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Una nazione di assassini

Una nazione di assassini

(11 Maggio 2011) Enzo Apicella

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(Il nuovo ordine mondiale è guerra)

Nato, guerra al terrore degli USA e militarizzazione dell’Europa

(16 Settembre 2014)

il conflitto in Ukraina sta portando l’Europa in una direzione fortemente militarista e sta dimostrando la sua incapacità di guadagnarsi una indipendenza dagli Stati Uniti in ambito geostrategico e militare

warterrore

Nel suo nuovo libro “World order” Henri Kissinger, sostenitore del “realismo” nella politica imperiale USA, scrive che il concetto di ordine dell'era moderna è in crisi.
Oggi saremmo ad una svolta storica perché il crollo dell'Unione Sovietica non ha portato alla fine della storia e all'accettazione generale dei valori occidentali. Il problema è che ampie regioni del mondo non hanno condiviso e non si sono adeguate al concetto occidentale di ordine.
Secondo l’ex consigliere per la sicurezza nazionale e segretario di Stato degli Stati Uniti durante le presidenze di Nixon e Ford, nonché premio Nobel per la pace, la soluzione starebbe nella creazione di rapporti di potere basati sul sistema di Westfalia.
Se il sistema economico è diventato globale, ma la struttura politica del mondo resta basata sullo Stato-nazione, è necessario "un ordine mondiale di Stati che affermano la loro dignità e governance partecipatoria e che cooperano su scala internazionale secondo regole condivise, solo questa può essere la nostra speranza e dovrebbe essere la nostra aspirazione".
Kissinger è colui che definì la dottrina di Bush “rivoluzionaria” perché scardinava il modello westfaliano di ordine internazionale (tra i potenti) e il diritto internazionale che ne derivava, e approvava l'invasione dell'Iraq perché, ieri come oggi, solo gli USA hanno il “power to legitimacy”. http://www.latimes.com/books/jacketcopy/la-ca-jc-henry-kissinger-20140907-story.html.
Qual è per questo uomo politico, che giustifica la menzogna di un Presidente, la differenza fra la politica di Nixon e Bush e quella di Obama?
Con la tattica del “soft power” Obama ha colpito obiettivi su scala più ampia rispetto a Nixon e ci sono più vittime oggi usando i droni che ieri in Cambogia usando i bombardieri. http://ejas.revues.org/9157

Nato, guerra al terrore degli USA e militarizzazione dell’Europa

Nel Summit della NATO tenuto in Gran Bretagna e nel discorso annuale alla nazione, Obama ha dichiarato una guerra senza quartiere alla mortale minaccia dello Stato islamico, e ha annunciato la formazione di una nuova forza di risposta rapida per contrastare eventuali minacce provenienti dalla Russia. Sia la presenza di aziende militari al vertice NATO, dovuta al ruolo di supporto avuto nell’organizzazione, ammessa dal ministro britannico Matthew Hancock, sia la previsione di un lungo periodo di guerre regionali, ha permesso a Ronald Epstein, analista della Banca d’America Merrill Lynch, di affermare che ora si può dipingere un quadro idilliaco del mondo per l’industria bellica visto che gli europei sono preoccupati per quello che i russi stanno facendo vicino a loro, per quello che accade in Iraq e che fanno gli israeliani nella loro regione, infine per il gioco a rimpiattino fra cinesi e giapponesi nel Mare cinese meridionale.
http://www.presstv.ir/detail/2014/09/15/378823/us-defense-industry-wins-from-war-on-isis/
Al Summit nel Galles erano presenti General Dynamics, Raytheon, Lockheed Martin e MBDA: la prima fabbrica i missili Hellfire utilizzati dai droni schierati dagli Stati Uniti, Raytheon produce il sistema di puntamento per il drone Reaper usato nelle missioni segrete dalla CIA, Lockheed Martin fornisce servizi di supporto sia per il Reaper che per il Predator, MBDA Europa produce i missili Brimstone, una variante del missile Hellfire integrabile sugli UAV statunitensi.
https://www.gov.uk/government/news/leading-business-backs-nato-summit-in-wales

