">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Archivio notizie > Stato e istituzioni    (Visualizza la Mappa del sito )

Trattativa stato - mafia

Trattativa stato - mafia

(22 Giugno 2012) Enzo Apicella

Tutte le vignette di Enzo Apicella

PRIMA PAGINA

costruiamo un arete redazionale per il pane e le rose Libera TV

SITI WEB
(Stato e istituzioni)

A TRENT’ANNI DALLA “STRAGE DI NATALE”

(23 Dicembre 2014)

Dal n. 24 di "Alternativa di Classe"

trent

Il 23 Dicembre del 1984, esattamente 30 anni fa, un nuovo attentato, nei pressi del punto in cui poco più di dieci anni prima, nell’estate del 1974, la cellula neofascista di Mario Tuti compì la famosa “strage dell’Italicus”, una carica di esplosivo radiocomandata distrusse la 9ª carrozza di II° classe del RAPIDO N. 904 proveniente da Napoli e diretto a Milano. Al contrario del caso dell’Italicus, l’esplosione, avvenuta all’interno della grande galleria dell’Appennino, in Loc. Vernio, nei pressi di San Benedetto Val di Sambro (BO), provocò un violento spostamento d’aria, che frantumò tutti i finestrini e le porte, causando 17 morti e 267 feriti.

L’ordigno si trovava all’interno di una valigia, caricata a Firenze e posta su una griglia portabagagli del corridoio della stessa carrozza, a centro convoglio. Questo attentato è stato indicato dalla “Commissione Parlamentare Stragi” come l’inizio dell’epoca della “guerra di mafia” dei primi anni novanta del XX° secolo.

Dalle successive indagini e dai molti processi, vennero a galla diverse linee di collegamento tra mafia, camorra napoletana, gli ambienti del terrorismo neofascista, la Loggia P2, e persino con la “Banda della Magliana”: questi rapporti vennero chiariti da diversi personaggi vicini a questi ambienti, tra cui Cristiano e Valerio Fioravanti, Massimo Carminati (tornato “in auge” proprio ultimamente…) e Walter Sordi. Le deposizioni che spiegavano i legami tra questi diversi ambienti della criminalità emersero anche al maxiprocesso dell’8 novembre 1985, di fronte al giudice istruttore Giovanni Falcone.

Per la “Strage di Natale”, come fu definita in seguito, sono stati condannati, con sentenza divenuta definitiva nel 1992, l’ex capo della famiglia mafiosa di Porta Nuova, Pippo Calò, Guido Cercola (suicida in carcere nel 2005), Franco Di Agostino e Friedrich Schaudinn, esperto di elettronica e artefice del congegno che fece esplodere la bomba mentre il treno correva in galleria.

Il 18 Febbraio 1994 la Corte di Assise di Appello di Firenze concluse il giudizio anche per il parlamentare dell’MSI, il noto fascista Massimo Abbatangelo, il quale, assolto dal reato di strage, venne condannato a sei anni di reclusione per aver consegnato dell’esplosivo a Giuseppe Misso nella primavera del 1984. Le famiglie delle vittime fecero ricorso in Cassazione contro quest’ultima sentenza, ma persero e dovettero rifondere perfino le spese processuali: la “Associazione Feriti e Familiari delle Vittime della Strage sul Treno 904 del 23 Dicembre 1984″, le vittime della strage del treno 904, non avranno alcun risarcimento, nemmeno monetario!

Il 27 Aprile 2011 la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli emise un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti del boss mafioso Totò Riina per quella strage, precisando che Riina veniva considerato “il mandante della strage”. Presso la corte d’Assise di Firenze, è in corso il procedimento contro “il capo dei capi” di Cosa Nostra, che oggi, a seguito delle dichiarazioni di alcuni pentiti, fra cui Giovanni Brusca (e delle perizie sugli esplosivi), è accusato di essere stato “mandante, e istigatore della strage, programmata e messa in atto con l’impiego di materiale (esplosivo e congegni elettronici) appartenente all’organizzazione stessa e utilizzato poi, in parte, anche nelle successive stragi degli anni Novanta”.

