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Stato / mafia

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    BICAMERALISMO: IL MERITO DELLA RIFORMA E LE PROVE DI REGIME

    (14 Giugno 2014)

    Le prove di “avanzato regime” che il “Sistema Renzi” sta realizzando in Senato attraverso la rimozione d’ufficio di senatori componenti della Commissione Affari Costituzionali contrari alla riforma della Camera Alta hanno suscitato forti polemiche facendo però allontanare il dibattito dal merito della questione.
    La proposta del Governo, infatti (quella approvata in Commissione assieme ad un ordine del giorno contrario, in un “balletto” del tutto paradossale) può ben essere giudicata un solenne e pericolosissimo pasticcio, partendo dal fatto che il nuovo Senato non sarebbe altro che una sorta di Dopolavoro per amministratori locali che si troverebbero inopinatamente sbalzati in quel ruolo.
    Non dimenticando che per l’elezione della Camera dei Deputati i progetti fin qui avanzati quale esplicitazione dell’accordo Renzi/Berlusconi prevedono il mantenimento di quelle liste bloccate, già giudicate come incostituzionali dalla Suprema Corte.
    Insomma: tra progetto per il Senato e legge elettorale della Camera il risultato finale sarebbe quello di un’ulteriore mortificazione del ruolo del Parlamento, con il definitivo superamento del dettato costituzionale che prevede la centralità dei consessi elettivi.
    Tanto più che sarebbe mantenuta la doppia lettura per le leggi di profilo costituzionale che sarebbero così esaminate da due Rami del Parlamento composti entrambi di “nominati” (e, magari, nel caso della Camera venuti fuori in più dalla lotteria di un’abnorme premio di maggioranza).
    Se non si tratta di “Regime” come definirlo allora?
    Entriamo allora molto brevemente nel merito.
    Come dovrebbe svolgersi, invece, un dibattito serio al riguardo del ruolo del bicameralismo in un sistema democratico moderno?
    Si dovrebbe sviluppare un tentativo di affrontare tre possibili punti di riequilibrio, all'interno dell’evidente crisi del sistema: equilibrio tra l'elezione del Parlamento e la formazione del governo; equilibrio tra il potere del governo, e quel pluralismo istituzionale, politico, culturale, essenziale nelle moderne repubbliche costituzionali; equilibrio tra il centro statale e le periferie regionali, in un ordinamento che sicuramente è da rivedere dopo il fallimento della già fragilissima opzione “federalista” (con l’esito catastrofico della regionalizzazione d’importantissimi comparti: dalla sanità ai trasporti)
    Nel progetto presentato, al proposito, dagli esponenti del “Regime Renzi” mancano totalmente i presupposti minimi per affrontare questi nodi.
    Ci limitiamo a esaminare il caso di un Senato, chiamato a garantire la rappresentanza territoriale.
    In questo caso la seconda Camera dovrebbe disporre del potere di definire, di volta in volta, il concetto di “interesse nazionale” e di fissare, con proprie leggi, i principi fondamentali cui deve attenersi la legislazione territoriale.
    Il progetto del Senato elaborato dal “Regime Renzi” non garantisce questo e non garantisce neppure l’uguaglianza rappresentativa delle Regioni (come accade, invece, tanto per fare un esempio sicuramente non sospetto, nel Senato USA),
    Quest’uguaglianza, in una realtà di forti scarti geo – economici come quella italiana, dovrebbe significare l'indispensabile condizione per realizzare, attraverso la perequazione finanziaria, quella “solidarietà territoriale”, finora garantita dalla Conferenza Stato – Regioni.
    Se non si realizza questo elemento il Senato Federale smarrirebbe la sua funzione più importante, quella di “chiusura” del sistema delle Autonomie, risultando impossibilitato a svolgere quella funzione di equilibrio, della cui ricerca dovrebbe farsi carico il lavoro parlamentare in corso.
    Il rischio che stiamo correndo è quello di arrivare a una sorta di Repubblica “invertebrata” (per dirla con Andrea Manzella) riducendola davvero (qui la citazione è più colta: si tratta del principe di Metternich) a una “espressione geografica”,
    Attorno a questi punti, esposti fin qui in maniera del tutto schematica e necessitante di approfondimenti, deve essere sviluppato un forte dibattito tra i soggetti politici, i centri di ricerca, le Università.
    Sul piano più direttamente politico però il tema fondamentale rimane quello dell’opposizione, di sinistra d’alternativa non populista, al “Regime Renzi”: un tema che va ben oltre la questione dell’architettura istituzionale arrivando al cuore delle questioni di complessive di rapporto democratico tra i diversi soggetti politici, economici, rappresentativi di istanze sociali e di stimoli culturali.
    Si sta cercando di fare in modo che elettrici ed elettori non possano più pronunciarsi sulla scelta dei propri rappresentanti .
    Anzi si sta cercando di andare anche oltre: zittendo completamente (con la soglie di sbarramento previste dall’Italikum)e le voci di un’opposizione alternativa posta politicamente al di fuori dal perimetro del sistema.
    Per questo tipo di opposizione non deve esserci spazio: comprendere questo stato di cose e reagire subito con una forte opposizione e è, in questo momento. il nostro compito prioritario.

    13/06/2014

    Franco Astengo

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