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(23 Novembre 2012) Enzo Apicella

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GAZA: RIPRESO IL SANGUINARIO “TIRO AL BERSAGLIO”

(18 Luglio 2014)

Editoriale del n. 19 di "Alternativa di Classe"

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Si fa sempre più incandescente la situazione a Gaza. Il pretesto per Netanyahu è sempre il solito: le iniziative di Hamas, che, con l'invio di razzi aventi per obiettivo popolazione di Israele (che, spesso, nemmeno arrivano a destinazione...), punta a mantenere in piedi la propria immagine di “baluardo della lotta palestinese”, e, nello stesso tempo, a scalzare la “rappresentatività nazionale” sul terreno internazionale di Fatah, peraltro oggi sua alleata.
Va ribadito, però, con estrema chiarezza: non si tratta affatto di guerra, né del “rischio” che stia per “ritornare”, data la palese differenza di mezzi disponibili fra le forze in campo (Israele ha più di dieci volte i mezzi dei palestinesi, siano di cielo, di terra o di mare)! Si tratta “di un massacro a senso unico, portato avanti in modo intermittente, nei tempi che necessitano a quell’imperialismo [da Alternativa di Classe, Anno 0 n.0 del 13-12-'12, pag. 1]” di Israele, che intende oggi riaffermare la propria supremazia in Medio Oriente! Certamente, come al solito, non è estranea alla operazione militare intrapresa qualche giorno fa, e denominata “Margine protettivo”, la ricerca di consenso legata alla situazione politica interna di Israele, ed, in particolare, alla recente elezione a Presidente di R. Rivlin, sempre del Likud, ma la cui successione a S. Peres, prevista anche sul piano formale tra pochi giorni, non risulta troppo gradita al premier Netanyahu...
A smentire il fatto che si possa parlare di guerra, vi sono anche, da un lato, “la condizione di “ostaggi” vissuta dagli abitanti del “bantustan” di Gaza, veri bersagli umani permanenti delle forze armate israeliane, anche in tempo di “pace” [da Alternativa di Classe, Anno 0 n.0 del 13-12-'12, pag. 1]” e, dall'altro, complementare, il fatto che l'essere stati riconosciuti dall'ONU come “Stato palestinese” non rappresenta altro che una pura formalità!
Inoltre,“...le borghesie di tutti i paesi arabi della regione hanno già ampiamente dimostrato da almeno trent’anni quale sia il loro reale interesse verso i diseredati palestinesi, a partire dalle stragi di Sabra e Chatila nel ’82 in Libano, non certo ad opera di Israele, fino al trattamento pesantemente discriminatorio riservato ai profughi, ad esempio, dalla Giordania! Di diverso segno, però, è la considerazione tributata da tutti i paesi arabi alla borghesia palestinese, che da più di 50 anni là vive e prospera, facendo lucrosi affari, e che è, mediamente, più ricca, istruita ed intraprendente! La “questione palestinese” viene, così, strumentalizzata da tali paesi, facendo leva, unicamente per i propri interessi, sulla solidarietà panaraba. Del resto, significativamente, proprio questa è il collante ideologico, utilizzato per ottenere consenso all’aggregazione economica sub-continentale dei “Paesi Arabi del Golfo”, trainata dalla Arabia Saudita, una delle potenze regionali in lotta per la leadership del Medio Oriente [da Alternativa di Classe, Anno 0 n.0 del 13-12-'12, pag. 2].”
Sia Fatah, che Hamas sono nelle mani della borghesia palestinese, anche se, rispettivamente, di settori laici e di settori islamisti; non a caso oggi alleati, è loro esclusivo interesse continuare a rivendicare, come primo obiettivo, lo “Stato palestinese”: in qualsiasi forma, si tratterebbe di uno Stato borghese, che, come ha già ampiamente dimostrato la Autorità Nazionale Palestinese (A.N.P.), non farebbe certo gli interessi dei proletari e dei diseredati palestinesi! “...omissis... le due principali forze della borghesia palestinese, si scontrano e si alleano tra loro, secondo dinamiche legate unicamente alla concorrenza interna per la leadership, nell’ottica di strappare il maggior consenso possibile tra le masse nazionaliste.