Il quadro emerso nelle varie indagini (i cui atti sono stati resi pubblici soltanto qualche mese fa), in cui elementi provenienti dall’eversione nera si sono rivelati come legati a doppio filo alla manovalanza mafiosa e camorristica, viene giustamente inserito in quel progetto destabilizzante riconducibile alla cosiddetta “strategia della tensione”, senza però riuscire mai ad individuare un più ampio ambito di responsabilità, e senza chiarirne in alcun modo il disegno criminale complessivo e a quali “eventuali” funzionalità più grandi le stragi sono collocate. La cosa certa, dalla Strage del 12 Dicembre ’69 (Piazza Fontana a Milano) in poi, è che si lavorò ad accreditare la sciagurata tesi degli “opposti estremismi”, cercando di accreditare anche compagni della “estrema sinistra” come possibili autori di “fatti di sangue” indirizzati a “colpire nel mucchio”, per spingere così “l’opinione pubblica” verso le forze politiche del cosiddetto “arco costituzionale”, in primis la D.C., tese a difendere la “convivenza civile”.

Il lavoro della Commissione Parlamentare Stragi, all’epoca presieduta dal Senatore Gualtieri, nel 1994 aveva puntato il dito sulla “distrazione e assenza” dei servizi segreti italiani, Sismi e Sisde, che avrebbero dovuto cogliere e segnalare ogni attività di tipo terroristico; inoltre aveva evidenziato atti e dichiarazioni compiuti allo “scopo di turbare e condizionare lo svolgimento della vita democratica del Paese”, mettendo in luce un’opera sistematica di disinformazione, che si è avvalsa di un supporto informativo e logistico che va certamente oltre il semplice supporto criminale. Insomma, hanno accertato che il disegno, volto a generare terrore, “c’è sicuramente stato”, ma ciò è stato funzionale a condizionare la libera espressione politica “dei cittadini”, usando sangue di malcapitati, e questo è un filo rosso che unisce stragi e/o uccisioni irrisolte nel nostro Paese.

I molti episodi stragisti negli anni ’70 (Piazza Fontana a Milano, Piazza della Loggia a Brescia, Italicus) e ’80 (Stazione di Bologna e Rapido 904), per arrivare all’omicidio dei cronisti Alpi e Hrovatin, comprendendo le stragi di Capaci, Via D’Amelio, di Roma, Milano e Firenze, videro, molto probabilmente tutte, un incontro criminale e silenzioso di strutture parallele e segrete, il cui comune interesse era quello di mantenere “la particolarità italiana” ancorata ad interessi specifici.

Molti documenti relativi agli atti dell’organizzazione Gladio (organizzazione della quale il cugino di Berlinguer, Senatore Francesco Cossiga, se ne attribuì, addirittura, direttamente la paternità, affermandone la “legittimità”) continuano a rimanere in gran parte coperti dal segreto, chiusi negli archivi di Forte Braschi, tutelati dalle bocche cucite dei militari che condussero l’operazione “stay-behind”, promossa dalla NATO, per alcuni decenni, tenendo all’oscuro lo stesso Parlamento. Il senatore Giovanni Pellegrino, altro presidente della Commissione stragi, spiegò in un libro intervista (“Segreto di Stato, la verità da Gladio al caso Moro”, scritto con Giovanni Fasanella e Claudio Sestieri, per le Edizioni Einaudi) che la stessa Commissione non ravvisò alcun elemento per provare responsabilità di Gladio nella strategia della tensione; tuttavia, vi si legge: “….non vorrei violare segreti istruttori, tuttavia posso dire che da un’indagine giudiziaria sta emergendo un’ipotesi clamorosa: cioè che quando Andreotti parlò per la prima volta di Gladio volesse in realtà gettare in qualche modo un osso all’opinione pubblica per coprire qualcosa di più segreto, di più occulto e probabilmente anche di più antico rispetto a Gladio”.

Questa storia di sangue è (stata?) troppo lunga e piena di “lati oscuri”; il riferimento ad “una struttura sovranazionale e al di sopra delle parti” ricorre incessantemente nella lettura che investigatori, storici o inchieste giornalistiche hanno dato nell’approfondire questi avvenimenti.

Le prime dichiarazioni in proposito erano state pubblicate dall’Europeo il 17 ottobre 1974, con l’intervista a Roberto Cavallaro, arrestato per cospirazione politica su ordine di cattura della Procura di Padova: “…L’organizzazione esiste di per sé in una struttura legittima, con lo scopo di impedire turbative alle istituzioni. Quando queste turbative si diffondono nel Paese (disordini, tensioni sindacali, violenze e così via) l’organizzazione si mette in moto per cercare di ristabilire l’ordine. E’ successo questo: che, se le turbative non si verificavano, venivano create ad arte dall’organizzazione attraverso tutti gli organi di estrema destra (ma guardi che ce ne sono altri di “estrema sinistra”…)”. Sentito dal giudice Tamburino, Cavallaro ripeterà le stesse considerazioni, specificando che, ai vertici dell’organizzazione, vi erano “i servizi segreti italiani ed americani, ma anche alcune potenti società multinazionali…”.

