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Dalla guardia del campo di sterminio di Gaza

Dalla guardia del campo di sterminio di Gaza

(15 Marzo 2010) Enzo Apicella
L'Amministrazione USA chiede a Israele di rinunciare a nuovi insediamenti a Gerusalemme est

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GUERRA A GAZA

contro la classe operaia palestinese ed israeliana

(24 Luglio 2014)

Le incursioni aeree di questi giorni su Gaza non fanno che continuare la politica di sempre del governo israeliano contro il popolo della Palestina, ed in particolare contro la classe proletaria. Il governo israeliano torna a colpire il “terrorismo” a Gaza, non con l’obbiettivo della totale distruzione di Hamas, come dicono, ma per utilizzarlo al suo servizio, perché continui a fare il poliziotto a Gaza, come hanno fatto in passato con Al Fatah e con l’Olp. Non li combattono veramente perché sanno che un movimento borghese come quello, ammantato di nazionalismo e religione, meglio ancora se corrotto come Al Fatah, è il miglior bastione contro lo sviluppo di un movimento di classe. Le due borghesie, israeliana e palestinese, hanno questo interesse in comune. Ed i missili lanciati da Gaza tornano sicuramente più utili alla borghesia israeliana, e mondiale, che alla “causa palestinese”.

Proletari palestinesi ed israeliani sono così mantenuti come topi in gabbia nel minuscolo ghetto pietroso fra il Giordano e il mare, ubriacati dalla idolatria patriottica e del sangue, in un cinico e spietato gioco fra i massimi imperialismi.

Nel tempo gli attacchi, le missioni, le campagne hanno avuto nomi diversi ma nulla è cambiato. Due anni fa abbiamo avuto le “colonne di difesa”, prima “piombo fuso”, prima ancora “caldo inverno”, sempre con lo stesso risultato perché lo stesso ne era il fine. Le vittime, come in ogni guerra in ogni parte del mondo, appartengono al proletariato. Muoiono i proletari, gli assassini ne traggono i vantaggi politici attesi, e si arriva ad un cessate il fuoco. I borghesi, tranne poche eccezioni, non soffrono delle conseguenze della guerra, loro impartiscono istruzioni. Ad oggi si contano più di 500. Queste vittime non sono nulla per Hamas, per Al Fatah o per i governanti d’Israele, sono solo numeri.

In Israele, come ancora in molti dei centri del capitalismo, gli strascichi dell’effimero benessere capitalistico, avviato al tramonto, mantengono il proletariato nell’indifferenza e nell’immobilismo, minacciato com’è, in mancanza di organizzazioni sindacali di classe, dalla perdita del lavoro e delle conquiste di cui ha goduto fino a poco tempo fa. Solo con l’ulteriore sviluppo della crisi capitalistica, con la perdita dei vantaggi economici e del cosiddetto stato sociale, vedremo il proletariato d’occidente, e anche ebraico di Israele, sviluppare vere lotte di classe.

La guerra serve, anche e soprattutto, a evitare la lotta di classe, mantenendo diviso il proletariato, ingabbiandolo nella ideologia controrivoluzionaria della difesa della patria borghese e dell’interesse nazionale.

Anche nella società israeliana assistiamo, da un lato, al sorgere di gruppi di fascisti che, in nome della Grande Israele, portano segni e abbigliamento simili a quelle delle cellule neo-naziste nel mondo e – dialettica della storia – vengono a somigliare a quelli che li volevano sterminare; dall’altro, i gruppi dell’attivismo pacifista mostrano solo l’impotenza e la sterilità di questo movimento, che invoca una impossibile pace fra nazioni mentre è possibile, solo, fermare la guerra capitalista liberando dai ceppi dell’ideologia borghese, nazionalista e religiosa, la guerra fra le classi. Il pacifismo è caduto e cadrà inevitabilmente nel bellicismo, in nome della difesa della democrazia e della pace. Infatti il movimento pacifista, disonestamente, si guarda bene dal pronunciarsi sulla seconda guerra mondiale: solo i comunisti la denunciarono, allora ed oggi, come guerra imperialista su entrambi i fronti, giustificata dal manto ideologico della guerra delle democrazie contro le dittaure. E solo il movimento comunista avrà la forza di impedire con la rivoluzione la terza guerra mondiale che, sotto la spinta della crisi, si va preprarando, in Ucraina, in Siria, in Palestina e in tanti altri fronti, maggiori e minori, nel mondo.

Lo scontento è intanto esploso a Ramallah, con proteste e movimenti di giovani proletari contro il borghese Al Fatah, in reazione all’uccisione di un ragazzo arabo caduto nelle mani di una cellula fascista di giovani ebrei, e mobilitazioni che hanno scavalcato le leggi ci sono state anche a Gerusalemme Est.

Questa è la piega degli avvenimenti che più temono Hamas, Al Fatah ed i borghesi di Israele, nuove organizzazioni sindacali su basi di classe dei proletari, sia palestinesi sia israeliane, opposte alle forze borghesi del nazionalismo israeliano e palestinese, e il diffondersi anche in quel crocevia della storia delle avanguardie dell’unico rinato partito comunista mondiale.

20/07/2014

INTERNATIONAL COMMUNIST PARTY

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