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IL COMUNISMO COME IDENTITA’: CONTINUIAMO A BATTERCI PER L’UGUAGLIANZA

(24 Dicembre 2014)

Continuiamo a batterci per l’uguaglianza e non ci facciamo intimidire dagli esiti di una storia, quella del ‘900, costellata dai fallimenti di chi pensava al comunismo semplicemente come una forma d’inveramento episodico del potere statuale.

Continuiamo a batterci per l’eguaglianza perché soffriamo ogni forma d’ingiustizia sociale e politica, ogni difformità di trattamento, ogni discriminazione di qualsivoglia tipo.

Soffriamo tutte le forme di sfruttamento etico ed economico.

Continuiamo a batterci per l’uguaglianza non credendo alla logica contrattualistica dei “diritti” e delle “pari opportunità” stabilite per leggi successive: uno schema che può andar bene, essere accettato, in una fase di transizione ma che sempre sarà viziato dal punto di partenza della difformità sociale.

Non crediamo al concetto di “merito” se questo travalica e si poggia sulla sopraffazione del bisogno

Il bisogno del singolo come del collettivo deve essere inteso come fattore fondativo della coesione sociale.

Non può esistere merito se questo scaturisce da una piattaforma fondata sull’individualismo di origine borghese perché, in quel modo, immediatamente sconfina nell’avarizia e nell’egoismo: indi nella prevaricazione.

Vogliamo ancora pensare che l’idea del merito sia falsa quando questa nasconde il bisogno reale, quello del riscatto delle grandi masse: il merito inteso come ottundimento della realtà, specchietto per le allodole usato allo scopo di favorire le divisioni, le frantumazioni, le rincorse ai falsi miti.

La cosiddetta modernità è colma di questi falsi miti: da quello dell’apparire a quello del consumare voracemente le risorse di tutti.

La società della diseguaglianza e della sopraffazione riproduce instancabilmente se stessa, secondo modelli solo apparentemente diversi ma in realtà semplicemente “adattati” al mutare delle condizioni materiali esistenti.

Non possiamo arrenderci a questo camaleontismo, a questo presentarsi di una molteplicità degli atti della strategia tentacolare dell’avversario: occorre afferrare il Leviatano e porlo a terra con la forza dello scontro sociale e della dialettica politica, spostando i rapporti di forza.

Per farlo si tratta di comprendere fino in fondo, restituendo al pensiero dell’uguaglianza tutta la sua originalità.

Il pensiero dell’eguaglianza deve servire prima di tutto per demistificare ciò che accade attorno a noi, la lente per comprendere al meglio la verità.

Una verità incontrovertibile quella dello sfruttamento che possiamo e dobbiamo abbattere.

Non possiamo affidare però la nostra ipotesi politica a una logica del trascendente e/o dell’escatologico: la nostra Utopia è quella del conflitto che va affermato ogni giorno nella lotta sociale e politica, nell’idea della strutturalità del confronto che deriva dalla sua organizzazione posta prima di tutto sul piano politico.

La nostra identità comunista deriva dalla teoria marxiana e dalle lotte del movimento operaio di tutto il mondo.

Il comunismo deve essere espresso come tensione etica in ogni atto politico che andiamo a compiere e in ogni azione di conflitto sociale che organizziamo.

Patrizia Turchi e Franco Astengo

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