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(4 Febbraio 2010) Enzo Apicella
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CONSIDERAZIONI SUL MOVIMENTO 5 STELLE

(8 Febbraio 2015)

Ricordate? Un paio d’anni fa, subito dopo l’esito delle elezioni politiche del 25 Febbraio, quando a sinistra si tentava di parlare di soggetto d’opposizione, molti compagni esperti scuotevano la testa e proclamavano “quello spazio è occupato dal Movimento 5 Stelle”.
Molti, per un certo periodo, ne subirono anche il fascino, poi l’argomento – dal punto di vista dell’analisi- fu abbondonato, così come quello del populismo assurto del resto rapidamente a incontrastato metodo di governo, e ci si limitò a registrare il gran via vai nei gruppi parlamentari alimentato dalla smania “espulsionistica” dei due leader Grillo e Casaleggio.
Oggi, però, nel momento in cui la transumanza parlamentare ha raggiunto livelli tali da proporre una vera e propria modifica degli equilibri politici ( sulle colonne del Corriere della Sera, Angelo Panebianco, in ritardo sugli effettivi tempi d’analisi scrive di “assalto al carro del vincitore” e di “assenza dell’opposizione”) vale la pena di ritornare sull’argomento riguardante l’andamento e l’esito dell’avventura politica del Movimento 5 Stelle.
Prima di tutto c’è da considerare che, nonostante l’esito disastroso di tutte le elezioni amministrative fin qui svoltesi dal 2013 in avanti, nell’occasione di consultazioni generali com’è stato nel caso delle Europee e nei sondaggi riguardanti il possibile voto alle politiche i travagli parlamentari non hanno fiaccato la consistenza complessiva del Movimento valutato sempre – più o meno – attorno al 20%.
Questo elemento, come del resto quello del PD marca Renzi, sta a dimostrare come, nella residua parte di elettorato attivo (nessuno di questi soggetti si sogna di intercettare la crescita dell’astensionismo) l’impatto del populismo di più basso livello risulti ancora elemento trascinante e vincente: è questa la realtà più consistente lasciata in eredità da vent’anni di politica giocata tutto su una serie di referendum di tipo personalistico svolti attorno alla figura più emblematica del populismo di destra europeo: Silvio Berlusconi.
Questo tratto dell’esasperazione del personalismo mediatico è il dato con il quale fare i conti quando si pensa a voler contrastare sul serio le dinamiche politiche in atto.
Tornando più specificatamente all’analisi relativa al Movimento 5 Stelle risaltano due possibili considerazioni:
1) Il Movimento, dotato di un’imponente presenza parlamentare, non ha tentato di collegarsi ad alcun filone dell’opposizione sociale pur presente nel Paese, a nessuna lotta, a nessuna iniziativa di tipo sindacale di base trascurando del tutto il rapporto con il modificarsi della composizione di classe pur avvenuta nel Paese;
2) Si sono verificate moltissime mini-scissioni, espulsioni, uscite dai gruppi parlamentari. Nessuno di questi sommovimenti ha assunto carattere politico: tutti atti individuali o quasi che hanno collocato un gran numero di parlamentari in area di parcheggio, disponibili – appunto – come sta avvenendo in queste ore a salire sul carro del vincitore. Nessuna, neppure la più pallida, opzione di tipo politico in tutti questi atti, nessun dibattitto sui contenuti a dimostrazione della natura, dell’origine del tutto casuale di queste candidature completamente ininfluenti al fine del dibattitto politico nel Paese. Un fenomeno sicuramente non rimediabile modificando, in senso anti-democratico, l’articolo 67 della Costituzione sul vincolo di mandato. Si tratta di una questione compiutamente politica di organizzazione del soggetto, di dibattitto, di coesione attorno a valori e progetti. Valori e progetti ampiamente disprezzati nell’eloquio di un Capo che intende soltanto esprimersi attraverso un dialogo diretto con la folla plaudente.
La diaspora interna al Movimento 5 Stelle sta a dimostrare, nella sostanza, l’assoluta vacuità di parte rilevantissima dei soggetti politici presenti in Italia e la loro totale inconsistenza rispetto ai grandi temi delle contraddizioni operanti nello scenario interno e internazionale.
Sono questi i motivi per i quali il Movimento 5 Stelle appare “inutile” all’interno del nostro sistema politico italiano e non certo perché non ha cercato di concorrere con i suoi voti all’elezione del Presidente della Repubblica.
Il Movimento 5 Stelle è sterile nella sua autonomia, perché incapace di collegarla ad un necessario progetto egemonico al riguardo di una precisa area sociale e politica.
La presenza di un numero consistente di parlamentari residui non colma, quindi, la questione dell’opposizione a livello istituzionale. Soprattutto, però, la mancanza di collegamento tra questa e la realtà dell’opposizione sociale nel Paese rende il tema dell’opposizione il più urgente da affrontare a sinistra.
Nessuno sta coprendo questa esigenza assoluta dell’essere “contro” in autonomia, muovendosi per aggregare e incidere davvero su di un terreno, quello politico, che appare del tutto abbandonato.

Franco Astengo

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