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DIMISSIONI DI NAPOLITANO: PRESIDENZIALISMO COME?

(15 Gennaio 2015)

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L’ufficialità delle dimissioni di Giorgio Napolitano apre una fase molto complessa della vita politico – istituzionale del nostro Paese.
E’ il caso di tracciare un primo bilancio di questi nove anni di Presidenza rivolgendo l’attenzione a un particolare aspetto dell’itinerario compiuto.
Si è, infatti, affermato che, in questo periodo, si sono accentuati i meccanismi, già presenti nel recente passato, del decisionismo intrecciato alla personalizzazione della politica: nella sostanza ci si è avviati verso il presidenzialismo (trascurando la molteplicità degli aspetti che questa specifica forma di governo ha assunto in diverse situazioni sul piano internazionale) superando “de facto” la Costituzione Repubblicana, in particolare laddove vi si disegna una Repubblica di tipo parlamentare.
Questo fatto è in realtà avvenuto compiendo un vero e proprio “strappo” nel percorso di mutamento di ruolo assunto dal Capo dello Stato nel corso degli anni superando quello di puro e semplice “notaio” com’era avvenuto in passato.
Erano stati due i settennati messi sotto osservazione da questo punto di vista: quello retto da Pertini e quello retto da Scalfaro.
In entrambi i casi però le cose stavano in maniera ben diversa da come poi si sono assestate durante i nove del magistero di Giorgio Napolitano.
Pertini, infatti, pose l’accento sul presenzialismo e la capacità d’esternazione rispettando però rigorosamente soprattutto il ruolo dei partiti e dei gruppi parlamentari; Scalfaro intervenne pesantemente sulle dinamiche del quadro politico, in maniera addirittura “border line” rispetto alle prerogative costituzionali del Presidente (pensiamo alla sostituzione di Berlusconi con Dini nel gennaio 1995) ma non fece assumere alla Presidenza della Repubblica il ruolo di “generatore” dei governi.
Napolitano, invece, si è mosso diversamente e durante questi nove anni ha fatto assumere alla più alta magistratura dello Stato una funzione di tipo “pivotale” rispetto all’intero sistema politico che, almeno a partire dalla scelta del governo Monti (una scelta formalmente interna al quadro costituzionale, ma molto discutibile nella forma e nella dinamica) per poi proseguire con quello Letta può essere identificata come direttamente mallevadrice di un rapporto diverso tra Governo e Parlamento rispetto a quello disegnato dalla Costituzione.
Per svolgere un esempio molto chiaro sotto questo aspetto si può ricordare il diniego all’incarico rivolto a Bersani, negando la possibilità di sperimentare direttamente una maggioranza che avrebbe potuto nascere direttamente all’interno del Parlamento.
Il colpo di mano attuato dalla maggioranza del PD nel promuovere la formazione del governo Renzi ha modificato questo stato di cose inaugurando una sorta di “diarchia” e/o di consolato: una surrettizia forma di governo che ormai da un anno regge il Paese in un processo di forte accentuazione di quei meccanismi personalistici di decisionismo presidenzialista cui si faceva cenno all’inizio.
La posta in gioco della prossima elezione presidenziale sarà proprio questa: un rinnovo della diarchia, oppure uno spostarsi dell’asse di riferimento nel governo del Paese verso il premierato o cancellierato che dir si voglia?
Insomma: quale scelta si verificherà intorno al nodo della conduzione autoritaria della vicenda politica italiana e del definitivo superamento della centralità parlamentare?
Come si configurerà la prevedibile nuova ondata presidenzialista?
Le incognite sono tante e non certo risolvibili a questo punto: ciò che appare sicuro è rappresentato dalla necessità e dall’urgenza di mettere in piedi un’opposizione che nettamente ponga al centro della propria azione istituzionale il ruolo del Parlamento, il pluralismo politico, l’effettivo bilanciamento dei poteri, la lotta alla sindrome personalistica.
Accanto e insieme ai grandi temi internazionali, della lotta allo sfruttamento e delle battaglie sociali la “questione democratica” deve assumere una centralità di assoluto rilievo nel delineare l’azione di fondo di una “opposizione per l’alternativa”.
14 gennaio 2015

Franco Astengo

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