Il presidente Obama nel suo discorso alla nazione oltre che a lanciare una sfida al Congresso affermando che può intraprendere una azione militare senza il suo consenso, ha lasciato anche intendere che sarà necessario aumentare il budget della difesa. Il piano contro l’ISIS prevede infatti massicci attacchi aerei contro obiettivi in Siria e Iraq, l’invio di consulenti militari a Baghdad e personale in Arabia Saudita per addestrare le forze dei ribelli siriani moderati. Tutto ciò proprio quando un rapporto di Agence France-Presse (AFP) ha rivelato che ribelli siriani e jihadisti dello Stato islamico hanno concordato un patto di non aggressione. http://english.alarabiya.net/en/News/middle-east/2014/09/13/ISIS-signs-non-aggression-pact-with-Syrian-group.html.
Piuttosto che coordinare una risposta diplomatica per garantire la cooperazione e il consenso tra i principali soggetti locali, la Conferenza sulla pace e la sicurezza di Parigi ha definito una strategia globale di lotta contro lo Stato islamico in Iraq e Siria, facendo prevalere gli obiettivi di guerra degli Stati Uniti, ovvero la devastazione di Iraq e Siria. Questa risoluzione dà ragione ai leader politici iraniani quando affermano che la politica antiterrorismo degli Stati Uniti è caratterizzata da doppi standard, considerato che alcuni dei paesi della coalizione sono tra i sostenitori finanziari e militari di terroristi in Iraq e in Siria, e altri hanno rinnegato i loro doveri internazionali nella speranza di vedere cambiamenti politici da loro desiderati sempre in Iraq e Siria. Ma non solo, fa dire a Ramzy Mardini, membro del Centro per il Medio Oriente del Consiglio atlantico, che gli Stati Uniti “hanno fatto dell'incapacità di comprendere il Medio Oriente una tradizione, e lo confermano con la decisione di intervenire militarmente su più fronti contro lo Stato Islamico. Il presidente George W. Bush ha invaso l'Iraq nel 2003 sulla base di certezze e supposizioni infondate e scarsa lungimiranza. Washington ha frainteso anche i problemi e le opportunità della primavera araba del 2011, reputando, a torto, di poter piegarne l'esito a suo favore. E oggi, mentre gli Usa si preparano alla guerra contro lo Stato Islamico, è ancora la scarsa comprensione a portare la prima potenza mondiale verso l'ennesimo, tragico errore di politica estera”. http://www.lemonde.fr/proche-orient/article/2014/09/15/etat-des-lieux-des-participants-a-la-coalition-contre-l-etat-islamique_4487310_3218.html

La Camera dei comuni inglese ha espresso perplessità circa la legalità degli attacchi aerei in Siria se questi non fossero coordinati con il governo di Assad o decisi da una risoluzione dell’ONU (così come già rilevato dalla Russia), mentre per il segretario di Stato John Kerry per definire legittimo l’ordine (quello degli USA) bastano i singoli aspetti messi a punto dalla strategia del presidente Obama. Sulla cosiddetta strategia Obama, ha ben scritto Alberto Negri su Il Sole 24 Ore “La realtà è che Obama non cambia di un centimentro la fallimentare politica americana in Medio Oriente: in Siria e in Iraq ha deluso i sunniti ma anche gli sciiti, i rivoluzionari delle rivolte arabe e pure i conservatori e gli autocrati che hanno combattuto i ribelli. Ma ci tocca sostenerlo, se non altro per conoscere dai comandi americani quanto accade sul terreno ed evitare che l'onda lunga dei disastri mediorientali e nordafricani ci travolga”. http://www.independent.co.uk/news/world/middle-east/islamic-state-air-strikes-on-isis-in-syria-could-be-illegal-9734474.html Della pessima gestione dell’amministrazione americana parlano i recenti rapporti in cui si afferma che non solo che le armi made in Usa inviate nella zona dei ribelli siriani sonoo cadute nelle mani di ISIS http://conflictarm.com/images/dispatch_iraq_syria.pdf , ma anche quelle lasciate in Libia finiscono sui campi di battaglia di Libia, Iraq e in Siria, e poi per non creare problemi alla Turchia, le armi date ai curdi non devono finire in mano al Pkk. Tutto ciò ha fatto dire ad Amos Yadlin, ex direttore dell’intelligence militare israeliana, “questo panico da Stato islamico deve finire” .
Certo di poter contare sull’aiuto di contractor militari (mercenari), Obama ha pubblicato un avviso per quegli imprenditori che sono disposti a lavorare in Iraq per almeno 12 mesi
http://www.stripes.com/news/in-place-of-boots-on-the-ground-us-seeks-contractors-for-iraq-1.301798 , ma, come ha fatto The Nation, c’è da chiedersi “Chi paga gli esperti favorevoli alla guerra?” http://www.thenation.com/article/181601/whos-paying-pro-war-pundits
Si scopre così che ad alimentare i timori sull’ISIS, il gruppo radicale sunnita, sarebbero generali in pensione legati al Pentagono. Il generale Jack Keane è un grande esempio di questo fenomeno. Il suo think tank, Institute for the Study of War ha infatti fra i suoi sponsor Raytheon, SAIC, Palantir, General Dynamics, CACI, Northrop Grumman, DynCorp, e L-3 Communications. http://www.understandingwar.org/who-we-are . Jack Keane è anche il consulente strategico della società di sicurezza ACADEMI che ha operato negli Emirati Arabi Uniti e che ha affermato "è venuto il tempo per confrontarsi con il governo del Qatar perchè finanzia ISIS e altri gruppi terroristici islamici come Hamas”. Eppure si sa, come dichiarato da Günter Meyer, Direttore del Centro di ricerca del mondo arabo presso l'Università di Magonza, che non vi sono dubbi che ISIS ottiene finanziamenti soprattutto dall'Arabia Saudita oltre che il Qatar, il Kuwait e gli Emirati Arabi Uniti. La motivazione per tutti è quella che servono a sostenere la lotta dei ribelli contro il regime del presidente Bashar al Assad in Siria. http://www.dw.de/who-finances-isis/a-17720149 Nell’elenco vi è pure il generale Anthony Zinni, membro del consiglio di BAE System e consulente di società private di investimento e formazione per piloti di droni.
Nella cascata di dollari richiesti dal Pentagono (2 miliardi) per le operazioni militari, non poteva non esserci un richiamo al caccia F-35. In un clima così favorevole alla guerra anche un aereo pieno di problemi può sperare in un grande futuro. http://mobile.bloomberg.com/news/2014-09-09/obama-said-to-seek-billions-extra-for-islamic-state-fight.html
Sebbene il JSF sia ancora in fase di test e la sua pena operatività è prevista per il 2017-2018, la volontà di acuire il conflitto con la Russia riporta al centro la dottrina del potere aereo così cara alla NATO http://www.buzzfeed.com/tasneemnashrulla/thousands-of-russian-troops-in-ukraine-as-stealth-invasion-g#1uxr70h

