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(Lotte operaie nella crisi)

RINASCONO LE LOTTE IN ITALIA

(25 Novembre 2014)

Le/i compagne/i della rivista “Viento Sur” dello stato spagnolo ci hanno chiesto un articolo che facesse il punto sulla situazione delle mobilitazioni nel nostro paese. Ovviamente l’articolo è rivolto a lettrici/lettori che non vivono la realtà quotidiana del paese. Quindi l’articolo cerca di rendere chiari elementi che il più delle volte noi diamo per scontati. Può comunque essere utile riprodurlo anche nella sua versione in italiano. L’articolo in spagnolo può essere letto qui.

rinascono

Da anni l’Italia è sottoposta a politiche che massacrano i diritti, le condizioni di vita, le libertà democratiche delle classi popolari. Il governo di destra di Berlusconi (2008-2011), il governo “tecnico” di Monti (2011-2013), il governo di centro “sinistra” di Letta (2013) e, per venire ai giorni nostri, quello di Renzi (tutti e tre sotto la supervisione del presidente della Repubblica Napolitano, a capo dello stato dal 2006), hanno condotto in maniera sempre più esplicita e determinata dure politiche di austerità.

Sul piano istituzionale sta progredendo una riforma mirante a consegnare nelle mani di pochi ogni leva del potere. Si vuole trasformare il Senato in un ridicolo organo di 100 persone non più elette liberamente dai cittadini, ma nominate dall’alto e, comunque, privo di qualsiasi reale autonomia decisionale. Stessa sorte hanno già subito i 100 consigli provinciali, anch’essi nominati e non eletti, utili solo per collocare i notabili che non riescono a farsi eleggere altrove. Anche la nuova legge elettorale in discussione prevede un sistema in cui solo due partiti possano avere ruolo politico e presenza nelle istituzioni; permette al partito di maggioranza, anche se fortemente minoritario sull’insieme degli elettori, di detenere una maggioranza assoluta in parlamento, a scapito della rappresentanza reale del paese e della democrazia. In base a questa proposta di legge, anche per la Camera, la maggioranza dei deputati verrebbe nominata dall’alto. Inoltre si prevede di introdurre pesanti limitazioni alla possibilità di ricorrere al referendum (cioè alla diretta espressione popolare, anche in base alla esperienza dei referendum del 2011) e alla possibilità di promuovere dal basso progetti di leggi popolari. Si vuole alterare l’impianto originario della Costituzione, riducendo o ostacolando la libera partecipazione delle cittadine e dei cittadini alla vita politica e sociale. Anche su questa questione determinate è stata la pressione, impropria e anticostituzionale rispetto al suo ruolo di garante, del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Sul piano economico, la riforma costituzionale che obbliga al “pareggio di bilancio” impedisce formalmente ogni forma di intervento pubblico in economia, spingendo lo stato centrale e le autonomie locali a processi di privatizzazione generalizzati. Tutto ciò, in un contesto di crisi che dura dal 2008 e di profonda recessione (PIL negativo da due anni…), allarga la crisi occupazionale che coinvolge formalmente più di tre milioni di persone (un tasso di disoccupazione che già sfiora il 13%, con una punta del 42% tra i giovani), a cui vanno aggiunti altri tre milioni che hanno rinunciato a cercare lavoro e oltre 600.000 collocati in cassa integrazione, cioè in quella che potrebbe essere definita una condizione di “disoccupazione temporanea”.

I posti di lavoro persi negli anni di recessione sono oramai oltre un milione e mezzo, con decine di aziende piccole e medie che ogni giorno annunciano la chiusura.

I poveri superano i tre milioni (l’8% delle famiglie), dieci milioni se si considera la “povertà relativa” (quasi il 13% delle famiglie). Sono numerosissimi (anche se non appaiono nei dati statistici) i cosiddetti Working poor.

Massacro sociale

Nel frattempo, sul piano sociale, i colpi dei vari governi si sono abbattuti su tutte le conquiste degli anni 60 e 70 del secolo scorso. Le pensioni sono state massacrate da varie “controriforme”, ultima e la peggiore quella del novembre 2011 del governo Monti-Fornero, che ha drasticamente innalzato di 5 anni l’età del pensionamento e cancellato ogni possibilità di pensionamento anticipato.

