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Egitto, ricordare e morire

(25 Gennaio 2015)

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Protestava e ricordava, Shaimaa al-Sabbagh, per le vie del Cairo. Sfidando le leggi del presidente-generale Al-Sisi che da più di un anno definiscono terrorista qualsiasi dissenziente e infilano fra le sbarre ogni oppositore. Sfilava senza paura, assieme ad altri attivisti socialisti. Piccoli gruppi di temerari, senza veli né keffie di copertura a nascondere il volto. Un raduno che sapeva di testimonianza più che di resistenza. Shaimaa è stata colpita, ferita ed è morta. Col volto percorso da lacrime di sangue veniva trasportata a braccia da un compagno manifestante. Era stata raggiunta da una pallottola di gomma che egualmente le ha tranciato la vita, com’era accaduto a decine di cittadini nei giorni della ribellione e della speranza quattro anni addietro, in quel 25 gennaio 2011 e nelle tre settimane seguenti che sconvolsero l’Egitto e scacciarono Mubarak.

Oggi il raìs, sopravvissuto alle sue reali o presunte malattie, è a casa. Scagionato e assolto dalle accuse di alto tradimento e di strage verso i quasi mille manifestanti fatti uccidere in strada dalle fucilazioni della prim’ora, attuate da El Hadly e Suleyman, i suoi sodali di repressione. Finanche i figli Gamal e Ala autori di truffe e ruberie a danni della nazione sono prossimi a scarcerazione. E’ l’aria restauratrice che soffia da due anni nel Paese, dalla rivolta ‘civile’ contro lo strapotere della Fratellanza Musulmana, col presidente eletto Mursi defenestrato e arrestato. E la dirigenza islamica egualmente tradotta in galera insieme a migliaia di attivisti, per tacere dei quasi duemila morti contati fra il 15 e 16 agosto 2013 nei dintorni della moschea cairota di Rabaa dove gli islamici pro Fratellanza s’erano accampati. Le Forse Armate e il ministero dell’Interno non hanno mai voluto fornire il numero preciso delle vittime, tant’è che esistono centinaia di egiziani considerati ‘spariti’.
Nell’azione di ieri, svoltasi attorno a una blindatissima piazza Tahrir, la polizia afferma d’essere intervenuta per disperdere e fermare i dimostranti; ribadisce che nessuna violenza, a parte il lancio di alcuni lacrimogeni è stata perpetrata. Se qualche pallottola di gomma è volata rappresenta la risposta a “colpi d’arma da fuoco esplosi dai dimostranti”. Sembra la classica scusa non richiesta. Perché l’intento di cancellare ogni memoria che segue la “normalizzazione” di Sisi, e benvoluta dagli esecutivi del mondo che accolgono senza imbarazzo il sanguinario dal volto buono, continua a uccidere fra le omissioni dei media interni e internazionali. Ad Alessandria è stata ammazzata una studentessa diciassettene, cittadini qualsiasi, non certo jihadisti, sono stati stesi in varie circostanza nei mesi scorsi dal piombo poliziesco, non da pallottole di gomma.
25 gennaio 2015

articolo pubblicato su enricocampofreda.blogspot.it

Enrico Campofreda

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