Ora che, invece, l’evoluzione concreta della situazione dell’area fa sì che i proletari palestinesi possano riconoscersi come tali, individuando il ruolo della “borghesia di casa propria” come, in fondo, non sostanzialmente dissimile da quello della borghesia imperialista israeliana, comincia ad ”avere gambe”, finalmente, l’obiettivo di un cambiamento rivoluzionario dei rapporti economici e di potere in tutta l’area, unica linea politica possibile per una forza (davvero – ndr) comunista, più necessaria che mai. In questo senso, stanno nascendo e sono nati strumenti concreti (per ora solo sul terreno sindacale - ndr), come il Sindacato WAC, presente soprattutto in Israele, ma anche, da poco, nei “territori occupati”; è aperto a sfruttati sia arabi che ebrei, per perseguire insieme i propri interessi immediati di classe, sfidando non solo il sionismo, ma anche l’islam politico e tutte le ideologie che discriminano i proletari in base alla fede religiosa, alla etnia o a quant’altro! Se questa è la sola ottica in grado di superare in avanti le vecchie concezioni nazionaliste e paraconfessionali tra i proletari dell’area, è necessario affermare che la rivendicazione borghese dei “Due popoli, due stati”, non a caso appoggiata dall’ONU, (ma, in definitiva, anche quella dello “Stato unico” borghese, che si chiami, o meno, Israele) serve solo a perpetuare una divisione del Medio Oriente funzionale, nel tempo, agli interessi dell’imperialismo mondiale! [da Alternativa di Classe, Anno 0 n. 0 del 13-12-'12, pag. 3].”
In Israele, da Tel Aviv a diverse altre località, si stanno svolgendo manifestazioni di piazza, a volte anche con una buona partecipazione, “contro la guerra ed il razzismo”, spesso “guidate” dal Partito Comunista di Israele; è un dato positivo, ma che rischia di rimanere su di un piano democraticista! Il piano necessario da sviluppare è, invece, quello della concreta unità di classe, oltre che sul piano sindacale, anche sul piano politico, fra proletari arabi ed ebrei, contro ogni forza della borghesia, a partire proprio dall'IMPERIALISMO ISRAELIANO!
“Qui in Italia, come negli altri paesi imperialisti, lasciamo ai borghesi parole d’ordine come “Boicotta, disinvesti e sanziona Israele”, che, oltre che palesemente inefficaci (dato che, in un’epoca imperialista, è l’offerta di beni ad indirizzare il mercato…), sono su di un piano a noi estraneo... [da Alternativa di Classe, Anno 0 n.0 del 13-12-'12, pag. 3]”, da borghesia filo-araba, come lasciamo ad altri le richieste di “solidarietà” alle istituzioni borghesi di casa nostra, oltre tutto verso la “causa nazionale”, e perciò fuori dagli interessi di classe di proletari e diseredati! La “...migliore forma di solidarietà di classe verso i proletari palestinesi (e gli altri proletari mediorientali) è quella di denunciare ed attaccare, qui ed ora, la politica imperialista della “nostra” borghesia verso il Medio Oriente, sia che si esprima sul terreno diplomatico, sia qualora pratichi il terreno militare. [da Alternativa di Classe, Anno 0 n. 0 del 13-12-'12, pag. 3]” Ricordiamo che la diplomazia, con o senza ONU, è l'altra faccia dell'attacco imperialista, un modo diverso per ottenere le stesse cose: il vantaggio economico e la supremazia politica!
In definitiva, mobilitiamoci sia contro i settori filo-ebrei, che contro quelli filo-arabi della borghesia, innanzi tutto italiana ed europea, per l'unità di tutti gli sfruttati dell'area mediorientale, sia arabi che ebrei, nostri fratelli di classe!

Alternativa di Classe

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