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(15 Agosto 2012) Enzo Apicella

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CONTRO IL CRETINISMO PARLAMENTARE. IL RUOLO DI ROSS@

(19 Giugno 2014)

CRETINISMO PARLAMENTARE: LA IRRESISTIBILE ATTRAZIONE DI SEL VERSO LA MAGGIORANZA E LE NECESSARIE E URGENTI RAGIONI DELL’OPPOSIZIONE SOCIALE E POLITICA. IL RUOLO DI ROSS@
L'espressione cretinismo parlamentare la si deve a Marx e a Engels che, in "Rivoluzione e controrivoluzione in Germania" del 1852, lo descrivono come una specie d’infermità che colpisce chi crede un po' troppo in quello che succede nelle aule del potere legislativo e perde il contatto con la realtà.
La definizione usata dai due grandi maestri del comunismo può benissimo attagliarsi anche alle vicende di questi giorni che interessano SeL: il suo gruppo parlamentare, infatti, nell’occasione del voto sul decreto IRPEF di questi giorni ha proprio dimostrato di collocarsi in quell’ambito, subendo l’irresistibile attrazione della maggioranza di governo, al punto da spaccarsi e dal far prevedere l’ennesima scissione.
SeL, sia detto soltanto per inciso, soggetto nato su di un’idea sbagliata della personalizzazione della politica si muove, ancora adesso e nonostante tutto, nell’ambito della ricostruzione di un ipotetico centrosinistra : una vera e propria utopia in un quadro, quello del sistema politico italiano, che proprio non prevede più l’eventualità di una formula politica di quel tipo.
Nel contesto che si cercherà di delineare attraverso questo intervento SeL è stata però tirata in ballo perché proprio la sua vicenda richiama, ancora una volta la necessità di costruire di un soggetto politico dell’alternativa, la cui assenza è ben evidente nello scenario politico e che non può principiare che dall’opposizione.
Esistono, concrete e ben evidenti, ragioni necessarie e urgenti per l’opposizione sociale e politica.
Cerchiamo allora di esplorarle queste ragioni.
Da questo punto di vista emerge un’esigenza di vera e propria definizione teorica attorno ad un argomento che costituisce, dopo le negative vicende dell’ultimo decennio, uno dei terreni di confronto dialettico che potrebbe rappresentare anche un punto di divisione tra noi: quello sulle forme della politica.
La novità più importante sotto quest’aspetto è stata determinata dalla risposta fornita dai ceti dominanti al riguardo dell’allargarsi della domanda sociale e all’emergere di un profondo malessere tra classi ormai strette tra l’indebolimento delle tutele sociali e la crisi strutturale del mercato del lavoro capitalistico, posto sotto la pressione dell’internazionalizzazione dei processi produttivi e di un poderoso, ma complicato, fenomeno di finanziarizzazione dell’economia.
Sono nate così, nel vivo delle forme più complesse dello sfrangiamento sociale, forme di vera e propria “rabbia globale” intrecciate a forme di “rabbia locale”.
Entrambe però pur dimostrandosi in varie maniere paiono non riuscire a realizzare una saldatura di tipo politico, in grado di fare sintesi e prospettiva.
Nascono da qui, prima di tutto, le accezioni populiste emerse con grande forza anche all’interno del sistema politico italiano e non solo sul piano europeo, nel corso degli ultimi anni.
Vale la pena però analizzare ancora la qualità complessiva dei conflitti in atto, esaminandone gli elementi portanti al di là delle insorgenze specifiche: conflitti che non possono essere descritti come di prevalente lotta di classe.
Non si vedono, infatti, ceti emergenti ben distinti che rivendicano una maggiore influenza politica.
Assistiamo piuttosto a mobilitazioni “liquide” in cui le linee di frattura sono piuttosto variegate e le rivendicazioni economiche si mischiano a quelle di natura post materialista.
L’affermarsi del consumismo ha così contribuito a quel fenomeno che Ted Robert Garr ha chiamato di “deprivazione relativa” cui si risponde da sinistra (più o meno) con le logiche di tipo multitudinario o dei cosiddetti “beni comuni”, abbandonando così’ i concetti fondamenti delle “fratture sociali”.
E’ così che nasce la risposta populistica, la dissoluzione dei corpi intermedi, l’avanzarsi di soluzioni autoritarie frutto del combinato disposto tra il fenomeno della personalizzazione della politica e del peso crescente della mediatizzazione dello stesso agire politico (un fattore molto diverso da quello della semplice pressione mediatica).
Il “Regime Renzi” si fonda esattamente su questi elementi: la risposta populistica, la dissoluzione dei corpi intermedi, le soluzioni autoritarie.
