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La caccia

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(21 Settembre 2011) Enzo Apicella
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LA DEFLAZIONE SI MANGIA L'ITALIA

(13 Agosto 2014)

sciottoilmanif

E così è arri­vata. La defla­zione, la bestia nera del gover­na­tore della Bce, Mario Dra­ghi, vive tra noi. Nelle nostre città – le prin­ci­pali del nostro Paese, ha regi­strato ieri l’Istat – “man­gian­dosi” intere regioni che di solito trai­nano l’economia, come il Pie­monte, la Lom­bar­dia, il Veneto, il Friuli Vene­zia Giu­lia. E giù fino alla Toscana, al Lazio, alla Puglia.
I prezzi hanno dun­que un trend nega­tivo (siamo al con­tra­rio dell’inflazione, quando il costo della vita, il valore di beni e i ser­vizi aumenta). Un dato posi­tivo, si potrebbe pen­sare se guar­diamo al nostro por­ta­fo­glio, impo­ve­rito da anni di tagli ai salari e al wel­fare, frutto di con­tratti che non si rin­no­vano, svuo­tato dalla pre­ca­rietà, la cassa inte­gra­zione, la disoc­cu­pa­zione. Ma pur­troppo non è così: per­ché la defla­zione è segnale di con­sumi che non vanno, di un’economia che si è fer­mata, di un debito che cre­sce a dismi­sura rispetto al Pil: e quindi può essere, pur­troppo, l’anticamera di nuovi tagli decisi dalla poli­tica (ita­liana e Ue).
Guar­diamo i dati: l’inflazione a luglio si è atte­stata a un +0,1%, in calo rispetto a giu­gno (era +0,3%). È la cifra più bassa dall’agosto del 2009. Ma andando al dato con­giun­tu­rale, vediamo una discesa: –0,1%. Che è frutto di cali, anche parec­chio vistosi, in diverse città ita­liane. L’inflazione acqui­sita per il 2014 è sta­bile allo 0,3%.
La dimi­nu­zione con­giun­tu­rale più alta è quella di Firenze (-0,7%); seguono Roma e Torino con –0,5%; poi Milano (-0,3%). E ancora Palermo, Catan­zaro e Potenza (-0,2%). Per finire con Genova, Trie­ste e Bari (-0,1%). Pesanti, in que­ste città, anche i dati ten­den­ziali (il calo cal­co­lato su un anno).
Ma la defla­zione abbrac­cia, come abbiamo anti­ci­pato, intere regioni e macro aree, quelle che di solito sono le più pro­dut­tive e dina­mi­che del Paese: giù Pie­monte (-0,2%) e Lom­bar­dia (-0,1%), con un Nord Ovest a bilan­cio nega­tivo (-0,1%); giù Veneto (-0,3%) e Friuli Vene­zia Giu­lia (-0,2%), con il Nord Est a cre­scita piatta (0%).
La Toscana perde lo 0,2%, il Lazio lo 0,1%, e anche il Cen­tro segna cre­scita zero dei prezzi. Cre­scono al con­tra­rio il Sud (+0,4%) e le Isole (+0,7%).
A far fre­nare la dina­mica dell’inflazione, ci informa l’Istat, è stato prin­ci­pal­mente «l’ampliarsi della fles­sione su base annua dei prezzi degli ener­ge­tici rego­la­men­tati». Basti pen­sare che il gas natu­rale è sceso del 5,4% su giu­gno e dell’11,2% in ter­mini ten­den­ziali (la fles­sione più forte dal marzo del 2010).
D’altra parte, pro­prio a luglio l’Autorità per l’Energia ha deciso le nuove tariffe, ridu­cendo il prezzo del gas. Quanto all’indice armo­niz­zato dei prezzi al con­sumo per i Paesi dell’Unione euro­pea (Ipca, uti­liz­zato ad esem­pio per i rin­novi con­trat­tuali), dimi­nui­sce del 2,1% su base men­sile, soprat­tutto a causa dei saldi estivi, men­tre risulta azze­rato su base annua (era +0,2% a giugno).
Tutti a com­prare, quindi, visto che i prezzi si sono abbas­sati? Forse è un discorso che si può fare per i beni non dure­voli – come ad esem­pio gli ali­men­tari – ma pen­siamo ad esem­pio a un’auto, ancor più se usata: chi sa che i prezzi ten­den­zial­mente sono in fase di decre­scita, ral­lenta i pro­pri acqui­sti, aspet­tando una sta­gione migliore, quando sa insomma che il bene che acqui­sta oggi non per­derà valore domani.
Ma il rischio mag­giore, a que­sto punto, è per i Paesi con alto debito, come l’Italia. A con­tare, come si sa, è il rap­porto debito/Pil, dove il debito fa da nume­ra­tore e il Pil da deno­mi­na­tore. Se il secondo non cre­sce in ter­mini reali, almeno in genere lo fa in ter­mini nomi­nali (cal­co­lando cioè l’inflazione): ma in caso di cre­scita piatta sia dell’economia che dei prezzi (come pra­ti­ca­mente siamo in Ita­lia), il fat­tore debito cre­sce a dismi­sura, creando quindi un pro­blema per i conti pubblici.
Non a caso la Bce di Dra­ghi segnala come peri­colo la defla­zione, soprat­tutto per i Paesi ad alto debito, e indica come cre­scita ideale dei prezzi il 2%: tra­guardo che come vediamo si allon­tana. Ma per ora lo stesso Dra­ghi non ha saputo inter­ve­nire efficacemente.

Antonio Sciotto - il manifesto

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