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Trayvon

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(20 Luglio 2013) Enzo Apicella
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REGIME, OPERAI, REPRESSIONE

(18 Ottobre 2014)

In Italia la costruzione di un regime di stampo autoritario è ormai in una fase avanzata e la gran parte delle forze politiche e sociali che dovrebbero sviluppare una forte opposizione al riguardo si muovono con una determinazione del tutto insufficiente, dimostrando (almeno, se non peggio) una buona dose di miopia.
Si è cercato, nei mesi scorsi, di analizzare con il massimo dell’attenzione possibile i diversi passaggi che hanno segnato questa fase di costruzione del regime, segnando i tratti di una svolta autoritaria: sia sul piano della formazione di un blocco di gestione capitalistica che intreccia finanza, politica, giornali, televisioni (nella piena applicazione del famoso documento di “Rinascita Nazionale” stilato dalla P2 di Licio Gelli nel 1975) come dell’adozione di regole che sul piano istituzionale riducano nella sostanza negli spazi democratici ribaltando i presupposti di fondo della Costituzione Repubblicana (trasformazione del Senato e delle Province, legge elettorale in itinere con l’idea di un abnorme premio di maggioranza riservato a un solo partito e neppure a una coalizione) per concludere con una fortissima spinta alla personalizzazione nell’impersonificazione del potere (elemento molto diverso dalla semplice personalizzazione della politica che aveva portato negli ultimi vent’anni al formarsi, a destr a come a sinistra, di “partiti personali” più o meno duraturi o effimeri).
Tutto questo si è già in parte realizzato oppure è in fase di completamento mentre appare evidente un processo di anestetizzazione di gran parte dell’opinione pubblica, di allontanamento dall’impegno politico e sociale (pensiamo, come semplice e limitato esempio al crollo verticale nell’iscrizione ai partiti ormai ridotti a semplici luoghi utili per la “fila d’attesa”), del calo costante nell’espressione di voto (scesa al 58% nell’occasione delle ultime elezioni europee), alla perdita di ruolo dei grandi corpi intermedi, alla stessa contrazione dell’associazionismo con il volontariato affidato alla spontaneità e le grandi centrali della “solidarietà” sempre più istituzionalizzate.
Un regime però non è un regime senza la dimostrazione di un’immediata capacità repressiva esercitata sulle piazze.
Una capacità repressiva da svilupparsi avendo di fronte l’identificazione precisa di un “avversario”. E l’avversario sono gli operai: ben oltre centri sociali, studenti . movimenti “parziali” di specifica contestazione (i vari “NO” a partire dal NO TAV).
Quella da combattere è ciò che rimane dell’antica centralità della classe operaia che ancora tenta di esprimersi: è stato così a Milano qualche giorno fa, è stato a Torino e a Terni ieri, 17 Ottobre.
La dimostrazione verificatasi a Torino è risultata assolutamente emblematica della stagione che ci attende: la polizia schierata alle manifestazioni operaie pronta a intervenire subito, al primo cenno, con una violenza che il prudente Landini ha definito “sproporzionata” (come se ci fosse da ricercare una proporzione in questi casi) e che invece va subito definita e denunciata come “violenza pura”.
Occorre rendersi conto che siamo di fronte a questo stato di cose.
E’ necessario sviluppare una fortissima mobilitazione sul piano sociale: lo reclamano le condizioni materiali dell’impoverimento generalizzato, della disoccupazione, della distruzione di quel che era rimasto di stato sociale ma soprattutto lo impongono le condizioni drammatiche in cui versa il quadro democratico.
Ancora una volta il tema è quello dell’opposizione.
Un’opposizione che si sta esprimendo in maniera esitante, in assoluto ritardo rispetto ai tempi veloci della repressione.

Patrizia Turchi e Franco Astengo

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