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Finanziamo le "missioni di pace"

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(28 Luglio 2011) Enzo Apicella
Il Senato ha approvato con 269 voti a favore, 12 contrari e un astenuto il decreto che rifinanzia fino alla fine dell'anno le "missioni di pace" all'estero

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Il gioco delle potenze nell’Ucraina insanguinata

(9 Giugno 2014)

george

George Soros

Il finanziere George Soros, al Salone del Libro di Torino, ha presentato il suo libro "Salviamo l'Europa". Quando vuole salvare qualche paese, c’è da preoccuparsi seriamente. Nel 1992, in pochi giorni, fece crollare la sterlina e la lira: vendette più di 10 miliardi di dollari in sterline e la Banca d' Inghilterra fu costretta ad uscire dal Sistema Monetario Europeo: Soros guadagnò circa 1.1 miliardi di dollari. Poco tempo dopo, fece crollare la lira. E’ ovvio, per evitare la solita retorica borghese dell’individuo che si è fatto da sé, che S. rappresenta una rete di interessi, perché il capitalista è la personificazione del capitale, ma quasi sempre i soldi sono di altri.
Alcune sue dichiarazioni al Salone del libro: "Putin assomiglia a Mussolini tra le due guerre mondiali e a Salazar, che era circondato da oligarchi". Soros può permettersi di prendere per i fondelli impunemente chi lo ascolta, perché, se c’è un oligarca, è proprio lui. A suo confronto i nostri oligarchi ( Berlusconi, De Benedetti, Elkann, Diego Della Valle…) sono dei nanerottoli.
Gli Europei, continua Soros, "non si rendono conto che siamo in un momento di emergenza e non danno all'Ucraina l'attenzione che merita, perché sono troppo concentrati sui loro problemi interni". Dovrebbero "sostenere finanziariamente e politicamente" l'Ucraina. Ecco un punto su cui sono d’accordo anche Obama e Putin: a tirare fuori i soldi per l’Ucraina deve essere la Ue, e in Europa indovinate chi?
Soros ha ascendenze ebraiche, ma non pare turbato dalla presenza in Ucraina di organizzazioni naziste. Niente di strano: i banchieri e i finanzieri, ebrei o fiorentini, genovesi o di Lione, di Anversa, della City o americani, di ieri o di oggi, hanno sempre avuto una sola patria e una sola religione, quella di Mammona. (1)
Finanza, grande industria e proprietà terriera, strettamente intrecciate, decidono delle guerre e delle paci infami, dell’economia di interi popoli, dello spread, delle campagne stampa… Obama è lo zelante maggiordomo di questo potere; se sgarrasse, in pochi giorni lo annienterebbero con qualche scandalo (vero o inventato, non importa). Poi, ci sono i parlamenti. Il capitale finanziario può sovvenzionare partiti nazisti, europeisti o antieuropeisti, liberali o di “sinistra”, confessionali o mangiapreti, cosmopoliti, regionalisti, xenofobi, correnti e giornali che danno la colpa di tutto alla Germania per assolvere gli Stati Uniti, partiti che gridano che bisogna punire i banchieri. Servono a fuorviare il malcontento, e, se per caso sono votati e portati al governo, si comportano esattamente come gli altri. Il parlamento può votare leggi avanzatissime contro le banche e la speculazione, “dimenticando” di aggiungere le norme attuative, in modo che restino lettera morta. Quanti presidenti USA, persino Bush e Obama, prima delle elezioni sostenevano la necessità di occuparsi soprattutto dei problemi interni, abbandonando il continuo e costoso (per i lavoratori e le classi sfruttate) interventismo militare perenne. Nei parlamenti e nelle dichiarazioni ufficiali si recita più ancora che a Hollywood, con la differenza che qui molti non sanno che il copione è già scritto.
Ogni anno i grandi della terra danno spettacolo, e si riuniscono al Bilderberg. Qui i veri potenti si incontrano con i politici loro servi, con i reazionari più in vista, gli uomini di paglia, i giornalisti alla moda. Serve più che altro a diffondere, spesso in maniera volutamente distorta, indicazioni già prese altrove. Ma non è qui la sede principale delle scelte; oppure qualcuno crede che aspettino Lilli Gruber, o altri giornalisti invitati, per prendere le decisioni che riguardano il mondo? I nomi dei partecipanti sono resi pubblici, ma non gli interventi. Questo serve a creare quel senso di mistero, accresciuto da ciò che filtra all’esterno, perché occorre far credere che tutto il potere risieda in qualche club esclusivo, in qualche setta, in qualche chiesa, in qualche sinagoga, in qualche consorteria. La borghesia è una classe, e al suo interno ci sono interessi diversi, conflittuali, unificati solo dalla necessità di mantenere lo sfruttamento capitalistico e l’asservimento delle classi sfruttate. I militanti di Occupy Wall Street non si sono lasciati confondere dalle dietrologie, e hanno affrontato un centro di potere determinante. E la violenza della repressione ha dimostrato che non avevano sbagliato bersaglio.
