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Israele uccide, la Palestina resiste e chiama alla solidarietà!

(26 Giugno 2014)

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Da quasi due settimane ormai, Israele sta portando avanti l'operazione “Brother's keeper”, un'offensiva a 360 gradi contro i Palestinesi, sia nella Striscia di Gaza sia in Cisgiordania, con oltre 500 arresti preventivi e ingiustificati, raid aerei, incursioni militari nei campi profughi e l'uccisione di 5 ragazzi. Una vera e propria rappresaglia, che rappresenterebbe la risposta al rapimento di tre giovani coloni israeliani avvenuto tra il 12 e il 13 Giugno. Un rapimento che non è stato rivendicato da alcuna sigla palestinese - nonostante le continue accuse del Governo Israeliano ad Hamas - e che è sembrato immediatamente essere l' “occasione” ideale per l'ennesima “Punizione Collettiva” verso i Palestinesi, per “assediare” e “ripulire” la Cisgiordania e attaccare duramente il nuovo governo nazionale Hamas-Fatah.

Nei mesi scorsi, infatti, Hamas e Al-Fatah (che controlla la Cisgiordania) dopo anni di scontri e divergenze politiche hanno raggiunto un accordo per intraprendere un difficile percorso di riconciliazione che, nel giro di qualche settimana, li ha portati alla formazione di un governo di unità nazionale.

Il governo israeliano davanti alla ritrovata, seppur fragile, unità delle forze politiche palestinesi e al “ritorno” di Hamas in Cisgiordania ha reagito alla sua maniera classica, dando il via libera alla costruzione di nuove case per i coloni, non mantenendo la promessa di liberazione dei prigionieri palestinesi che dovevano essere rilasciati secondo l'accordo raggiunto per la liberazione del soldato Shalit, e presentando una nuova legge che prevede l'alimentazione forzata (che permetterebbe l'anestetizzazione dei detenuti) per i prigionieri palestinesi in sciopero della fame contro la detenzione amministrativa. Non molto tempo fa, alcuni partiti israeliani di destra hanno addirittura sostenuto l'emanazione di una legge che impedisca lo scambio di prigionieri in cambio della pace, sgomberando il terreno da qualsiasi ipotesi di amnistia generale per le migliaia di detenuti palestinesi ancora rinchiusi nelle carceri israeliane.

D'altronde, il numero dei detenuti amministrativi è aumentato vertiginosamente con i rastrellamenti di questi giorni: secondo il quotidiano Haaretz, un quarto dei quasi 400 arresti dell'operazione Brother's Keeper risulta in detenzione amministrativa e il tribunale israeliano avrebbe dato l'autorizzazione ad utilizzare, negli interrogatori dei palestinesi arrestati, i metodi della “ticking bomb”, cioè “misure straordinarie o di moderate pressioni fisiche”, riconosciute come torture e vietate dal diritto internazionale.

L'obbiettivo reale della rappresaglia israeliana va ricercato nel tentativo di bloccare sul nascere qualsiasi forma di unità politica – seppur contraddittoria e debole - del popolo palestinese e delle sue lotte (portate avanti non solo contro l'occupante ma anche contro le fazioni più moderate interne all'Autorità Nazionale Palestinese, estremamente “morbide” se non apertamente collaborazioniste con le truppe israeliane).

Eppure, a dimostrazione che non sempre le cose vanno come gli sfruttatori vorrebbero, proprio in risposta all'azione militare e alla cooperazione della polizia palestinese, centinaia di manifestanti in questi giorni hanno riempito le strade di Gerusalemme e Ramallah, così come quelle di Gaza dove sono scesi in piazza oltre mille studenti universitari per chiedere che il processo di riconciliazione continui nonostante il tentativo israeliano di dividere le due forze politiche più importanti.

Oltretutto, l'offensiva di questi giorni ha fatto emergere con evidenza tutte le contraddizioni di un “processo di pace” nettamente sbilanciato per rapporti di forza e concessioni a sfavore dei palestinesi, che si dimostra per l'ennesima volta essere semplicemente uno strumento di dominio ottimale per la strategia sionista, efficace nel “normalizzare” il conflitto e nel sedare larga parte del fronte di resistenza palestinese, attaccandolo duramente, frammentandolo e rendendolo - in definitiva – inoffensivo.
E infatti i grandi sostenitori e sponsor dei negoziati, da Obama al Papa, fanno a gara per condannare, lanciare anatemi e scomuniche, sui rapitori dei tre “ragazzi” israeliani (il sindaco di Roma, Marino, ha addirittura fatto comparire un manifesto per le strade della città!) e neanche una parola spesa per l'orrore e l'ingiustizia che in queste ore stanno subendo donne e uomini palestinesi.

Chiudiamo queste poche righe facendo nostro e rilanciando l'appello del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina rivolto a tutti i sostenitori del popolo palestinese, perchè prendano parola e agiscano, denunciando le atrocità e i crimini di cui si macchia lo Stato d'Israele:

“La solidarietà dei popoli del mondo con la Palestina e le nostre lotte collettive per affrontare il sionismo e l'imperialismo sono sempre stati una fonte di forza, mentre affrontiamo il brutale occupante. Questa è una situazione di emergenza. E’ ora di agire!”

Con il popolo palestinese, fino alla vittoria!

***

Leggi qui la testimonianza degli studenti dell’Università di Birzeit (Ramallah) sulle incursioni dell'esercito israeliano nei villaggi e città della Cisgiordania

caunapoli.org

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