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Libia. Il silenzio della voce del padrone

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(5 Ottobre 2011) Enzo Apicella

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Quello che succede in Iraq militarmente, avviene in Libano politicamente

(20 Febbraio 2005)

Beirut, febbraio - Davanti all'edificio c'e' un blindato delle forze speciali e decine di militari schierati su tutto il marciapiede. Soldati stazionano a ogni angolo del complesso. E' la sede di un partito politico della maggioranza di governo libanese. All'interno l'uomo politico, un protagonista di primo piano della scena libanese, ci riceve sorridente: "Viviamo in stato d'assedio".

Poi, aggiunge: "Quello che stanno facendo militarmente in Iraq, la fanno politicamente in Libano, malauguratamente manca una controstrategia, non c'e' un'azione politica del governo che possa contrastare la devastazione provocata dall'opposizione, dagli Stati Uniti e dalla Francia. Non temo per la sicurezza, perche' le forze armate hanno tutti gli strumenti per garantire il rispetto della legge, ma non vedo un piano politico all'orizzonte che costituisca una risposta al loro progetto".

Il discorso scivola inevitabilmente sulla risoluzione 1559 del Consiglio di sicurezza. "Lo hanno adottato per cacciare la Siria da qui, ma questo porta al caos. Hanno voluto la 1559 per spogliare Hezbollah, il che significa guerra civile. La 1559 vorrebbe colpire anche i palestinesi che vivono in Libano, il che equivale a creare le condizioni per nuovi massacri alla Sabra e Chatila".

Il nostro interlocutore e' franco: "Se c'era una persona in questo Paese che sembrava al sicuro al cento per cento da ogni possibile minaccia, questo era proprio Hariri. Hariri non aveva mai chiesto il ritiro siriano dal Libano, ha sempre parlato della necessita' di ridispiegamento delle truppe siriane. Non aveva mai chiesto il disarmo di Hezbollah. Ha voluto affrontare solo il presidente Lahoud. Nessun altro. Aveva un atteggiamento cauto, attento, ben studiato, ma era il vero cervello dell'opposizione. Walid Joumblatt non era altro che il portavoce del gruppo, ma Hariri era la mente e il portafoglio, benche' non comparisse mai".

L'esponente politico continua: "Ora, l'opposizione libanese e' terrorizzata e chiede conto alla Francia e agli Stati Uniti come puo' essere successo quello che e' accaduto. Francesi e americani avevano assicurato a tutti loro che erano al sicuro, che la risoluzione 1559 li metteva al riparo da ogni pericolo. Invece, hanno scoperto che non e' cosi e sono increduli. Ma anche noi siamo increduli, perche' e' accaduto qualcosa che nessuno avrebbe mai potuto nemmeno immaginare. Vede, se fosse stato un attacco alla libanese, sarebbero stati altri gli obiettivi, non Hariri".

Lo sfogo prosegue: "Qui abbiamo assistito a un'operazione che non e' libanese, ma reca piuttosto i segni di attacchi che avvengono in Arabia Saudita o in Iraq. Hariri e' stato colpito per i suoi legami con ambienti sauditi e non a causa delle vicende locali. Sono fermamente convinto che sono stati circoli che si sono perlomeno camuffati da islamici. Vede, Hariri aveva nelle macchine che utilizzava per i suoi spostamenti rilevatori speciali per evitare il rischio di autobombe telecomandate. Una tecnologia avanzatissima installata sulle auto del presidente degli Stati Uniti e forse qualche altro leader (si tratta di apparecchiature in grado di rilevare in un raggio di chilometri la presenza di ordigni telecomandati pronti per essere usati). Chi lo ha colpito, lo sapeva, e per evitarlo ha fatto ricorso al kamikaze che si e' infilato con la sua auto nel convoglio per farsi esplodere (qualcuno ha insinuato che i recenti lavori eseguiti nel sottosuolo nel tratto stradale dove e' avvenuto l'attentato abbiano permesso di nascondere l'esplosivo in alcune tubature a parecchi metri di profondita', impedendo ai ricevitori installati sull'auto di poterlo identificare, ma esperti hanno escluso questa ipotesi visto che nella stessa macchina di Hariri ci sono stati dei sopravvissuti e tutto lascia supporre che sia stato un kamikaze in avvicinamento alla vista dell'arrivo del convoglio a colpire)".

Fonti libanesi riferiscono che di recente i servizi di informazione siriani abbiano svolto intense indagini con la sicurezza libanese per scoprire la veridicita' di voci riguardanti l'esistenza di un'organizzazione che nella zona di Tripoli, nel nord del Libano, avrebbe cercato di reclutare volontari da inviare in Iraq. La fonte politica libanese di Arabmonitor osserva piuttosto sconsolato: "Ora, c'e' anche il problema del patriarca maronita Sfeir, il quale, dopo essere stato estremamente attento a mantenersi al di sopra delle parti, da quando e' stato in Francia, alcune settimane fa, sembra essere diventato parte dello scontro politico".

Il futuro del Libano e' denso di interrogativi: "Non temo per i risultati elettorali. Alle prossime consultazioni, penso che le forze governative possano prevalere. Non piu' dei due terzi dei maroniti votera' per l'opposizione. Non riusciranno a conquistare la maggioranza. Ma temo lo stesso che il Paese vada verso un crescendo confessionale, religioso, invece di un crescendo nazionale. Se assisteremo a una crescita settaria, chi ha compiuto l'attentato, avra' vinto. Se crescera' la coesione nazionale, avra' perduto. In ogni modo, mi attendo pressioni internazionali di ogni genere. Useranno da qui a poco il contingente delle Nazioni Unite presente nel sud per ricattarci. Ne annunceranno il ritiro o la trasformazione da forza di pace in forza di osservazione con compiti limitati e una presenza ridotta se non saremo disposti a obbedire".

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