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ADATTARSI AL PD? RISPOSTA AD UN ARTICOLO DI ENZO SCANDURRA

(14 Ottobre 2014)

“La mutazione darwiniana del PD renziano”, sotto questo titolo il Manifesto del 13 Ottobre dedica ampio spazio a un articolo di Enzo Scandurra che finisce con il sollevare interrogativi piuttosto inquietanti.
La tesi che l’autore sostiene è contenuta, grosso modo, nel catenaccio che recita: “Il partito democratico è il più adatto a sopravvivere nella geopolitica italiana e europea. Capire perché vince è compito nostro se la sinistra non vuole fare la fine dei dinosauri”.
E l’articolo si conclude con questa frase: “..Perché poi le idee del PD –R (nel senso di Partito Democratico Renziano n.d.r.) siano le più adatte ad avere successo è una storia ancora tutta da scrivere ma che faremmo bene a capire al più presto -raccogliendo l’appello lanciato da Norma Rangeri – se non vogliamo fare la fine dei dinosauri, i quali dopo aver dominato in maniera incontrastata il pianeta per 160 milioni di anni, diventarono ecologicamente insostenibili e si estinsero lasciando il campo ad altri viventi più adatti”.
Cosa significano queste parole?
Il mutare delle regole e delle condizioni nella convivenza umana, cui l’agire politico è strettamente legato, sono da considerare fatti naturali e quindi soggetti a mutamenti che non sono causati da fatti storici?
Esiste un “ambiente” neutro che muta le proprie condizioni di abitabilità per via delle piogge, dei venti, della temperatura atmosferica, dell’eruzione dei vulcani, della caduta delle meteoriti e sulla base delle condizioni imposte da questo “ambiente” ci si adatta e di conseguenza si agisce?
Sono sparite le grandi contraddizioni sociali, moderne e post-moderne, sulla base delle quali si dovrebbe sviluppare l’azione politica di soggetti diversi che seguono interessi complessi e articolati, in certi casi alternativi tra di loro come quello dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo che genera lo scontro di classe?
Lo scontro di classe, nel caso indicato da Scandurra, resterebbe per così dire “congelato” all’interno del quadro delle condizioni date alle quali i soggetti dovrebbero cercare di adattarsi, nell’impossibilità di mutarle.
Sembrano perfino troppo per il PD renziano che non nasce da un cataclisma tellurico, ma da precise scelte compiute da ceti sociali e politici perseguenti l’intenzione di sopraffare determinati settori della società e allargare il proprio potere.
Oppure siamo ad una sorta di “onnipotenza” da parte di chi è capace di adattarsi all’ambiente circostante, traendo da questa sua capacità una possibile sopravvivenza.
Spariscono in questo modo due riferimenti ai quali la sinistra ha sempre guardato: l’idealismo hegeliano e il marxiano “abolire lo stato di cose presenti”.
Davvero è difficile comprendere se ci troviamo dentro alla facile categorie dei dinosauri usata da Scandurra (quasi il paio con la “rottamazione” del Renzi antemarcia).
Più facile rendersi conto che le grandi contraddizioni sociali delle quali la sinistra è chiamata ad occuparsi, sia per via rivoluzionaria, sia per via riformista, sono tutte lì, in bella evidenza, nella crudezza della sopraffazione e dello sfruttamento.
Dimenticare questo elemento decisivo dell’assoluta attualità delle “fratture” sociali e politiche per assumere le sembianze necessarie per brucare l’erba dai cespugli più bassi significa rinunciare davvero al senso della storia e alla stessa dignità della lotta quotidiana necessaria per difenderci e, possibilmente, avanzare.
Emerge dall’articolo di Scandurra (ma anche da quello della Rangeri che è stato citato) un senso quasi “universale” dell’irrimediabilità della sconfitta.
Siamo qui nell’Italia provinciale, lontana periferia dell’Impero: ma adattarsi al PD perché “vincente” non pare proprio il caso, rifiutando con grande nettezza questa logica assurda dei dinosauri.
Se si va in giro e si guarda alla materialità delle condizioni di vita delle masse popolari si trovano mille ragioni per sentirsi moderni, capaci di interpretare la realtà e proporsi di mutarlo questo fasullo ambiente naturale che ci circonda.
Con l’obiettivo, come scrisse una volta Rossana Rossanda di: “Cambiare questa società, pietra, su pietra”.

Franco Astengo

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