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Morire in Afghanistan

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L’altra voce del Sudafrica in lotta:
Stephen Biko ed il Movimento per la Coscienza Nera (BCM)
- parte prima -

(13 Febbraio 2015)

sudafricabiko

“Il giorno che mi prenderanno mi ammazzeranno,
perché io o li picchierò o mi farò picchiare
fino a farmi ammazzare”



Bantu Stephen Biko, nacque nel 1946 a King William’s Town, nella provincia del Capo Orientale. Dopo gli studi secondari, si iscrive alla facoltà di medicina all’Università del Natal – sezione separata per i neri -. Non fu solo uno studente di medicina, ma anche un giocatore di rugby. Dopo la sua morte, avvenuta a soli trentun anni, è diventato il simbolo della resistenza dei Neri che lottano contro l’apartheid. Durante gli anni universitari il suo primo impegno politico fu quello di aderire all’Unione nazionale degli studenti, organizzazione dalla quale uscì per fondare (nel 1969) l’Organizzazione degli studenti sudafricani (SASO). Nel 1970, fonda il Black Consciousness Movement (Movimento per la Coscienza Nera), un movimento sorto dall'angoscia e dalla frustrazione degli Africani colti, che vedevano preclusa dall'apartheid ogni tipo libertà. Il BCM si articolava in tre organizzazioni: un movimento politico (Black People's Convention), una centrale sindacale (Black Allied Workers' Union) e una lega studentesca (South African Student’s Organisation). Il 18 agosto 1977 Biko fu arrestato presso un posto di blocco dalla polizia sudafricana. Durante la prigionia nel carcere di Port Elizabeth durata un mese e sei giorni, subì una grave lesione alla testa, presumibilmente colpito con una spranga, e il 12 settembre 1977 morì durante il trasferimento al carcere di Pretoria. Le fonti ufficiali della polizia sostennero che il decesso s doveva attribuirei a un prolungato sciopero della fame di Biko. Dopo averlo torturato e ridotto in fin di vita, i suoi aguzzini decisero di trasferirlo, l'undici settembre, nella struttura sanitaria del carcere di Pretoria. Sul suo corpo c’erano evidenti segni di percorse ed il uo cranio presentava una profonda frattura. Il giorno successivo, il 12 settembre 1977, dopo aver viaggiato per 1100 km nel baule di una Land Rover, Biko morì per le lesioni cerebrali causate dalle violente torture, ma che la polizia negò di aver procurato, facendo risalire le ferite e le fratture cerebrali ad un prolungato sciopero della fame del prigioniero. La successiva autopsia stabilì che la morte era conseguenza delle numerose contusioni e delle lesioni causate dalle brutali percosse. Al suo funerale parteciparono decine di migliaia di persone. I giornalisti che indagarono sull'assassinio furono costretti a scappare dal Sud Africa a causa delle persecuzioni della polizia e nessuno dei due poliziotti colpevoli delle percosse fu mai processato dal governo razzista bianco, né dal successivo governo "democratico".
La sua tragica morte e le efferate torture da lui subite durante gli interrogatori nel carcere di Port Elizabeth, contribuirono a farlo diventare un “resistente”, un eroe, un simbolo, soprattutto per i giovani neri anti apartheid. Questo simbolo è ancora oggi valido, soprattutto per la popolazione sudafricana nera. Per ricordarne la figura e l’azione politica, nel 1980 Peter Gabriel incise Biko, brano vietato in Sudafrica. Lo stesso brano fu riproposto dai Simple Minds in Street Fighting Years(1989), album dedicato anche a Nelson Mandela e Víctor Jara. Biko è nominato anche in Figli della stessa rabbia, cantata dalla Banda Bassotti, in Silver Tongue Show dei Groundation, e in September 77 dei Kina. Nel 1987 il regista britannico Richard Attenborough fu autore di Grido di libertà, che racconta la storia degli ultimi giorni di Steve Biko, interpretato da Denzel Washington.
Tutta la storia del Sudafrica è stata caratterizzata dell’ascesa e dl declino del regime di apartheid, una forma di governo basato sulla sperequazione sociale, economica e culturale fra i bianchi che detenevano il potere ed i neri privati di ogni loro diritto.Il movimento per la Coscienza Nera non fu il solo gruppo che i oppose al regime segregazionista afrikaner. Il più noto è sicuramente quello guidato da Nelson Mandela, l’ANC (African National Congres).
Stephen Biko come già detto, fondò il BCM, il “Movimento per la coscienza nera, uno dei principali movimenti di opposizione al regime sudafricano. Negli Anni Sessanta i principali movimenti di opposizione all’apartheid stavano subendo una pesante repressione da parte del Governo Afrikaner. Uno dei principali movimenti era guidato dall’ANC (Africa National Congress) ed appoggiato anche da alcuni bianchi che sostenevano la causa dei Neri. Questo gruppo aveva attuato una azione di boicottaggio e di guerriglia attraverso il proprio braccio armato, lo Ukhonto we sizwe. Le sue azioni non raggiunsero però i risultati importanti che si proponeva il suo leader. Per questo motivo, molti attivisti dell’ANC e del PAC (Pan Africanist Congress) furono arrestati ed esiliati. La tensione fra il governo dei bianchi Afrikaner di Pretoria ed il resto della popolazione nera giunse ad una crisi, seguita alla violenta repressione delle manifestazioni di piazza da parte della polizia (“massacro di Sharpeville”; scontri di Soweto, 1976). In ogni caso, la popolazione nera cercò altri leader e capi in grado di ottenere la loro lotta contro il regime dell’apartheid, alcuni dei quali si formarono all’interno della Chiesa anglicana, guidata dall’Arcivescovo Sebby Taylor, fondatore della University Christian Movement (UCM) che in seguito divenne il veicolo della protesta e della battaglia politica del BCM di Stephen Biko.
