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(4 Novembre 2009) Enzo Apicella
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Siamo cittadine di un paese in guerra

Ma ci raccontano che il nostro governo compie “missioni di pace”

(4 Aprile 2005)

L’Italia e' oggi coinvolta in una guerra che in tutti i discorsi ufficiali e' camuffata da pace.
Ma siamo in guerra da circa 15 anni: nel ’91 prima guerra del Golfo, nel ’92 intervento in Somalia, nel ’99 guerra “umanitaria” in Serbia e Kosovo, dal 2002 missione “enduring freedom” in Afghanistan e poi guerra “per la democrazia” in Iraq; e siamo in guerra anche perche' il nostro paese ospita comandi, basi militari, ordigni di distruzione di massa fra cui 90 testate nucleari dell’esercito USA ed e' punto di partenza per operazioni distruttive di cui nulla puo' decidere.

Ma ci raccontano che siamo “in missione di pace”… peccato che tutte le nostre missioni militari siano soggette al codice penale militare di guerra! Inoltre sta per essere varata una nuova legge che, riformando i codici penali militari, impone anche gravi restrizioni alla liberta' di stampa e di informazione: solo giornalisti embedded! I casi di Enzo Baldoni, di Giuliana Sgrena e quello ancora aperto di Florence Aubenas ci mostrano a quali rischi vanno gia' incontro i/le giornalisti/e che vogliono raccontare la guerra dal di dentro, dalla parte di chi la subisce.

Ci raccontano che i nostri soldati sono “costruttori di pace”, ma ci nascondono le decine di migliaia di morti civili per conseguenza diretta o indiretta di questa guerra che anche il nostro paese combatte in Iraq, ci nascondono quanto la guerra costi in soldi, oltre che in vite umane e devastazione delle coscienze.

Per far diventare accettabile la situazione di guerra permanente si e' creata una pressione sull’opinione pubblica sempre piu' forte e manipolatrice, una vera e propria militarizzazione delle menti e delle coscienze.

- Sono sempre più frequenti in TV gli spettacoli di intrattenimento o le serie di film che presentano il volto buono e bello del militare.

- La morte di soldati e' sempre sfruttata come occasione per ribadire il loro ruolo di “missionari di pace”, generando una pericolosa confusione fra militarismo e pacifismo: i veri pacifisti sarebbero i soldati, chi chiede la pace e' denigrato.

- Non ci si vergogna di accampare le ragioni dell’economia e della concorrenza internazionale per decretare la fine degli scomodi vincoli della legge 185 (che rendeva trasparente e quindi almeno controllabile il mercato delle armi) e addirittura il Presidente della Repubblica invoca la necessita' della fine dell’embargo di armi alla Cina.

- Non pochi Enti Locali affidano le loro Tesorerie a banche implicate nel finanziamento di produzione e commercio di armi.

- Si nascondono informazioni e risultati delle indagini sui danni provocati dall’uranio impoverito sia ai civili che ai militari, in ex Jugoslavia, in Somalia, in Iraq e sul territorio italiano militarizzato.

- Diventa dominante l’ossessione per la sicurezza: viene diffusa la paura del diverso, dello straniero, di chi e' “altro da noi”. Si militarizzano le frontiere e le coste, i mari diventano cimiteri di centinaia di vite umane senza nome che fuggono da poverta' e guerre di cui siamo piu' o meno direttamente responsabili.

Rifiutiamo la logica della guerra, smascherandola dai suoi nuovi travestimenti
Rifiutiamo il militarismo che si appropria di simboli e linguaggi di pace, che sottrae risorse, porta distruzione e morte, semina odio


mercoledi 6 aprile alle 18 saremo in piazza Garibaldi, in nero e in silenzio, contro la guerra e il militarismo

Donne in Nero di Padova

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