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    Sel, altri tre addii. Ma la «base» frena

    (25 Giugno 2014)

    fabiol

    Fabio Lavagno

    La noti­zia, del resto ampia­mente annun­ciata, è arri­vata giu­sto alla fine della sfor­tu­nata par­tita Italia-Uruguay. La pre­si­denza di turno di Mon­te­ci­to­rio annun­cia il pas­sag­gio al gruppo misto di altri tre depu­tati di Sel. Si tratta del veneto Ales­san­dro Zan, del laziale Naza­reno Pilozzi e del pie­mon­tese Fabio Lava­gno. Con loro sal­gono a nove gli abban­doni: Migliore, che per un disguido buro­cra­tico ieri risul­tava ancora iscritto a Sel, Fava, Di Salvo e Piaz­zoni (il loro pas­sag­gio viene stato annun­ciato in aula all’apertura dei lavori); Aiello e Rago­sta, che però già sie­dono nel Pd. Più gli ultimi tre.
    Ieri pome­rig­gio riu­nione dei fuo­riu­sciti. Un gruppo auto­nomo con i socia­li­sti non è ancora a por­tata di numeri. Un altro sca­glione par­tirà dopo la dire­zione di oggi (tec­ni­ca­mente si chiama pre­si­denza), dove andrà in scena il con­fronto fra i fuori-linea rima­sti e il coor­di­na­mento, che rimet­terà il man­dato nella con­vin­zione di essere ’rifi­du­ciato’. Ven­dola in testa, che ha annun­ciato al mani­fe­sto di voler «sepa­rare la discus­sione fra pre­si­denza e orga­ni­smi. Nes­suno pensi che mi copro con il gruppo dirigente».

    Ten­tata dall’addio è la toscana Nardi e il cala­brese Lac­qua­niti. Reste­ranno invece il gio­vane nuo­rese Michele Piras, l’abruzzese Giu­seppe Melilla e il ligure Ste­fano Qua­ranta. Deci­sive le assem­blee ter­ri­to­riali di que­sti giorni. «Resto, in attesa che l’“anguilla” si fermi», spiega al mani­fe­sto Piras, citando l’ultima meta­fora coniata da Ven­dola per il suo par­tito. «In Sar­de­gna la scom­messa su Sel è stata forte e non ci vogliamo ras­se­gnare al fatto che si sia già bru­ciato tutto. Ma non ci sto: il chia­ri­mento sulla linea poli­tica va fatto subito. Biso­gna ridarsi l’obiettivo del cen­tro­si­ni­stra, ricreare le con­di­zioni che hanno por­tato in tutta Ita­lia l’alleanza a gover­nare le città. Se anche Lan­dini ha fatto un’apertura di cre­dito a Renzi, per­ché noi non dovremmo pro­varci?». Pro­messe di bat­ta­glia ne cir­co­lano tante. Dai liguri oggi potrebbe arri­vare la richie­sta di un con­gresso straor­di­na­rio. Altri lavo­rano all’idea di un referendum.

    La mag­gio­ranza intanto pensa a una mossa per rimo­ti­vare gli iscritti, non mol­tis­simi fin qui — ma il tes­se­ra­mento è in corso e solo a fine anno si potrà fare un bilan­cio — e per ricom­pat­tare il viet­nam par­la­men­tare. Ma la linea resta quella: all’opposizione ma sfi­dando «posi­ti­va­mente Renzi», «una terza via che non è deriva mino­ri­ta­ria ma pun­golo da sini­stra al governo». Lo ha ripe­tuto ieri sera Ven­dola alla riu­nione di sena­tori e depu­tati: ha rilan­ciato il dia­logo con le sini­stre Pd — di ieri un nuovo col­lo­quio alla camera con Cuperlo — e con i gio­vani della lista Tsi­pras. E ha invi­tato gli inde­cisi a restare nella «terra di mezzo». Duro solo sulle respon­sa­bi­lità di Gen­naro Migliore.

    Al suo posto, a Mon­te­ci­to­rio, si fa strada l’ipotesi di affi­dare la pre­si­denza del gruppo — attri­buita pro tem­pore a Fra­to­ianni — a Arturo Scotto, cam­pano ’dia­lo­gante’. «Ma non cac­cia­moci nelle solite media­zioni che ten­gono tutto e non chia­ri­scono niente. Serve un nome che incarni una linea chiara, con la quale misu­rarsi», chiede Piras. Pro­prio Scotto ieri in aula ha dichia­rato il no di Sel alla mozione di appog­gio al discorso di Renzi sul seme­stre euro­peo: «Per Sel sono stati giorni dif­fi­cili. Abbiamo subito una sepa­ra­zione dolo­rosa ma siamo in campo e non ci ras­se­gniamo all’idea di una sini­stra divisa, ris­sosa e marginale».

    A Ven­dola il pro­gramma euro­peo del pre­mier pro­prio non è pia­ciuto: «Abbiamo ascol­tato con il mas­simo rispetto le parole di Renzi, ma il suo discorso ha avuto come di con­sueto un anda­mento pre­va­len­te­mente pro­pa­gan­di­stico», «un caro­sello di parole». «Renzi dice che vuole sfon­dare il muro delle poli­ti­che di auste­rity, ma dalla Ger­ma­nia il mini­stro delle Finanze e il capo della Bun­de­sbank dicono che non c’è nes­suna pos­si­bi­lità. Nel discorso di Renzi non c’è stato ter­reno di vera lotta poli­tica ma piut­to­sto un rinvio».

    Daniela Preziosi, Il Manifesto

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