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    UNA PROPOSTA DI ANALISI E DI RIFLESSIONE SUL SISTEMA POLITICO ITALIANO

    (7 Febbraio 2015)

    Il sistema politico italiano sta subendo, nel corso di questi mesi, un processo di riallineamento molto forte che ne sta determinando una configurazione molto diversa rispetto anche gli stessi intendimenti prefissati da chi sta portando avanti la riforma elettorale nel segno dell’Italikum e, di conseguenza, con l’obiettivo di mantenere una qualche sia pure larvata parvenza di bipolarismo.

    In realtà il bipolarismo e la conseguente “alternanza” all’occidentale è sparito da tempo dallo scenario politico del nostro Paese: un bipolarismo che pure, negli anni scorsi, aveva pur dato un qualche segnale di presenza allorché il sistema “misto” maggioritario/proporzionale varato nel 2003 era parso essere stato accettato come modello di comportamento da una buona quota di elettrici e di elettori.

    La smania della “vocazione maggioritaria” aveva poi buttato all’aria tutto questo impianto: prima favorendo la destra, poi provocando una vera e propria deflagrazione del sistema, con la crescita esponenziale dell’astensione e una sorta di “tripartizione” fondata in realtà sulla sabbia dell’effimero del populismo e dell’antipolitica.

    In realtà gli ultimi fatti, dall’elezione del Presidente della Repubblica ai fenomeni di trasformismo e opportunismo (perfino il “Corriere della Sera” bolla in questa guisa l’approdo dei deputati e dei senatori di Scelta Civica nel PD) dimostrano come ci si trovi ormai in tutt’altra situazione.

    Il sistema italiano, è questo il dato da sottolineare con forza, è esausto e non produce più dialettica politica.

    La dialettica politica, anche questo è un punto da ricordare, rappresenta lo strumento indispensabile per la crescita della qualità decisionale del sistema e della rappresentanza.

    Nelle condizioni in cui ci si trova adesso prevale, molto semplicemente, non la governabilità ma l’arbitrio.

    Le ragioni per le quali si è pervenuti a questo esito così fortemente negativo per la democrazia sono molteplici e riassumerle tutte appare difficile.

    Comunque si può tentare un sunto redatto per schemi approssimativi:

    1) L’idea dell’approccio al governo si è ormai realizzata, indipendentemente dalle tradizioni politiche di provenienza dei diversi attori politici presenti nell’arena, esclusivamente sulla base dell’impianto teorico della riduzione del rapporto tra politica e società, in relazione alla teoria dell’eccesso di domanda;

    2) Il processo decisionale e di modello di governabilità imposto dall’Unione Europea appare completamente allineato alle politiche neo-liberiste e al pensiero unico dominante della “fine della storia”;

    3) La chiusura dei partiti come luogo di ricerca e di confronto politico, oltre che di rappresentanza sociale, avvenuto attraverso la forzatura delle diverse leggi elettorali rimane comunque alla base del fenomeno di improduttività del sistema.

    L’Italia, paese dalla storia politica complessa dove lo schema progressisti/conservatori e dell’alternanza al governo non aveva mai avuto cittadinanza piena, non è parsa in grado disporre, nell’insieme del suo corpo politico e sociale degli strumenti idonei per sfuggire a una logica di destrutturazione del sistema fino al punto che oggi il ruolo centrale nel sistema politico appare sul punto da essere assunto da una coalizione dominante di carattere conservatore, intesa quale Partito Unico della Nazione, circondato da qualche improvvisato cespuglio di complemento.

    Partito Unico fondato sul culto del Capo, goffamente e ridicolmente nazionalista sul piano europeo e internazionale. Un nazionalismo ridicolo che fornisce l’idea di un vero e proprio isterilimento culturale e una totale disattenzione sociale.

    Attorno a queste nuove coordinate il sistema si sta articolando (indipendentemente dalle riforme costituzionali e dalla legge elettorale) con al centro il gruppo di governo attorniato da marginalità post-populistiche, senza la presenza di un meccanismo di reale e concreta opposizione.

    Se davvero intendiamo riflettere in termini sistemici, a sinistra è necessario avviare un ragionamento prima di tutto sull’analisi delle contraddizioni sociali e del loro intreccio all’interno di un possibile progetto di trasformazione e, in secondo luogo ma del tutto in contemporanea, sulla rappresentanza politica di questo progetto.

    Purtroppo non s’intravvedono luoghi di riflessione e d’azione politica adeguati al livello del cambiamento in atto, laddove si prenda cognizione di causa con coscienza della gravità delle cose: siamo in spaventoso ritardo, fermi su vecchi modelli scambiati per il “moderno”, legati all’impotenza di compatibilità politiche non più esistenti.

    Franco Astengo

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