Secondo i generali del Japcc, JOINT AIR POWER COMPETENCE CENTRE (NATO), la prova concreta della superiorità aerea come chiave della vittoria è la crisi militare in Ucraina, visto che le truppe lealiste di Kiev hanno perso una trentina di velivoli e non riescono a sfondare realmente ad Est http://www.cesi-italia.org/component/k2/item/953-nato-serve-una-gamba-europea-ma-l%E2%80%99europa-non-lo-sa.html

La NATO ha sempre bisogno di creare o alimentare nuove minacce e ridefinire la sua struttura, le sue funzioni, le sue capacità e alleanze. Attualmente il contesto strategico si è spostato: da Kabul a Kiev e Kirkuk, la sicurezza occidentale è esposta ad una forte destabilizzazione dovuto ad un mercato sempre più competitivo. http://www.nato.int/cps/en/natohq/official_texts_112964.htm Come deve essere allora la NATO? Robusta e decisa, ridimensionata e reattiva o inerte?
Quella più attendibile e più efficace è probabilmente quella organizzata a matrice: gruppi di stati legati per vicinanza geografica, valori comuni, percezioni di minacce specifiche. http://www.aei.org/outlook/foreign-and-defense-policy/defense/nato/pooling-and-sharing-the-effort-to-enhance-allied-defense-capabilities/
Nel vertice la risposta sta nel modo con cui ha rassicurato gli alleati dell’Europa orientale: 10 Stati fra cui la Svezia (non NATO ma partner) hanno dispiegato schieramenti militari (forza di reazione rapida) con esercitazioni disponibili in tutta la gamma di aria, terra e mare.
Quella soprannominata “Rapid Trident” è stata fissata per il 13-26 settembre e coinvolgerà più di una dozzina di paesi. Il colonnello Steven Warren, portavoce del Pentagono, l’ha definita "un esercizio di mantenimento della pace” http://www.eur.army.mil/RapidTrident/

Per aumentare le capacità della NATO di influenzare il processo decisionale russo in Ucraina (e interessarsi militarmente in Nord Africa e Medio Oriente), e per rispondere alla sfida siriana con relativi problemi di immigrazione, i paesi alleati devono aumentare il budget della difesa sino al 2% del Pil. A questa richiesta il ministro italiano Matteo Renzi ha detto che ciò sarebbe possibile solo se gli investimenti per la sicurezza venissero stralciati dai vincoli imposti dal Patto di stabilità.