Wall Street “suggerì” : “Gli egiziani sarebbero fortunati se i loro generali avessero la tempra del cileno Augusto Pinochet, che arrivò al potere in pieno caos ma seppe coinvolgere dei riformatori liberali e introdusse una transizione democratica” (Wall Street Journal 4 luglio 2013) e i generali non se lo fecero ripetere: giovedì 15 agosto i morti ufficialmente riconosciuti erano oltre 600 e venerdì altri 173, mentre la Fratellanza parlò di 4500 morti in tutto l’Egitto (Bagno di sangue “democratico”, Combat, 17 agosto 2013).
Wall Street dichiarò che in Europa le costituzioni antifasciste erano un ostacolo, e siamo certi che i governi, a cominciare da quello italiano, faranno il possibile per non deludere le attese d’oltre atlantico.
La grande industria delle armi ha bisogno di commesse, ed ecco che, con toni arroganti, Obama dichiara che il pericolo russo è crescente, che l’Europa deve raddoppiare le sue spese militare, incurante della crisi, dei bilanci statali in pericolo. Le esigenze dell’industria bellica americana e dei suoi consoci europei sono imperiose, e s’impongono persino sulle più elementari esigenze di gran parte della popolazione. E’ il classico tema “burro o cannoni”, debitamente aggiornato. Gli F 35 si sono rivelati un disastro? Niente paura, ci sono paesi come l’Italia che sono disposti a comprarli, a classi dirigenti servili come la nostra si può chiedere questo e altro.
Di fronte allo sfrontato militarismo di Obama, attore duttile che ha cominciato con stucchevoli discorsi di pace – c’è chi vede come unica salvezza Putin, oppure una costellazione di stati denominata Brics. Ma la politica estera è la continuazione della politica interna: se pensiamo alla repressione dei minatori in Sudafrica, agli efferati delitti della polizia brasiliana per presentare, al momento dei mondiali, le strade libere da bambini diseredati, da mendicanti, abitanti di favelas e di chiunque protesti, alle condanne a morte così frequenti in Cina, e ai metodi a dir poco spregiudicati di Putin, ci rendiamo conto che non ci sono potenze liberatrici. Chi vede Putin a capo di una crociata antifascista, sogna. Vuole evitare che in Ucraina s’installi la Nato, in modo da non avere i missili al proprio confine, ma non pare propenso ad annettere l’Ucraina orientale. Se l’avesse creduto utile, l’avrebbe fatto al momento giusto, contemporaneamente alla Crimea. Vorrebbe dire accollarsi un debito enorme e rinunciare a una grossa parte dei crediti nei confronti di Kiev. Putin sa, inoltre, che sarebbe il pretesto per fare entrare nella Nato l’Ucraina occidentale, che il governo americano punta su una lunga guerra civile, e il Fondo monetario internazionale non scucirà un dollaro se il governo di Kiev non avrà il controllo dell’intero territorio. Perciò non farà mancare le armi ai russi d’Ucraina, in modo che resistano finché lo stato ucraino, senza gas e senza un soldo, non sarà costretto a venire a più miti consigli. Nel frattempo, senza tregua, la serie dei massacri, la fame, la paura.
Non bisogna mai dimenticare che la Russia di oggi è legata alla rendita petrolifera e del gas, e questo condiziona la sua politica interna ed estera. Tratta col Qatar per un’intesa tra produttori di gas e installa una linea telefonica privilegiata tra Putin e Netanyahu. Con gli USA, poi, ha l’interesse comune a tenere alto il prezzo del gas, perché, se questo crollasse, si sgonfierebbe la bolla americana dello shale gas (gas di scisto), la Russia, l’Iran, l’Australia e l’Algeria avrebbero gravi contraccolpi, il Qatar andrebbe a gambe all’aria, mentre ne trarrebbero vantaggio Cina, Germania, Italia, Francia, gran parte del resto d’Europa e la stessa Ucraina.
Abbiamo già visto che lo scopo principale delle provocazioni americane contro Russia e Cina è staccare Europa e Paesi dell’Estremo Oriente da Russia e Cina, e costringerli agli accordi capestro TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership) e l’analogo trattato del Pacifico TTP (Trans-Pacific Partnership). Si tratta di una sorta di deriva dei continenti economica, di spezzare rapporti economici solidissimi con Russia e Cina e consegnare questi paesi, mani e piedi legati, agli USA. Il progetto è ciclopico, è improbabile che riesca, anche se il servilismo dei governanti europei è totale, come la loro cecità. Persino il Quisling afgano Karzai, che ha rifiutato di incontrare Obama, sembra più autonomo di loro. Comunque i blocchi continentali non sono mai durati troppo a lungo, si pensi a quello napoleonico. Una volta crollavano con le guerre e il contrabbando, oggi i capitali possono emigrare da una parte all’altra del mondo in tempo reale, e Obama non li può certo controllare. Moltissimi capitali si trasferirebbero in Russia e Cina, e i giganteschi gasdotti transiberiani potrebbero essere costruiti –somma irrisione per gli atlantisti – con capitali americani, inglesi, francesi, tedeschi, italiani e persino degli oligarchi ucraini. Gli Usa, forse, potevano tentare di realizzare un piano di integrazione con Europa ed Estremo Oriente nell’immediato dopoguerra, quando l’America era una calamita gigantesca, mentre ora è quasi smagnetizzata, e mantiene la supremazia con le armi e la politica; ma fino a quando?
