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“L’ASTENSIONISMO E’ UN FATTO SECONDARIO”: DOPO LA DICHIARAZIONE DI RENZI L’ITALIA E’ MATURA PER UN REGIME AUTORITARIO?

(28 Novembre 2014)

Questo ragionamento principia proprio dalla frase pronunciata dal Presidente del Consiglio e Segretario del PD, Matteo Renzi, al momento dell’esito del voto di domenica scorsa per le elezioni regionali di Calabria ed Emilia-Romagna “Abbiamo vinto, l’astensionismo è un fatto secondario".

Un astensionismo, è bene ricordarlo, che ha raggiunto percentuali mai registrate nel nostro paese: oltre il 60% in Emilia, oltre il 55% in Calabria.
Quella frase pronunciata da Renzi non è stata buttata lì per bullismo politico o per nascondere l’imbarazzo di una situazione che si presenta difficile.
Si è trattato, invece, di un’affermazione quasi paradigmatica al riguardo della prospettiva che si sta aprendo: dopo aver fatto a meno dei cosiddetti “corpi sociali intermedi” nella fattispecie i sindacati, adesso si può fare a meno anche delle elettrici e degli elettori che possono essere chiamati in causa soltanto in determinate occasioni per esprimere un consenso di tipo plebiscitario al Capo e qualche cascame di dissenso riservato a settori marginali e ininfluenti che possono essere tenuti ai bordi del sistema politico.
Siamo di fronte ad uno stato di cose in atto che legittima la domanda: “L’Italia è matura per un regime autoritario?”.
Si direbbe proprio di sì andando analizzare, ben di là dai temi suggeriti dalle modifiche alla Costituzione e alla legge elettorale (legge elettorale che, è bene ricordare sempre anche questo elemento, rimane il cardine del sistema dal punto di vista politico), ma proprio analizzando la realtà sociale del Paese.
Come esce l’Italia dalla fase aperta, vent’anni fa, con l’implosione del sistema dei partiti, il varo dei trattati europei, la definitiva affermazione dell’egemonia del liberismo: un’egemonia ormai accettata da tutti i settori politici e anche economici.
In più abbiamo avuto l’affermazione di un’egemonia di tipo culturale fondata sulla priorità dell’immagine, del consumo individualistico, della personalizzazione della politica, del messaggio sempre più semplificato da rivolgere alla massa ai fini di determinare lo svolgimento d’iniziative di pura propaganda in tuti i campi.
E’ completamente sparito, da questo scenario, l’approfondimento sociale, culturale e politico e la sola immagine corrente risulta essere quella di marca televisiva, mentre anche l’uso delle tecnologie si è adeguato a questo complesso discorso di “passivizzazione di massa”.
Su queste basi di riflessione possiamo ben definire come emergano due elementi fondamentali per poter leggere criticamente la realtà: “ uno spostamento rilevante nel rapporto storicamente individuato tra struttura e sovrastruttura (con una necessità di rivedere anche la stessa teoria delle fratture) ”; l’enormità del fenomeno della “rivoluzione passiva” così come determinatosi nel ventennio trascorso.
Si sono verificati così alcuni fatti di grande importanza proprio sul piano politico:
1) Una profonda divisione all’interno della struttura sociale del Paese, dovuta essenzialmente a una recrudescenza – mai verificatasi almeno dalla seconda metà del’900- del peso della contraddizione di classe. Una recrudescenza non riconosciuta, però, a livello sociale proprio per via del ruolo assunto dagli strumenti a disposizione della sovrastruttura. Un mancato riconoscimento che ha provocato divisioni sia a livello sociale, sia politico al punto da far sì che le insorgenze e i conflitti sociali in atto possano essere facilmente permeati da domande ribellistiche e di tipo neo-corporativo;
2) Si è verificata la saldatura di un blocco reazionario nella gestione del ciclo capitalistico e della relativa fase politica. Un blocco reazionario formato essenzialmente da tre componenti: a) i livelli di potere reale collocati nella dimensione della Comunità Europea; b) il secco spostamento della parte più rilevante degli industriali italiani attorno al “modello Marchionne” che ha aperto una stagione di vera e propria repressione all’interno dei più importanti settori produttivi; c) l’assunzione, a livello di governo politico, del tema della governabilità in senso autoritario, esemplificabile nell’obiettivo presidenzialista. In questo modo il governo sta puntando su tre obiettivi: l’azzeramento dei corpi intermedi; l’annullamento dei consessi elettivi; la repressione immediata di qualsiasi dimostrazione di dissenso a livello di massa. Quella che fu la cosiddetta “media borghesia” del resto, toccata nel suo “status” di consumatore competitivo è pronta ad aderire come supporto a questo blocco reazionario nel senso di quello che tradizionalmente è stato definito come “ventre molle”;
3) Questi elementi hanno determinato lo “sfinimento” della società e, come conseguenza diretta, le pericolose divisioni cui si accennava all’inizio. Sarebbe lungo l’elenco degli errori commessi da partiti e sindacati e su questo punto ci si è già esercitati più volte. Basterà dire, a questo proposito e a corollario dell’intera analisi fin qui sviluppata che ci troviamo nella necessità assoluta (e anch’essa non riconosciuta neppure a livello d’avanguardia) di proporre assieme una nuova soggettività politica dell’opposizione per l’alternativa e una nuova strutturazione sindacale nel senso del recupero della confederalità e dell’identità di classe. L’astensionismo elettorale è soltanto un segnale sul quale riflettere nel momento in cui si riflette sul tema – tutto da riprendere- della rappresentanza politica del conflitto sociale oggi e della prospettiva di trasformazione radicale della società.
In sostanza questi tre fattori, della complessità delle fratture sociali, politiche, generazionali, territoriali del Paese; del formarsi di un vero e proprio “blocco reazionario”; dello “sfinimento” della società e dell’assenza di corpi politici in grado di svolgere le funzioni di sintesi e di riferimento costituiscono la base per la quale si può ben ritenere legittimo definire alla situazione italiana come disponibile all’avventura del regime autoritario.
Il nostro compito è quello di organizzare subito l’opposizione più ferma e più netta a questo stato di cose: parte da qui una discussione da condurre in profondità, ma in tempi rapidi e con obiettivi concreti anche e soprattutto sul piano dell’organizzazione politica.

Franco Astengo

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