Nel frattempo si è deciso che l’Ukraina riceverà armi da USA, Francia, Italia, Polonia e Norvegia, anche se ufficialmente l’Alleanza abbia detto che questa decisione è solo una possibilità di singoli alleati che desiderano farlo. La Germania si è impegnata a rafforzare le capacità aeree e navali nel mar Baltico e a raddoppiare la sua presenza nel quartier generale dell’Alleanza in Polonia.
Questa decisione, che Berlino avrebbe escluso fino a pochi mesi fa, è frutto di quel compromesso che rientra nel concetto di “nazioni quadro”, cioè la formazione di gruppi di alleati che si concentrano su capacità specifiche per rendersi immediatamente disponibili. Ogni cluster ha una leadership incaricata di guidare lo sforzo.
Stessa decisione è stata presa con i curdi del nord dell’Iraq da parte di USA, Italia, Francia, Gran Bretagna e Germania. Di solito la Germania si rifiuta di esportare armi in zone di conflitto, ma in questo caso è prevalsa la considerazione fatta dall’Europa che è necessario sostenere la resistenza dei curdi contro l’avanzata dell’ISIS.
Differentemente dall’Italia, che ha visto nominare la ministro Mogherini Alto rappresentante dell’Unione europea per la politica estera e di sicurezza comune (Pesc), incapace, prima ancora che impossibilitata, di proporre una idea di difesa comune europea, la Germania si impone singolarmente come potenza decisionista e trainante. Anche rispetto alla imposizione della NATO di aumentare il budget della difesa, la Germania spende 1,4% del suo Pil, il ministro della difesa Von der Leyen ha detto chiaramente che non ce n’è bisogno. La Mogherini invece ha espresso la solita ambiguità italiana tutta pace e guerra (le due facce della stessa medaglia) sempre pronta ad accontentare gli USA.
“L'Italia ha deciso l'invio di armi, munizioni e soprattutto l'invio di materiale per il sostegno umanitario, che è una priorità" ha dichiarato Mogherini dopo il vertice di Parigi.
Così mentre l’Italia si impegna in tutte le avventure volute dagli USA e dalla NATO, la Germania fa sempre delle scelte in linea con la volontà di penetrare i mercati, in particolare quelli dell’est europeo. Sfruttando la crisi dovuta all’indebitamento internazionale della Jugoslavia, ha riconosciuto l’indipendenza della Croazia incoraggiando il processo di disintegrazione, ugualmente sta facendo con la crisi ucraina (insieme a Francia e Polonia ha riconosciuto immediatamente Oleksandr Turchynov dopo la deposizione di Viktor Yanukovich) acuendo di fatto il conflitto interno. Persino il Guardian ha dovuto ammettere che l’Europa e gli USA hanno sostenuto, e sostengono, forze naziste a Kiev in chiave anti-russa. Nell’articolo qui riportato si parla del battaglione Azov della Guardia Nazionale Ucraina che combatte contro i separatisti pro-Russia.
E’ incredibile però che anche in questo caso si debba trovare il modo di mantenere in piedi la demonizzazione di Putin. http://www.theguardian.com/world/2014/sep/10/azov-far-right-fighters-ukraine-neo-nazis

E’ indubbio che il conflitto in Ukraina sta portando l’Europa in una direzione fortemente militarista e sta dimostrando la sua incapacità di guadagnarsi una indipendenza dagli Stati Uniti in ambito geostrategico e militare. Tanto è vero che oltre la creazione di una forza di reazione rapida a guida NATO, paesi europei come Estonia, Lituania, Lettonia, Danimarca, Norvegia e Paesi Bassi costituiranno una secondo corpo di spedizione a guida britannica. Così invece di forzare verso una risposta diplomatica nel conflitto ucraino con la Russia, l’Europa continua ad adottare la linea dura delle sanzioni causando reazioni che mettono in difficoltà proprio i paesi europei con notevoli perdite finanziarie con la perdita di quote di mercato, e mettendo a rischio la sua sicurezza energetica. E’ mai possibile che debba essere la NATO a rispondere dei problemi energetici dell’Europa http://www.nato.int/docu/review/2014/NATO-Energy-security-running-on-empty/IT/index.htm in un periodo, fra l’altro, di enorme crisi economica che provoca tensioni sociali a cui, anche in questo caso, l’élite dominante europea pensa di mettere a tacere con la repressione e la eliminazione delle più semplici regole democratiche?

Rossana De Simone

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