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Psicocomunista

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(14 Novembre 2010) Enzo Apicella

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    I NOSTRI VALORI DI COMUNISTI

    (11 Gennaio 2015)

    Il dramma della Francia investita dall’ondata del terrorismo islamico ha sicuramente provocato grande preoccupazione alla quale appare naturale collegarsi in un’espressione di condanna ma insieme presentando la necessità di un’attenta analisi dei fatti, nello specifico e nel loro insieme rispetto alla complessità del quadro internazionale.
    E’ altrettanto necessario però assumere una posizione precisa rispetto alla promozione di un moto di difesa acritica della cosiddetta “democrazia liberale” e della difesa dei nostri presunti valori.
    I nostri valori sono diversi, alternativi a quelli di diversa estrazione capitalistica, e vanno riaffermati senza alcun timore anche in queste occasioni, cioè quando la tentazione all’union sacrée appare molto forte.
    E’ proprio in questi momenti così difficili e complicati che più che mai è indispensabile affermare: “Non possiamo non dirci comunisti”.
    Non possiamo non dirci comunisti considerando appieno che cosa sono stati, nel ‘900, i totalitarismi assurti al ruolo di Stato, nel tentativo di inverare a quel livello veri e propri fraintendimenti dell’etica marxiana.
    Non è però il momento della ricostruzione retrospettiva.
    Quando appare forte (ed anche legittima) la rivendicazione dei principi posti alla base della rivoluzione francese, intesa come rivoluzione borghese è il caso appunto di riaffermare i nostri valori di comunisti.
    Il primo motivo lo ritroviamo proprio in Gramsci, nei suoi scritti giovanili: non possiamo che dirci comunisti perché odiamo gli indifferenti alle contraddizioni esplosive che percorrono questa società. Non siamo indifferenti, anzi siamo partigiani della liberazione dell’uomo e dell’eguaglianza.
    Non possiamo che dirci comunisti perché il capitalismo, nel compiere il suo ciclo, riscopre interi tutti i suoi lati più bestiali: l’imperialismo, lo sfruttamento, la sopraffazione, la distruzione delle ragioni e della possibilità della convivenza nel genere umano e tra il genere umano e l’ambiente e sono questi i motivi di fondo dell’esplosione del terrorismo fondamentalista.
    Non possiamo che dirci comunisti perché abbiamo bisogno di andare a fondo nell’esplorare i meccanismi che l’avversario sa mettere in campo soprattutto sui terreni dell’alienazione e della mistificazione: sono mutati i termini del rapporto tra struttura e sovrastruttura, è necessario interrogarci su questo e comprendere le motivazioni della modernità, ma allo stesso tempo si tratta di far capire che la saldatura tra questi due elementi, la struttura e la sovrastruttura, formano il dominio.
    Il dominio che il capitalismo esercita non solo sulla fatica e la sofferenza umana, ma sulla stessa mente: cerca di impadronirsi del pensiero. E’ il capitalismo, senza identificazioni di sorta (finanziario o altro) ma in quanto tale il vero “Grande Fratello” di questo XXI secolo.
    E’ ancora la lotta di classe il riferimento dello scontro sociale a tutti i livelli: è la lotta di classe lo strumento attraverso il quale reclamare la pace, l’eguaglianza, la trasformazione dello stato di cose presenti.
    Disponiamo ancora di un imponente bagaglio teorico, non abbiamo dimenticato la necessità di sviluppare sempre una tensione internazionalista, siamo ancora capaci di indignarci per l’evidenza dell’ingiustizia e della diseguaglianza, intendiamo sviluppare politica e conflitto sociale.
    Non ci adagiamo quindi all’esaltazione di idee e valori “altri”: è necessario, anche in momenti come questi, esaltare il nostro valore fondamentale, quello dell’eguaglianza.

    Franco Astengo e Patrizia Turchi

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