I contratti nazionali che avevano garantito dalla fine degli anni 60 una solidarietà di classe tra lavoratrici e lavoratori di tutto il paese sono stati destrutturati e trasformati in gran parte in strumenti per aumentare lo sfruttamento.

I salari sono stati bloccati, fino dal 2010, con un blocco anche formale per i dipendenti pubblici, nella sostanza anche per i privati. Gli orari di lavoro sono stati aumentati attraverso vari strumenti, incrementando con ciò la crescita della disoccupazione e quindi la pressione sociale dei senza lavoro, disposti ad accettare un posto di lavoro a qualunque condizione.

Un grande numero di lavoratori (alcune centinaia di migliaia) che avevano perso il lavoro ma che, con le nuove norme pensionistiche) non avevano più diritto alla pensione sono stati lasciati senza alcun reddito.

L’assistenza ai senza lavoro è stata ulteriormente ridotta, diminuendo i redditi di sostegno e la loro durata, anche qui per spingere i disoccupati alla disperazione e ad accettare qualunque possibilità di lavoro.

La spesa pubblica sociale è stata drasticamente tagliata, sia quella nazionale, sia, ancor più drasticamente, quella delle autonomie locali, con una drastica riduzione della quantità e della qualità dei servizi pubblici.

La scuola e l’università pubbliche hanno subito tagli pesanti, a tutto vantaggio dell’istruzione privata. Analogamente il servizio sanitario nazionale è stato pesantemente definanziato, a favore delle cliniche e delle assicurazioni private.

Il taglio dei servizi ha portato a una significativa diminuzione di dipendenti delle amministrazioni pubbliche, sottraendo sbocchi all’occupazione.

Parallelamente si assiste ad una progressiva ma rapida operazione di privatizzazione di tutti i servizi, questo nonostante che 26 milioni di elettori avessero rifiutato nel 2011 la politica della privatizzazioni.

Ormai da anni è stato del tutto cancellato il finanziamento per le case per i ceti più poveri, spingendo sempre più alla convivenza di più nuclei familiari nella stessa casa. Negli ultimi mesi il movimento che con l’occupazione di case libere aveva cercato di dare una risposta a questa emergenza sociale è stato colpito da un decreto che vieta alle società del gas, dell’elettricità e dell’acqua di fornire servizi a case occupate non “legittimamente”.

Nel consentire questo massacro sociale, è stato determinante l’atteggiamento rassegnato e a volte complice dei grandi apparati sindacali. Due grandi organizzazioni (la CISL e la UIL) hanno esplicitamente accettato la linea neoliberale dominante cercando di ritagliarsi un ruolo servile al suo interno.

Evoluzione delle centrali sindacali

La principale organizzazione sindacale, la CGIL, ha mantenuto un profilo ambiguo, criticando, a volte anche drasticamente le scelte dei governi, ma sempre ritenendo inutile opporsi. Adottando una linea moderatamente emendativa, la CGIL non è riuscita ad impedire, né a limitare le conseguenze devastanti della politica economica nazionale e europea.

La CGIL, il sindacato maggioritario del paese (quasi 6 milioni di aderenti, 16.000 funzionari) che nel secolo scorso era legato al Partito comunista, con la sua linea politica è giunto ad avere una funzione sostanzialmente irrilevante. In modo sempre più netto, da Berlusconi a Renzi, i vari governi l’hanno relegata ad un ruolo marginale, che rischia di comprometterne anche la tenuta sul piano organizzativo.

La federazione dei metalmeccanici della CGIL, la FIOM, ha da tempo adottato una linea politica più combattiva. Già nei primi anni del secolo partecipò in modo organico al movimento altermondialista e alle giornate di Genova del 2001.

Poi si scontrò contro il padronato della multinazionale Fiat e si dissociò clamorosamente dalle scelte moderate e collaborazioniste dei metalmeccanici della CISL e della UIL.

Attorno al 2010 apparve come un punto di riferimento alternativo alla deriva moderata della CGIL e, in certa misura, anche alla crisi della sinistra politica.

