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(14 Novembre 2010) Enzo Apicella

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TRASVERSALITA’, SPAZI POLITICI, QUESTIONE COMUNISTA

(21 Ottobre 2014)

“Matteo apre la campagna acquisti del PD”; “Silvio offre a Matteo la dolce morte di Forza Italia”: questi sono i titoli di maggior interesse nel momento in cui si apre la direzione del PD che dovrebbe trattare il tema della “forma-partito”.
Questo testo è scritto in anticipo rispetto alle conclusioni dei lavori che dovrebbero rilanciare con grande forza la linea della “vocazione maggioritaria”.
Un anticipo che si ritiene necessario al fine di sviluppare un’analisi più avanzata di quella che viene tentata da più parti, sia dai mezzi di comunicazione di massa sia dai politologi.
Un’analisi, quella corrente, che si può riassumere in due termini : “trasversalità” e “Partito della Nazione”.
Una valutazione complessivamente in ritardo rispetto alla realtà dei fatti e alle stesse prospettive politiche.
Ci troviamo, infatti, già collocati ben oltre la “trasversalità” e il “Partito della Nazione”.
Siamo di fronte alla tentazione molto forte e molto concreta di presentare (complice anche la legge elettorale) al giudizio delle elettrici e degli elettori una forma politica che chiederà di essere “plebiscitata”: una forma politica collocata perfettamente in linea con la “vocazione autoritaria” (elemento ben diverso da quello della “vocazione maggioritaria”) incarnata dal Presidente del Consiglio e segretario del PD in sintonia con le pulsioni repressive che salgono da una parte molto consistente del blocco economico – finanziario – politico che regge con ferocia le sorti del capitalismo italiano.
Siamo già ben oltre anche a quella nozione di “populismo” di cui tanto si era discusso fino a qualche mese fa e della quale è stato vittima anche lo stesso Beppe Grillo, incapace di schiodarsi dall’antipolitica di professione risultando, tra l’altro, alla fine una pallida imitazione del dominus di un “partito personale”.
Dove ci troviamo allora? Prendendo spunto da una definizione di qualche annoi fa del prof. Sartori in una “videocrazia fascista”.
Non a caso Giulia Bongiorno (una che se ne dovrebbe intendere) ha bollato Renzi nel corso della sua più recente esibizione in TV, quella relativa alla proposta del bonus-bebè di 80 euro, come “preistorico e mussoliniano”.
Il sistema , nel suo complesso, sta inchinandosi a questo drammatico stato di cose nella convinzione che il Paese sia sfibrato e che gran parte delle cittadine e dei cittadini, accogliendo in pieno l’opzione gramsciana dell’eversione delle classi dirigenti, non aspetti altro che affidarsi alle braccia dell’Uomo della Provvidenza.
Intanto, sul piano delle dinamiche internazionali, sta verificandosi un fatto di primaria importanza che la roboante prosopopea del nostro ceto politico cerca di tenere sotto traccia: all’interno del nuovo quadro geopolitico contraddistinto dal ritorno del bipolarismo a livello globale stanno riedificandosi i termini di un recupero dell’idea nazionalista; dopo il fallimento della globalizzazione e della sovranazionalità questo fatto era il minimo che ci si potesse attendere.
La destra ha già capito al volo di che cosa si tratta e attorno al successo del Front National in Francia si sta attrezzando gattopardescamente per far passare come nuovo il “ritorno del sempre uguale”.
La Lega Nord, in Italia, ha sicuramente intuito che la “vocazione maggioritaria” di Renzi lascia comunque ampi spazi politici e si è attrezzata per colmare il proprio recuperando i “fondamentali” del razzismo, dell’autarchia, della società “legge e ordine”, addirittura del nazionalismo collocandosi con precisione all’estrema destra e avviando una collaborazione con quei gruppi e movimenti che tradizionalmente hanno sempre occupato quello spazio politico.
E a sinistra?
Le condizioni di agibilità politica sul piano e teorico (e sulla base del bagaglio accumulato) ci sono tutte, identiche rispetto a quelle dell’opposto versante.
Alla chiusura nazionalistica non va risposto con la stupidaggine dell’Europa ma con l’internazionalismo nella sua essenza teorica più pura e diretta; alle condizioni materiali dettate dalla gestione capitalistica del ciclo non va risposto con la richiesta di autarchia ma con la lotta di classe.
Il ritardo fin qui accumulato nella capacità, da parte della sinistra italiana, di esprimere ancora e di nuovo, com’è necessario e urgente, i propri “fondamentali” non deve farci paura e neppure rallentare, per una prudenza ingiustificata, il nostro cammino.
L’opposizione di sinistra deve essere caratterizzata dalla riproposizione della questione comunista a partire dal tema della soggettività organizzata.
Questo portato del ritorno ai fondamentali della “questione comunista” va portato avanti in piena autonomia, comprendendo appieno come il quadro politico di oggi non consente agganci o deviazioni opportunistiche.
Occorre muoversi in questa direzione fronteggiando con l’opposizione i rischi di un inasprimento della deriva autoritaria e di un ulteriore scivolamento a destra compiendo, nello stesso tempo, una grande operazione di fuoriuscita dal minoritarismo e dalla cultura della sconfitta ponendo per intero, qui e oggi, la questione della presenza organizzata dell’area comunista e d’alternativa anticapitalista in Italia.

Franco Astengo

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