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Esopo in Medio Oriente

Esopo in Medio Oriente

(3 Settembre 2010) Enzo Apicella
Al via gli ennesimi colloqui di pace, ma Israele non rinuncia a nuovi insediamenti

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(23 Luglio 2014)

Continua la guerra nella Striscia di Gaza governata da Hamas, anche se in tutto il mondo continuano le manifestazioni contro le scelte guerrafondaie di Israele. Dalla scomparsa dei tre coloni da Gush Etzion, (colonia per soli ebrei sotto il controllo totale dello stato di Israele in Cisgiordania), Israele ha posto sotto assedio quattro milioni di palestinesi, bombardando ospedali, scuole, ogni sorta di obiettivi civili, distruggendo e saccheggiando case, rubando, effettuando sequestri, ferendo e uccidendo sia in modo mirato che indiscriminato al di fuori di ogni legislazione internazionale.

Oltre cinquecento abitanti di Gaza sono stati uccisi, tra di loro tante donne e bambini, e la strage non si ferma; non si contano più i feriti e il terrore fa tutto il resto su un popolo in carcere che non può scappare o nascondersi nei bunker.

Quest'ordinaria brutalità è la politica ufficiale dello stato di Israele portata avanti dai suoi militari, senza dimenticare le violenze compiute dai coloni israeliani paramilitari, le cui continue aggressioni verso i civili palestinesi sono Aumentate nelle ultime settimane, l'ultimo episodio è il rapimento poi l'uccisione (bruciato vivo) di Mohammad Abu Khdeir.

Ma l'obiettivo del governo di Israele è duplice, evitare l'accelerazione degli accordi di pace e rompere l'unità di governo palestinese.

Sin dall'elezione di Obama ha continuato ad aumentare la pressione internazionale esercitata su Israele perché si ritirasse dai territori occupati nella guerra del 1967. La maggior parte degli sforzi israeliani va nella direzione di allentare questa pressione e di far saltare il recente accordo tra l'elite palestinese al governo in parte della Cisgiordania e l'elite di Hamas al governo della Striscia di Gaza. La resa di Hamas, messa in ginocchio dalla crisi economica, alla Autorità Palestinese, complicata dalle scelte del governo egiziano, minaccia molto seriamente quel progetto di divisione permanente dei Palestinesi a cui Israele ha dedicato tanti sforzi, e l'ipotesi del totale collasso del governo di Hamas nella Striscia di Gaza spaventa Israele più di ogni altra cosa.

Quando nel 2005 Israele, per schivare la richiesta dei Palestinesi ad uscire dai territori occupati nella guerra del 1967, compì una sorta di ritirata, facendo evacuare i suoi coloni dalla Striscia di Gaza, spostando l'esercito e mettendo fine ad un suo controllo diretto sulla Striscia, ne fece un gigantesco ghetto in perenne ostaggio, in cui controlla tutto quello che entra e esce, nonché tutti i movimenti dei residenti. Questa strategia israeliana finalizzata a "liberare" in parte la Striscia di Gaza, puntava ad evitare che la giurisdizione ed il governo sulla Striscia andasse alla Autorità Palestinese, per rendere possibile invece che il controllo fosse preso dai fondamentalisti separatisti di Hamas, che lo stesso Israele aveva sponsorizzato anni prima quale concorrente dell'elite palestinese al potere con cui aveva firmato gli accordi di Oslo 20 anni fa.

Controllare i residenti ed il governo nella Striscia di Gaza, ma senza che si rendessero interamente liberi dall'egemonia israeliana, era il mezzo per proteggere gli sforzi israeliani nella presa della Cisgiordania.

Quando il mutamento di regime in Egitto ha portato alla sconfitta dei Fratelli Musulmani, di cui Hamas è alleato, l'assedio su Gaza si è stretto ancora di più con la chiusura quasi totale delle vie di rifornimento in mezzi e fondi per il regime di Hamas. In preda alla disperazione, l'elite al potere di Hamas era giunta ad un accordo di tregua condizionata con l'elite al governo della Autorità Palestinese in Cisgiordania. Questo accordo si presentava come una minaccia per la strategia israeliana del divide-ed-impera che aveva funzionato per tanti anni e che giustificava in parte il rifiuto israeliano per un accordo di pace con l'Autorità Palestinese e per il ritiro dalla Cisgiordania occupata nella guerra del 1967.

Per far saltare questo accordo di tregua e di unità che cerva di superare le divisioni interne alle élite palestinese Israele ha lanciato un attacco contro Hamas - sia in Cisgiordania che nella Striscia di Gaza - con la speranza di provocare e suscitare un duro scontro il cui esito sarebbe stato la restaurazione al potere di Hamas indipendente ma indebolita e sottomessa... Ma il governo egiziano con a capo il generale Sisi, che era il primo responsabile del taglio dei rifornimenti alla Striscia di Gaza governata da Hamas, si è rifiutato di fare la sua parte a causa della sua ostilità verso i Fratelli Musulmani e di conseguenza verso Hamas ed ha fatto fallire questo tentativo. Necessario a questo punto per Israele trovare una ragione, plausibile o sproporzionata che fosse, per un attacco diversivo e un'ennesima offensiva militare e mediatica. Da qui la strage infinita, finta e atroce rappresaglia in nome di tre giovani e innocenti vittime.

Non basta un cessate il fuoco e la fine momentanea della strage infinita che colpisce i palestinesi: insieme alle forze sociali che in tutto il mondo, Israele compresa, manifestano questi giorni, chiediamo la fine dell'assedio di Gaza, il ripristino dei diritti civili, primo fra tutti quello alla pace e alla vita, alla terra e all'acqua, per tutti/e coloro che abitano i territori, la cessazione delle occupazioni illegali e della doppia legislazione.

Sosteniamo tutte le forze sociali e politiche che dentro Israele e in Cisgiordania lottano unitariamente dal basso contro l'occupazione israeliana, contro la militarizzazione e l'apartheid. Anche in queste durissime settimane non sono mancate le manifestazioni unitarie dei comitati popolari palestinesi, degli attivisti internazionali e di Anarchici contro il Muro, come le forme di protesta, anche duramente contestate dalla destra israeliana, degli antimilitaristi, delle donne e degli uomini che si oppongono a questa infame politica di sopraffazione e di odio e che sanno che costruire giustizia, insieme, è il primo passo per costruire la pace. Noi siamo con tutti/e loro.

Oltre i confini, oltre le appartenenze etniche e religiose, oltre ogni Stato.

22 luglio 2014

Federazione dei Comunisti Anarchici

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