse­rito il suo ori­gi­nale con­tri­buto tra le forze politico-culturali che hanno ali­men­tato la rico­stru­zione demo­cra­tica del nostro paese dopo il fasci­smo. Se in qual­che momento si può essere gene­rata l’impressione che nell’Anpi si espri­mes­sero posi­zioni di chiu­sura verso una sem­pre più aperta e cri­tica con­si­de­ra­zione dell’esperienza stessa della Resi­stenza, all’Anpi va rico­no­sciuta la fun­zione fon­da­men­tale che essa ha svolto nel custo­dire la memo­ria della Resistenza.

Diremmo che essa ha assolto e assolve una duplice mis­sione: da una parte tenere viva e tra­man­dare la memo­ria; dall’altra assi­cu­rare con la sua pre­senza nella società civile la par­te­ci­pa­zione alla vita demo­cra­tica facen­dosi tutrice dei valori che dalla lotta di libe­ra­zione si sono tra­man­dati nelle isti­tu­zioni e nella società, con par­ti­co­lare rife­ri­mento alla valo­riz­za­zione della Costituzione.

Rispetto ad entrambi que­sti com­piti la soglia dei settant’anni impone cer­ta­mente se non un momento di ripen­sa­mento un pro­cesso di rin­no­va­mento. L’elemento più deci­sivo di que­sto pro­cesso deriva dal ricam­bio gene­ra­zio­nale sot­to­li­neato dal fatto che già da molti anni l’Anpi si è aperta all’associazione di nuovi affi­liati che non pro­ven­gono più dalle gene­ra­zioni che hanno vis­suto la Resi­stenza in per­sona prima. Come nel caso di altre asso­cia­zioni ana­lo­ghe, penso all’Aned degli ex depor­tati, anch’esse depo­si­ta­rie di archivi e memo­rie di inso­sti­tui­bile valore, in que­sta seconda fase della sua vita anche l’Anpi si pro­pone nel plu­ra­li­smo della società, senza pre­ten­dere di avere il mono­po­lio della memo­ria della Resi­stenza, come un indi­spen­sa­bile punto di rife­ri­mento, riserva di ener­gie e di idee, desti­nato ad accom­pa­gnare la cre­scita di una demo­cra­zia che deve trarre giorno per giorno con­ferma della sua vita­lità dalla con­sa­pe­vo­lezza delle pro­prie origini.

Enzo Collotti, Il Manifesto

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