A questo punto è necessario procedere affrontando quel pericolo che oggi non soltanto nella realtà italiana (inquadrando anche sotto quest’aspetto quel tema che sbrigativamente indico come “europeo”) è ben dimostrato nell’attualità più pregnante.
E’ in pericolo, infatti, quella che Robert Dahl ha definito la caratteristica fondamentale della democrazia: la capacità dei governi a soddisfare in maniera continuativa, le preferenze dei cittadini in un quadro di eguaglianza politica.
La democrazia appare, in questa fase, in pericolo sotto i suoi due aspetti costitutivi: quello del “diritto di opposizione” e quello del “grado di partecipazione”.
Parlo di democrazia, beninteso, in un’accezione opposta a quella di tipo liberaldemocratico e soprattutto a quella “a vocazione maggioritaria” che intende evocare un meccanismo esclusivamente destinato alla funzione di governo.
Parlo di democrazia come espressione di idee, di estensione di diritti sociali e civili e – in questa fase – della possibilità di fare opposizione, sia sul piano politico immediato, sia su quello più generale di tipo sistemico.
Esattamente il contrario di ciò che sta avvenendo nel concreto in Italia e fuori d’Italia dove diritti di opposizione e partecipazione, intesa come rappresentanza politica, tendono a essere ridotti al minimo, se non cancellati del tutto.
Tutto questo avviene in un’Europa nella quale non ci ritroviamo soltanto i diktat della trojka ma anche il fascismo in Ungheria e il Front National primo partito di Francia.
Per questi motivi occorre partire dal nodo della necessità urgente del costruire l’opposizione politica ponendola in diretta connessione con quella sociale.
E’ in questo senso che emerge il tema della costruzione del soggetto politico.
Si tratta prima di tutto di avviare una riflessione aperta attorno a due punti:
1) La difficoltà in questa fase a riconoscere corpi intermedi che esistono ma non ricoprono più la funzione dei partiti. Quei partiti che erano stati chiamati a produrre, tra la società e la politica, sintesi e proposta di cambiamento strutturale. I partiti non potranno più esistere se non si recuperano alcuni concetti fondamentali, come quello internazionalista, che debbono tornare a far parte del nostro bagaglio per quanto possano apparire desueti e, in questo momento, financo impopolari;
2) La proposizione, in una dimensione teorica e altresì di diretta proposta politica, del concetto di “frattura principale” quella della contraddizione tra capitale e lavoro, tra sfruttati e sfruttatori. Una frattura che appare oggi, dobbiamo ammetterlo, difficile da analizzare e da attualizzare per via di alcuni giganteschi processi, primo fra tutti quello dell’assalto indiscriminato all’ambiente e al territorio; poi quello della finanziarizzazione e ancora quello del mutamento strutturale avvenuto nella relazione tra struttura e sovrastruttura con l’imporsi di una “rivoluzione passiva” che ha portato al fenomeno globale dell’individualismo consumistico intrecciando fattori economici, sociali, culturali. Dal nostro punto di vista dell’analisi marxista e della prospettiva politica che ne deriva la sola strada possibile è quella del porsi al di fuori della logica della “fine della storia”.
E’ la logica della “fine della storia” che si è cercato di imporre per via meramente ideologica che si è costruita quell’idea di “fine dell’ideologia” spinta fino all’annullamento, nell’immaginario collettivo, della distinzione tra destra e sinistra.
E’ stato su questa base, tanto per tornare alle piccole cose di casa nostra, che nascono e si affermano i Renzi, i Grillo, i Vendola.
Tutto quanto qui esposto può apparire utopico e insieme “antico” e appare fondamentale da portare avanti proprio sulla strada della costruzione del soggetto politico.
Egualmente il punto di partenza non potrà essere quello dell’aggregazione realizzata con la Lista Tsipras proprio perché, al di là delle incrostazioni e delle divisioni derivanti dal brutto passato recente.
Ross@ potrebbe fornire un serio contributo in questa direzione a patto di muoversi da subito sul terreno di una costruzione politica autonoma fondandosi sull’attività già portata avanti nei territori e costruendo un riferimento nazionale adeguato alla necessità di proporsi proprio in quella dimensione di ricerca che si è cercato di sviluppare anche in quest’occasione.

Franco Astengo

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