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Occhetto: "La mia svolta e quella di Bertinotti"

Per l'ex segretario del Pci, il Congresso del Prc ha fatto i conti con il Novecento e può essere molto utile alla riorganizzazione della sinistra

(12 Marzo 2005)

Achille Occhetto torna da Bari dove ha partecipato ad un’iniziativa elettorale con Nichi Vendola. Ha preso tempo per esprimere le sue valutazioni sul congresso di Rifondazione, rileggendo relazioni e interventi, valutando gli scontri anche aspri che vi sono stati nel corso del dibattito. Ha trovato particolari assonanze con alcune scelte da lui proposte alla Bolognina che segnarono il cammino, il "viaggio" che da quella iniziativa intraprese il Pci.

"Certo - afferma - la situazione è totalmente diversa, come diversa è la visione generale che Bertinotti ha proposto. Non voglio essere frainteso, non si tratta di un già visto, già detto". Una cosa comunque è certa: si trattò allora di una "svolta", si tratta oggi di una "svolta". L’osservazione di Occhetto regge, ha un fondamento, apre una riflessione. E’ sempre difficile fare paragoni fra cose, fatti, avvenimenti che non è azzardato definire di un’altra epoca storica. Rifondazione non è il Pci di allora, anzi è proprio altra cosa e non solo come forza organizzata. Ma l’intensità, il valore delle due "svolte" portano a una valutazione, a una riflessione non astruse.

"Il congresso di Rifondazione - sottolinea Occhetto - rappresenta una novità importante nel panorama politico italiano e in particolare in quella della sinistra. La svolta è rilevante. Due questioni mi sembrano avvicinarsi alle posizioni che, ripeto in una diversa visione generale, che mi spinsero a quella iniziativa che prese il nome della Bolognina. La prima riguarda la questione del socialismo. Bertinotti si è posto questo problema proponendo una uscita dal Novecento, dal secolo che ci lasciamo alle spalle per imboccare strade nuove. Il socialismo non più un sistema da conquistare con la presa del potere. La sua critica al potere come inteso dalla cultura del Novecento è stata netta. Il socialismo non è una scatola chiusa nella quale si entra aprendo la porta. E’ un processo, lo sviluppo, l’allargamento della democrazia. C’è un nesso democra zia-socialismo che fa saltare tutte le differenze fra tradizione leninista e quella del socialismo democratico".

Bertinotti per questo ha indicato il governo come un momento di passaggio per la costruzione di un progetto riformatore (sul modello del primo centrosinistra), un’alternativa di società. Non si tratta di una scelta occasionale. Occhetto non ci fa terminare neppure la domanda: "Le affermazioni di Bertinotti, condivise dalla maggioranza del partito, dal punto di vista dei principi e del metodo sono proprio, per questi contenuti una vera svolta rispetto alla tradizione del movimento comunista. Il comunismo che il segretario di Rifondazione vuole rappresentare ha al centro una visione nuova delle forze motrici del cambiamento, del socialismo e della democrazia. La scelta di un rapporto, o meglio della centralità dei movimenti non è un fatto tattico".

Insomma la critica che gli viene fatta di essere diventato un "governista", di giocare una partita che può dividere Rifondazione per qualche voto in più la trovi ingiusta, sbagliata?
"La scelta del rapporto con i movimenti, la contaminazione, come si dice oggi, nasce dal modo in cui, questi movimenti che hanno preso forza in ogni parte del mondo impostano in modo nuovo rispetto al passato una forte critica anticapitalista, individuano e costruiscono obiettivi e lotte. In questo quadro, credo che la scelta della nonviolenza sia elemento essenziale di una strategia anticapitalista".

Dove sta il problema ora, perché richiami ancora la "svolta" di cui sei stato protagonista?
La risposta è una specie di "elementare Watson". Riprende Occhetto: "La domanda da porre a Bertinotti è se l’innovazione che ha messo nel cantiere del partito, per la quale ha condotto un confronto anche duro con le minoranze, resta un fatto interno oppure si proietta all’esterno? Io credo che la svolta del sesto congresso dovrebbe essere messa a disposizione di un processo di riorganizzazione della sinistra. Sarebbe un errore se fosse mantenuta dentro una visione organizzativistica. .Più che un errore si aprirebbe una grave contraddizione fra le novità strategiche, di progettualità e la struttura organizzata che mantiene caratteri del passato".

La critica del Novecento, i movimenti, le forze motrici del cambiamento, la nonviolenza e la questione della pace, il ripudio della guerra.
Non c’è bisogno di molte parole. Occhetto parla dell’Iraq, dell’uccisione di Nicola Calipari, del rapimento e della liberazione di Giuliana Sgrena. "Al di là delle ipotesi fatte anche sul complotto, sull’agguato - afferma Occhetto - l’episodio è grave in sé. Le elezioni è stato detto che dovevano aprire la strada alla democrazia, rappresentavano spazi di democrazia, si avviava una fase di pacificazione. In realtà in Iraq si continua a morire. E i soldati americani sparano su tutto quello che si muove. Per di più si tratta di truppe straniere che operano in un paese che non è il loro, la sovranità nazionale di cui si parla ha ben poco a che fare con la realtà".

E la posizione del governo? "Una mia prima impressione è che il governo si sia presentato con il cappello in mano, abbia dato subito atto alla volontà di collaborazione espressa da Bush. E’ vero che è stato convocato l’ambasciatore ma non ci si doveva accontentare delle dichiarazioni di buona volontà. Ci voleva subito una nota di protesta, si doveva rimettere in discussione la nostra presenza in Iraq. Alla prova dei fatti la volontà di collaborazione non mi sembra ci sia stata. Lo stesso Fini ha dovuto operare una correzione di linea di cui prendo atto facendo presente che la versione fornita dagli Usa era diversa da quella fornita dal maggiore dei carabinieri che guidava l‘auto con a bordo Giuliana Sgrena e Nicola Calipari. Speriamo che sulla richiesta di sapere cosa è accaduto si vada fino in fondo e che le dichiarazioni del vicepresidente del Consiglio rappresentino l’inizio di una chiarificazione effettiva".

Dobbiamo batterci - conclude Occhetto - per conquistare la verità, onorando la memoria di chi ha sacrificato la propria vita, di chi è stato ucciso da quel fuoco che, grottescamente, si chiama "amico".

intervista raccolta da Alessandro Cardulli

Fonte

  • fonte: AprileOnLine.Info n. 216 del 09/03/2005

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