In questo quadro, qual è la situazione dei lavoratori? I proletari ucraini, numerosissimi soprattutto nella parte orientale del paese, devono armarsi per difendersi, ma, poiché Putin darà armi solo ai gruppi di lavoratori che seguiranno la sua linea e non a quelli indipendenti, questi ultimi dovranno procurarsele col contrabbando. Si tratta di una situazione assai pericolosa, tutt’altro che rivoluzionaria, perché, se rifiutano di trasformarsi in strumenti al servizio di Putin, possono trovarsi contro Usa, UE, governo golpista e Putin. Per questo, occorre rompere le barriere di disinformazione e di censure che impediscono ai lavoratori americani, europei e russi, non solo di solidarizzare con loro, ma persino di essere informati correttamente. Ma non si tratta puramente di solidarietà internazionale, ma anche di salvaguardare la propria agibilità politica e sindacale. Se il capitale finanziario ha dato il via all’impiego dei nazisti in Ucraina e di Al Qaeda in Siria, non è certo disposto ad accettare che qualcuno rifiuti gli ordini in America o in Europa. Il nemico principale è in casa nostra, diceva Karl Liebknecht, e guardava alla Germania che, agli inizi della I guerra mondiale, era effettivamente uno dei tre principali centri dell’imperialismo mondiale (gli altri due erano Gran Bretagna e USA, mentre gli altri imperialismi, a giudizio di Lenin, non erano pienamente indipendenti). Oggi l’Italia è subordinata alla NATO, in una maniera impensabile soltanto pochi anni fa, è un imperialismo ‘ascaro’, non ha neppure l’apparente autonomia che aveva quando era un imperialismo straccione. In casa nostra comanda la NATO, ed è il nemico da battere. Ma, sia chiaro, senza nessuna concessione ai nazionalisti, neppure se sfoggiano un linguaggio radicale, di “sinistra”.
Denunciare l’intervento in Ucraina della Cia, delle Ong finanziate da Soros, dei mercenari della Blackwater, ora ribattezzata Academi –senza nascondere che anche il regime caduto era corrotto – significa anche opporsi alla strisciante fascistizzazione dell’Europa. Per chiarire: quella tra fascismo e democrazia borghese non è una contrapposizione di classe, ma di due metodi usati dagli stessi padroni: quello che dà l’illusione alla popolazione di poter scegliere i propri governanti, che tende ad integrare e a subordinare con la corruzione le organizzazioni sindacali, ma lascia una certa libertà di parola e di critica, e quello che demolisce con la violenza le organizzazioni sindacali e politiche dei lavoratori e si manifesta apertamente come dittatura. Pretendere di combattere il fascismo alleandosi con gli attuali partiti al potere è come sperare nell’appoggio del maggiordomo del padrone contro i gorilla della sua guardia del corpo.
I lavoratori europei, se vogliono conservare e incrementare la propria agibilità politica e sindacale, e salvaguardare il diritto di sciopero, devono opporsi con tutte le forze all’interventismo Nato, consapevoli che i nostri governi, ferrati in linguaggio orwelliano, chiamano operazioni di pace le iniziative militari. Il record dell’ipocrisia e della censura va ai governi italiani: di molti bombardamenti o combattimenti a terra, in Serbia, Afghanistan, Libia, abbiamo avuto la conferma tempo dopo la loro conclusione. E, per aggiungere al danno la beffa, condiscono tutto con retorici richiami all’art. 11 della costituzione.
Una prima base d’azione è rappresentata da gruppi, già esistenti, che si oppongono al militarismo a livello locale. Il passo successivo è il loro coordinamento nazionale – operativo, continuo, con una direzione comune. Il conflitto, quando si sviluppa a livello nazionale, dice “Il Manifesto”, diventa lotta politica, lotta di classe.

Note

1) “ Fin dalla loro nascita, le grandi banche agghindate di titoli nazionali, furono pure e semplici società di speculatori privati, che si mettevano a fianco dei governi e, grazie ai privilegi ottenuti, erano in grado di anticipare loro denaro. Perciò l’accumulazione del debito pubblico non ha gradimetro più infallibile del progressivo rialzo delle azioni di queste banche, la cui fioritura piena data dalla fondazione della Banca d’Inghilterra (1694)”. Il Capitale, Libro primo, La cosiddetta accumulazione originaria, genesi del capitalista industriale. Traduzione Bruno Maffi.
(Mamona è una parola aramaica, passata nel greco e nel latino, significa ricchezza, guadagno, e testimonia quanto fossero antiche e diffuse le differenze tra le classi, ovviamente diverse da quelle moderne.)

Michele Basso

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