Ma poi negli ultimi anni il gruppo dirigente della Fiom ha adottato una politica altalenante, oscillando tra proclamazioni radicali e una pratica sindacale molto più compatibile.

Solo nelle ultime settimane, di fronte all’ulteriore aggressione governativa alle condizioni dei lavoratori e ai loro diritti, la Fiom si sta riorientando in direzione di un’inasprimento della lotta.

Nella CGIL esiste da sempre una sinistra sindacale, che nel corso dell’ultimo congresso ha raccolto 42.000 voti, conquistando una presenza nella direzione nazionale del sindacato. La corrente (che ha assunto polemicamente la denominazione di “il sindacato è un’altra cosa – Opposizione CGIL”) ha un signifativo radicamento in alcune importanti fabbriche del paese.

Al di fuori e a sinistra delle grandi confederazioni sindacali tradizionali nel corso degli anni 80 e 90 del secolo scorso si sono formate organizzazoni sindacali più radicali, i COBAS, l’USB, la CUB, e numerose altre sigle minori. Sono organizzazioni numericamente molto minori di quelle tradizionali, peraltro con difficile possibilità di accedere alle libertà sindacali, alla contrattazione.

Hanno però guidato alcune lotte significative e raccolto energie e quadri che, disgustati dalla politica delle grandi confederazioni, si sarebbero dispersi e sarebbero rifluiti.

Negli ultimi tempi, però, nonostante il moderatismo dei sindacati confederali sia sempre più evidente, la loro capacità di presa è stata decrescente. Questa difficoltà crescerà nel periodo prossimo anche a causa di un pessimo accordo sindacale stipulato da CGIL, CISL e UIL con il padronato privato, che scandalosamente limita le libertà sindacali alle altre organizzazioni.

Nuovo attacco ai diritti dei lavoratori

Nel mese di settembre, il governo Renzi propone al parlamento un progetto di legge sul lavoro, subito denominato per l’anglicismo dominante il Jobs Act. E’ un progetto che tra le altre misure (tutte filopadronali) punta a cancellare la norma che da oltre 40 anni impedisce ai padroni i licenziamenti ingiustificati, correntemente chiamata l’ “articolo 18”.

Già nel 2002 il governo Berlusconi aveva cercato di far approvare una misura analoga, ma una fortissima mobilitazione (in particolare della CGIL, che portò in piazza a Roma più di un milione di persone) glielo impedì. Ora un governo, guidato dal leader di un partito che si autodefinisce di sinistra e che aderisce al PS europeo, pretende di fare la stessa cosa.

Già nei giorni immediatamente successivi alla pubblicazione del Jobs Act, alcune aziende scendono in sciopero, presidiando i cancelli, manifestando nelle città, bloccando alcune strade. Si tratta di mobilitazioni semispontanee che però inducono la Fiom ad una nuova svolta a sinistra, con la proclamazione di scioperi locali.

La stessa CGIL non può restare a guardare. La politica governativa è molto aggressiva non solo nei confronti del mondo del lavoro e delle classi popolari ma anche del ruolo e delle prerogative degli apparati burocratici. Una prima iniziativa è stata quella di organizzare una grande manifestazione nazionale a Roma, che ha visto sfilare 200.000 persone, arrabbiate e combattive. Molti giovani, molti migranti, molte fabbriche impegnate nelle lotte contro i licenziamenti, le chiusure, le delocalizzazioni. Diffusissima la richiesta di proclamare uno sciopero generale. Anche la corrente di sinistra della CGIL, con una folta partecipazione al corteo, chiedeva nei suoi striscioni un salto in avanti della lotta e lo sciopero generale immediato.

E la CGIL, dopo due settimane di tentennamenti, dopo un inutile incontro con il governo durante il quale è stata di nuovo maltrattata, dopo un impossibile tentativo di ricostruire un fronte unitario con CISL e UIL, decide di proclamare una giornata di sciopero generale, con manifestazioni regionali.

