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(15 Agosto 2012) Enzo Apicella

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    NON E' UN FALLIMENTO COMUNISTA

    (30 Settembre 2014)

    NON E’ UN FALLIMENTO COMUNISTA
    Sindacato conflittuale e di classe, lo sento e lo leggo spesso e, pur
    condividendo la definizione, provo un brivido per il sottinteso che a
    volte evocano queste parole.
    Vengo al dunque, ricordando uno degli elementi della battaglia che il
    collettivo di Ross@ Savona ha portato avanti a livello nazionale. Mi
    riferisco alla proposta di non ammettere più la doppia tessera
    nell’organizzazione.
    Le ragioni di questa proposta sono note, così come lo sono quelle di
    chi, al contrario, intende mantenere la doppia tessera, per questo mi
    limito a ricordare una delle ragioni a sostegno delle tesi savonesi.
    Ross@ delle origini, forse per un nostro malinteso, aveva il compito
    di favorire il superamento delle mille parrocchie “sinistre” italiane
    e permettere un processo unitario.
    Non è il caso, qui, di approfondire ulteriormente, per la semplice
    ragione che, anche i più critici nel firmamento “sinistro” sanno di
    cosa parlo e, a volte in teoria, altre con piena convinzione,
    sostengono la stessa aspirazione.
    Quello impossibile da immaginare era il fatto che, anche in un
    movimento nato con questa premessa, si trovassero in maniera
    consolidata le stesse contraddizioni che volevamo superare favorendo
    il lavoro unitario.
    Ho in mente l’obiezione, alla proposta di Savona, secondo cui gli
    iscritti al sindacato dovrebbero scegliere fra il sindacato stesso e
    Ross@. Mi domando che concezione del sindacato sottintende
    un’obiezione di questo tipo.
    Dal punto di vista comunista cos’è il sindacato? Un organismo di massa
    che ha il compito di organizzare i lavoratori per strappare migliori
    condizioni di vita e di lavoro. In quest’ambito affianca l’azione del
    partito il quale, su un piano politico generale fa sì che anche
    l’azione sindacale si inquadri nel processo più generale di lotta alla
    borghesia.
    Ross@ non è un partito, è chiaro, men che meno comunista, ma basta
    questo per attribuire al sindacato il ruolo proprio del partito? E se
    non è così come si può pensare che la tessera sindacale sia
    inconciliabile con la permanenza in un movimento o, nell’ipotesi più
    auspicabile, in un soggetto politico comunista? Si tratta di un
    equivoco sulla proposta savonese? Difficile pensarlo.
    Ecco, quindi, che il “conflittuale e di classe” in questo caso
    sottende ad una concezione renzista di “sinistra”, secondo la quale il
    partito non serve perché sarebbe bastevole il sindacato
    “rivoluzionario” costruttore e gestore del cosiddetto “blocco
    sociale”. La cosa, forse, corrisponde ad una mini fotografia di una
    mini realtà, ma bastevole a far pensare, perlomeno in coloro che la
    propugnano in questi termini, che la questione partito sia di fatto
    superata, magari sostituita dall’influenza politica, più o meno
    illuminata, di una fetta della galassia “comunista” movimentista, che
    preferisce vivacchiare, come molti altri, nell’ambiguità di un
    processo che esclude qualsiasi confronto dialettico al di fuori del
    cenacolo auto costruito.
    La cosa grave, a mio modo di vedere, consiste anche nel fatto che
    manca la capacità di rapportarsi all’esperienza storica della stessa
    CGIL. Forse, se lo si facesse, qualcuno si accorgerebbe che sta
    ripercorrendo strade che egli stesso giudica negative, con particolare
    riferimento al rapporto tutt’altro che ortodosso, dal punto di vista
    comunista, intercorso fra la CGIL e il suo partito di riferimento.
    Si dirà che è acqua passata, che le contraddizioni dell’attualità sono
    “nuove” e “diverse” e che richiedono strumenti nuovi, non quelli
    superati, usati dalla vecchia guardia comunista. Ricordo a tutti che
    nessun partito o movimento, che non sia funzionale agli interessi
    della stessa borghesia, può reggersi sull’effigie della Marilyn
    Monroe di turno.
    E’ storia vecchia, anzi, è storia vecchia di tanti naufragi, l’idea,
    in auge nel mondo della sinistra da qualche decennio, di usare la
    star, o supposta tale, di turno, per dare visibilità e soprattutto
    credibilità, ad un movimento di sinistra. Il movimento o, meglio
    ancora, il partito comunista più credibile è quello in cui le star,
    una volta compreso il meccanismo che gli ha permesso di considerarsi
    tali, tornano ad essere semplici militanti, nella consapevolezza che
    l’unico che può giudicare è sempre e comunque il partito.
    Ross@ si accinge alla riunione di domenica 5 ottobre e lo fa con lo
    stesso criterio, ambiguo, che le ha permesso di dare diritto di
    cittadinanza al suo interno ai rifondaroli “tsipristi”, a compagni che
    sin’ora li hanno contrastati e a compagni che cavalcano tutto e tutti
    con criteri in apparenza unitari, senza porsi il problema
    dell’inconciliabilità delle posizioni socialdemocratiche con quelle
    comuniste.
    Si badi, non siamo di fronte a contraddizioni di tipo ideologico pure
    e semplici, bensì ai risvolti pratici di queste. Nello specifico
    l’elemento di fondo imprescindibile è la necessità del partito
    comunista ed è la questione dell’alternativa reale alla società
    capitalistica.
    Un insieme di elementi contraddittori: di sindacato, evidentemente
    inteso come partito; di aspiranti all’unione con capitalisti buoni
    contrapposti a quelli cattivi; di comunisti o supposti tali paghi di
    esercitare un’influenza su pezzi del calderone così imbastito. E’ il
    sigillo dell’ennesimo fallimento a sinistra. Sarebbe bene esserne consapevoli.

    G.Angelo Billia

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