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Recensione a "Dove sono i nostri" di Clash City Workers

(31 Ottobre 2014)

dovesono

Clash city workers, Dove sono i nostri, lavoro, classe e movimenti nell’Italia della crisi,
La Casa Usher, Volo, Firenze - Lucca, 2014, pp. 202, € 10,00.



Dove sono i nostri. A pronunciarlo, il titolo, suona più come una domanda. In questi anni, decenni ormai, con la scomparsa della figura dell’operaio-massa, la tuta blu, così come tradizionalmente concepita, tutti i movimenti antagonisti che si sono prefissati di mutare la realtà si sono posti soprattutto questo quesito. Soprattutto in Italia, dove il movimento operaio è stato indiscusso protagonista politico per tutta la Prima repubblica, ci si è chiesti quale fosse la classe, il settore sociale, su cui puntare per trasformare l’esistente. Le risposte, ad oggi, sono sembrate più che altro palliativi, tra le moltitudini, i ritorni di corporativismo e l’elusione della questione sociale, con l’approdo, magari, alla rivendicazione dei soli diritti civili. Nessuna di queste elaborazioni teoriche, ad oggi, ha però retto il confronto con la realtà, rimanendo infruttuosamente sulla carta; nessuna è stata all’altezza delle pulsioni ideali e concrete di cui è stato capace il comunismo con la centralità del conflitto capitale/lavoro.
È così che, di recente, la domanda è diventata affermazione, in un volume di discreta diffusione, già elogiato da buone recensioni e apprezzamenti. Una particolarità, pressoché inedita in saggi di questo tipo - salvo non si faccia riferimento alla “conricerca” degli anni Settanta del Novecento - , è data dal fatto che la redazione non sia spettata a tecnici, accademici o politici addetti ai lavori ma a persone che vivono nel quotidiano la realtà analizzata. Autore è, difatti, il Collettivo di area antagonista dei Clash city workers, oggi presente in diversi contesti metropolitani, venuto in essere sul finire del 2009, e formato da giovani e quindi, oggi per antonomasia, precari, attivi nelle battaglie sindacali, abitative, ambientali e antifasciste. L’esigenza era quella di fare il punto e fornire un concreto strumento d’analisi per comprendere il mondo del lavoro odierno e quindi operarvi. Ne è sortita una pubblicazione a cavallo tra la ricerca, poggiata anche sulla documentazione Istat e su altra di tenore istituzionale, e l’inchiesta. E certo che non poteva mancare l’affermazione perentoria di Mao: “Senza inchiesta non si ha il diritto di parlare”. Il mondo del lavoro è, infatti, scandagliato su tutte le sue sfaccettature, e per ognuna di esse è analizzata la struttura, la diffusione sul territorio, le divisioni di genere, le mutazioni in atto e il livello di conflittualità, con alcuni esempi concreti. Si va dalle professioni produttive, tradizionali, a quelle “improduttive”, intellettive (“Cognitariato diffuso”) o quanto altro che, si vagheggiava un tempo, avrebbero liberato l’uomo dalle fatiche dello sfruttamento e dall’alienazione del lavoro dipendente e perciò fatto venir meno la linfa vitale della lotta di classe. Il quadro che emerge dice tutt’altro, soprattutto a seguito della crisi globale. Settori di lavoro dipendente un tempo, ad esempio, ritenuti aristocratici e garanti della stabilità sociale si sono dovuti scontrare con la precarizzazione mobilitandosi, anche con una certa combattività. Una condizione di insicurezza e incertezza che accomuna ampi spezzoni lavorativi che in tempi passati non avevano tra loro sostanziali relazioni ma che oggi possono, o potrebbero, condividere rivendicazioni e battaglie.
C’è, infine, un fenomeno di cui si fa cenno in alcune parti del testo, caratteristico dell’Italia del Governo Renzi, con l’impetuosa crescita di un’industria che si vuole modello e fiore all’occhiello del Made in Italy, per il suo afflato neocorporativo e aconflittuale, legata in special modo alla gastronomia. È il caso di Eataly, ove proprio il Collettivo ha avviato un lavoro di denuncia delle condizioni di sfruttamento che vi si verificano, ormai assurte alle cronache, come il limite d’una bottiglietta d’acqua al giorno per lavoratori che stanno costantemente accanto a forni e fornelli. Insomma, oggi come ieri, Signor padrone non s’arrabbi.
Dove sono i nostri si avvale, ovviamente, di numeri assoluti e di grafici che però non debbono scoraggiare il lettore. Nello sfogliare queste pagine, almeno che non si sia milionari, in €uro, non si può non riconoscersi quantomeno in una delle condizioni di lavoro, e di vita, prese in esame. In esse ci sono i nostri, ci siamo noi.

Silvio Antonini

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