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#Renzi, #astensionismo e il processo verso la Terza, ma sarà Repubblica?

Siamo di fronte ad un regime che replica se stesso, annullando progressivamente e senza sforzo qualunque espressione democratica

(27 Novembre 2014)

asteprocess

Ha ragione Renzi. L’astensionismo NON è un problema, neppure secondario. La sua non è leggerezza e neppure superficialità.

Lo cita gioco forza per ragioni di tattica, anche perché sono prossime le primarie in varie Regioni, e comunque è una eredità – questa delle primarie – colla quale deve ancora fare i conti, ma la sensazione è che la sbaraccherà presto. E’ troppo profonda ed avanzata la trasformazione del PD, c’è sempre il rischio di qualche avviso di garanzia volante e poi queste non sono più necessarie.

Quindi l’astensionismo choc espressosi nelle elezioni regionali dell’ER, con una percentuale più da influenza che da affluenza e impensabile sino a pochi mesi fa, è ciò che potremmo chiamare “il cacio sui maccheroni”.

Il processo avviato ormai da tempo e mirabilmente impersonato in questa fase dalle caratteristiche personologiche del “Renzi” di turno, ci consegna un quadro di accesso all’espressione democratica, almeno come si è intesa sinora, che disegna un inesorabile strettissimo imbuto, fortemente selettivo, auto replicante.

Degradati i corpi intermedi, annullato il senso della collettività sociale e della sua rappresentanza politica, appiattito pesantemente il conflitto e reinterpretata la frattura capitale/lavoro, scomparse le Province nel senso elettivo popolare ma ben presenti in quello di nomina di secondo grado (ceto politico che nomina se stesso), scomparso il Senato (anch’esso di secondo grado), impostato un Italicum dai dubbi risvolti costituzionali, ecco che l’astensionismo rappresenta una auto-esclusione da parte della popolazione che non può non essere visto come assolutamente positivo.

Non siamo neppure alla postdemocrazia di Crouch.

Se poi aggiungiamo la tensione presidenzialista (che non avrebbe la fortuna di nascere, come in Francia, in un momento di grande partecipazione e coinvolgimento politico diffuso) la sensazione netta è che si sia in una (breve) fase di transizione, di svolta molto stretta che sta traghettando la Repubblica parlamentare in un modello nuovo, di stampo oligarchico, di cui non ho memoria nella Storia italiana.

Non mi soffermo, per economia del discorso, su chi detenga il progetto e le fila, cioè sull’imprimatur delle grandi presenze economiche e finanziarie mondiali, né sul ruolo dell’UE o della Commissione europea,, la diatriba dell’Euro, la precipitazione internazionale, le revance nazionalistiche, ecc ecc…..

Certo è che la crisi che stiamo affrontando al contempo è scaturigine e catalizzatore di questa trasformazione, con esiti a dir poco drammatici sulla popolazione sia sul piano materiale (lavoro, salute, istruzione, previdenza, futuro…) che su quello di indurre l'impossibilità a riconoscere le cause vere riversando sull’ultimo anello debole della catena sociale, a scalare, la propria impotenza.

Mi preme invece dare un segnale, rispetto al percorso intrapreso sul piano dell’assetto politico del nostro Paese. Quale sarà il passo successivo? Sapremo riconoscerlo come ulteriore tassello verso il regime e soprattutto esiste la possibilità complessiva di contrastarlo?

Un assetto – quello che sta avanzando – contro il quale nessuna rivendicazione degli assunti della Carta costituzionale, proposte di riforma elettorale magari magicamente proporzionali, invocazioni di diritti, transumanze sindacali o ipotesi di spazi istituzionali per un’opposizione possono o avranno ambiti di espressione minimamente incidenti.

Chi pensa di poter tentare queste strade non ha possibilità alcuna, perché crede di muoversi su di un palcoscenico scomparso da tempo.

Dunque nessuna possibilità di rovesciare o almeno opporsi a questo nuovo modello?
Ovviamente sì, ma se vogliamo pensare ad un sistema di opposizione questo dovrà necessariamente tener conto che siamo di fronte ad un assetto politico assolutamente nuovo, che si sta evolvendo molto rapidamente ed in termini, per noi, negativi di stretta finale, per il quale dobbiamo attrezzarci.
A cominciare dall’analisi, che irresponsabilmente viene sostituita da veri e propri trastulli, ed è quella di cui si sente maggiormente l’assenza.

Patrizia Turchi

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