Intanto, il 14 di novembre, un fronte di movimenti (organizzazioni studentesche, associazioni di lavoratrici e lavoratori precari, centri sociali, movimenti ambientalisti) e di piccoli sindacati radicali (in particolare USB, COBAS e CUB) svolgono una giornata di mobilitazione e di scioperi. La Fiom, la federazione dei metalmeccanici della CGIL, partecipa alla giornata del 14 novembre con uno sciopero della categoria e con una grande manifestazione a Milano.

Certo, la piattaforma CGIL dello sciopero rimane ambigua, emendativa nei confronti della politica economico sociale del governo, non arriva affatto a rivendicare la caduta di Renzi, che resta comunque il leader del più importante partito del centrosinistra. Inoltre continua a manifestare una esplicita subalternità alla minoranza “laburista” del PD, vista come unico interlocutore politico disponibile.

Inoltre la decisione dell’utlima ora di rinviare l’iniziativa dal 5 al 12 dicembre per convergere nell’azione di sciopero con la UIL, un’organizzazione sindacale compromessa nei peggiori accordi filopadronali, contribuisce a rendere ancora più ambigui i contenuti di quella giornata.

Cambio del clima politico e sociale

Resta che anche la decisione dell’apparato burocratico della CGIL di proclamare uno sciopero di tutte le categorie di 24 ore è legata al mutamento di clima che si sta assaggiando in Italia.

La durezza dell’attacco, il suo carattere sfrontato, le contestazioni, minoritarie ma diffuse, nei confronti di tutti i viaggi del capo del governo, le iniziative di sciopero spontaneo che hanno coinvolto alcune fabbriche più radicali, il risveglio contraddittorio ma obbligato degli apparati sindacali, sono tutti elementi che stanno contribuendo a scutere la classe lavoratrice italiana dal torpore che l’aveva colpita negli ultimi anni, soprattutto dopo la fine dei governi Berlusconi.

Negli ultimi anni l’Italia si è ritrovata ad essere il paese più arretrato nelle lotte contro le politiche dell’austerità. Salvo le mobilitazioni delle aziende direttamente colpite da fallimenti o processi di delocalizzazione, ma tutte quante in modo isolato, senza neanche provare a creare una rete di collegamento tra lotte potenzialmente convergenti, il grosso della classe lavoratrice sembrava rassegnata a perdere gran parte delle conquiste dei decenni scorsi.

Lo stesso mondo giovanile, salvo brevi e sporadiche fiammate di mobilitazione, appariva passivo. Per anni nessun episodio significativo di lotta generale del tipo di quelli visti con le Mareas dello stato spagnolo o degli scioperi generali a ripetizione in Grecia.

Ora i sintomi di un’inversione di tendenza si stanno accumulando. E’ ancora presto per dire che la contestazione della politica di austerità si stia generalizzando ma è certo che è la prima volta da anni che questa possibilità appare concreta.

Non a caso la popolarità di Renzi comincia a calare, dopo il successo riportato alle elezioni europee (40,8%, seppure con una partecipazione al voto di solo il 58%).

Questo è positivo, ma è controbilanciato dal fatto che la iniziale radicalizzazione politico sociale spinge anche la destra a modificare la sua politica. Infatti si afferma sempre più, in alternativa alla leadership di Berlusconi, quella del leghista Salvini, peraltro in alleanza con gruppi di estrema destra dichiaratamente nazifascisti.

Resta la estrema debolezza della sinistra “radicale”. Dopo le sconfitte degli scorsi anni, tutte dovute ad una politica subalterna al Partito democratico, e le crisi organizzative le principali organizzazioni della sinistra radicale cercano confusamente di riorientarsi, dopo la sempre più evidente improponibilità di un’alleanza con il PD. La Lista “Con Tsipras per l’altra Europa” (che ha eletto 3 parlamentari europei) manifesta tutte le contraddizioni irrisolte della sinistra italiana. Una costante litigiosità interna che elude la necessità della costruzione di un fronte unitario sociale e politico contro l’austerità e la mai celata apertura verso alleanze verso destra, tutte in versione elettoralista e moderata.

Ma il clima che sta mutando impone a tutti il massimo di chiarezza. Le potenzialità delle nuove mobilitazioni, la stessa occasione dello sciopero del 12 dicembre chiede di fare un salto di qualità.

Andrea Martini - Sinistra Anticapitalista

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