Si trattò di rivelazioni prorompenti che, seppur prese con le pinze, indussero il giudice a chiederne conto al Tenente colonnello Amos Spiazzi, che, per la sua lunga permanenza all’ufficio “I” (Informazioni) del Sid (Servizio Informazioni Difesa), non poteva essere all’oscuro dell’esistenza di un eventuale Sid parallelo o Supersid: “… Ricevetti ordini dal mio superiore militare, appartenente all’Organizzazione di sicurezza delle Forze armate, che non ha finalità eversive ma che si propone di difendere le istituzioni contro il marxismo”.

Una celebre citazione dello scrittore Hans Enzensberger dice : “… il segreto di Stato è diventato uno strumento di dominio di prim’ordine (…). Il numero dei segreti di Stato che uno conosce diventa la misura del suo rango e dei suoi privilegi in una gerarchia sottilmente graduata. La massa dei dominati è senza segreti: non ha, cioè, nessun diritto di partecipare al potere, di criticarlo e di sorvegliarlo”. E’ la sintesi dell’essenza politica della democrazia capitalistica.

La “Strage di Natale” di 30 anni fa torna di perfetta attualità non solo per l’anniversario, ma per lo scoppio dell’indagine sulla corruzione a Roma, denominata “Mafia capitale”, nella quale gli intrecci, emersi con estrema difficoltà nelle indagini “stragiste” rese pubbliche ad Aprile u. s., tra criminalità mafiosa, criminalità comune e politica di Palazzo, una vera e propria “holding”, salgono alla ribalta della cronaca, con il solito Massimo Carminati, ex membro dei Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR), e da tempo diventato il “re di Roma”, Salvatore Buzzi, losco personaggio dal dubbio passato, divenuto potentato delle cosiddette “cooperative rosse”, e l’ex Sindaco neofascista di Roma, Gianni Alemanno, tutti ex compagni di cella a Rebibbia.

Mentre vengono confermati pubblicamente i legami anche con la ‘Ndrangheta, ormai ubiquitaria nel territorio nazionale, ed i cui “caporali” vendono forza-lavoro alle cooperative, più o meno “rosse”, già emersi grazie alle lotte dei lavoratori, immigrati e non, nella logistica, diventano anche più chiare certe dichiarazioni rese a suo tempo da Roberto Cavallaro, della “Rosa dei venti”… La decisione dei poteri forti di sacrificare un pezzo dell’establishment nazionale, quello dominante nella capitale, sta rischiando di sfuggire di mano con la scoperta del Ministro Poletti tra gli amici della Mafia e la scoperta che “l’intestatario delle auto di Carminati ospitava le cene del PD” romano! Rispetto a questo, l’annuncio di Renzi di un inasprimento della normativa sulla corruzione risulta essere solo un diversivo…

Proprio recentemente “Transparency International”, organizzazione internazionale non governativa non a caso legata alla Banca Mondiale, ha rivelato che l’Italia nel 2014, la peggiore del G7, è diventata il Paese più corrotto della corrotta UE! Nella coscienza che si tratta di pura propaganda finalizzata alle oscillazioni di Borsa e che la cosiddetta “criminalità” è sempre parte integrante dello Stato borghese, fondato sul perdurante “crimine storico” della estorsione di plusvalore al lavoro salariato, mentre la legalità segue l’andamento della lotta di classe (e l’approvazione del “Jobs act” lo dimostra), per i compagni è necessario tenersi informati anche di come vanno avanti le indagini del tipo di “Mafia capitale”, sia perché qualcosa può sempre “sfuggire di mano” ai poteri forti, sia perché la stessa lotta tra lobbies finanziarie può “lasciare per strada” fatti ed informazioni, da trasformare in materiali di esemplificazione utili al lavoro di denuncia e chiarificazione verso i proletari sulla natura sociale del sistema in cui ci troviamo a vivere: parlare ancora di “sinistra”, riferendosi ad ambienti di Palazzo (dopo quanto è già uscito fuori), come se si trattasse di una possibile alternativa all’esistente, ad esempio, ci pare veramente un insulto, se detto da esseri pensanti!

Alternativa di Classe

9225