Nel definire la sua idea politica, Biko si ispira soprattutto ai pensatori afroamericani come E. B. Dubois e Marcus Garvey, che avevano sostenuto la necessità, per i Neri degli USA, di fondare la propria lotta per l’emancipazione sul rifiuto del pregiudizio razziale che i bianchi avevano trasmesso loro. Essi intendevano la lotta per l’abolizione dell’apartheid anche e soprattutto come una lotta culturale. Per Biko fu naturale, inizialmente, abbracciare la non violenza (seguendo l’esempio del mahatma Gandhi e di Martin Luther King). Rispetto all’ANC, il BCM ebbe, fin dalla sua fondazione nel 1970, posizioni radicali rispetto al rifiuto della cultura bianca. L’azione del BCM era in gran parte volta a sensibilizzare Neri allo scopo di emanciparli dalla visione del mondo imposta dai bianchi. Perciò, il BCM dimostrava una certa ostilità verso i progressisti bianche anti apartheid, giudicando il loro interessamento troppo paternalistico. Questa linea politica generò anche qualche tensione tra gli attivisti neri, molti dei quali tuttavia erano moderati e cercavano forme di dialogo con i bianchi liberali (per esempio, l‘ANC aveva mantenuto rapporti con il partito comunista sudafricano). Successivamente, tutta la strategia politica del BCM divenne predominante all’interno del più generale movimento dei neri. Tuttavia, pur opponendosi alla partecipazione dei bianchi alle manifestazione anti apartheid, i leader del BCM accettarono invece l’appoggio delle altre etnie di “colore”, in particolare quella degli Indiani.
Il termine “Black” divenne “Black Consciousness”, termine che indica anche tutte le altre etnie non bianche del Sudafrica. Coerentemente con quelli che erano i suoi principi ed obiettivi, l’azione del BCM si svolgeva attraverso la propaganda e la diffusione di informazioni presso la popolazione nera. Per la diffusione capillare della strategia politica il BCM si servì di “scuole clandestine”, dove si insegnava ai neri “l’orgoglio per la propria cultura” ed al tempo stesso si alfabetizzava la popolazione che vi partecipava, per fornirle gli strumenti utili ad affrontare i bianchi sul piano culturale. Inoltre il BCM forniva i servizi sanitari gratuiti alla popolazione nera e pubblicava anche una serie di opuscoli e giornali (il Black Rewiew, la Black Voice, il Creativing in Development).
La politica del BCM radicalizzava il conflitto con i bianchi, il suo leader Biko e lo stesso movimento da lui guidato furono repressi duramente dal servizio di sicurezza del regime afrikaner, che effettuò una prima serie di arresti nel settembre del 1975 e coinvolse molti leader del BCM che avevano rapporti con il FRELIMO (Movimento di Liberazione del Mozambico); la loro accusa fu di essere “terroristi”. La carcerazione dei leader non impedì al BCM di organizzare altre manifestazioni, anch’esse represse duramente, come dimostra la infestazione di Soweto (16 giugno 1976), quando vennero uccisi centinaia di civili. Nei giorni successivi alla carneficina tutti i leader del movimento anti apartheid furono identificati e messi al bando. Lo stesso Stephen Biko fu arrestato il 18 agosto 1977 e condotto nel carcere di Port Elisabeth dove morì il successivo 12 settembre. Un mese dopo la sua morte, il governo sudafricano dichiarò fuori legge il BCM ed i diciassette gruppi a lui associati. Per questo motivo, molti degli aderenti al BCM transitarono nel partito di Nelson Mandela, l’ANC, ed in altre cellule armate. Azzerati i vertici della vecchia leadership, dopo la morte di Biko, il BCM fu ricostruito da una nuova generazione di attivisti ispirati proprio dal massacro di Soweto e dalla morte di Stephen Biko (tra questi c’era Desmond Tutu). Una volta sciolto il BCM, dalle sue ceneri nacquero due nuove formazioni, una delle quali era l’AZAPOI (Azanian People’s Organitation).
Nonostante l’impatto del colonialismo in Sudafrica l’etnia degli Xhosa avevano conservato i tratti caratteristici dell’identità africana, rimasta vitale soprattutto nei villaggi delle campagne. Questo elemento diede corpo all nascita della rivista “Staffonder”, le cui pagine raccolsero racconti brevi e poesie di autori neri sudafricani. Collaborarono alla rivista anche autori importanti che scrissero racconti che narravano le recenti vicende di lotta contro il regime segregazionista; fra questi ricordiamo Morgane Wally Serate, nato a Sophiatown nel 1944, vivente. Poeta e scrittore è legato alla lotta contro l’apartheid. Dopo la caduta del regime entra nella Commissione per l’Arte e la Cultura del nuovo governo sudafricano.

Loredana Baglio

Fonte

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