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IL COMANDO ILLEGITTIMO

(15 Febbraio 2015)

Nel quadro di una situazione internazionale che sta scivolando pericolosamente verso scenari di guerra globale che l’Italia sta affrontando con un mix di bullismo e d’improvvisazione la settimana appena trascorsa è risultata essere una delle peggiori nella più recente storia del nostro Paese sul piano del dibattito democratico nelle istituzioni e fuori di esse.

In particolare si è assistito da parte di un Governo che agisce attraverso l’esercizio di un potere extra-costituzionale in dimensione da vero e proprio “regime” a un attacco diretto alle prerogative del parlamento e del rispetto di una corretta dialettica con le opposizioni.

Il contesto generale nel quale tutto ciò sta avvenendo è però quello di una delegittimazione complessiva del sistema che ha origini ben precise, sulle quali sarebbe bene sviluppare un’analisi attenta e puntuale.

Il punto di riferimento di questa complessa situazione è quello dell’instaurazione di un quadro di comando di tipo personalistico: avevamo utilizzato, in tempi non sospetti, il termine di “salazarismo”.

Un termine da confermare nel suo integrale significato di modello di gestione del potere, al di là degli specifici riferimenti storici.

Sotto quest’aspetto, nei giorni scorsi, si è verificato un passaggio particolarmente importante poco notato dai mezzi di comunicazione di massa: il discorso pronunciato da Matteo Renzi agli allievi ufficiali dei Carabinieri sul tema del “comando”.

Da sottolineare, prima di tutto, il luogo nel quale questo discorso è stato tenuto: una sede dell’Arma dei Carabinieri, appunto. L’Arma del “Piano Solo” tanto per intenderci.

Un discorso agghiacciante, sull’etica della “solitudine nell’esercizio del comando” che ha scoperto per intero la vocazione del giovane primo Ministro all’esercizio di un potere fuori controllo dalle regole della democrazia parlamentare, sulla quale si basa ancora il nostro ordinamento repubblicano.

L’obiettivo vero di quest’offensiva in corso, che può ben essere definita come anti-democratica, è quello del ruolo del Parlamento in funzione, non soltanto legislativa (già messa in forte discussione dal ruolo assunto, ormai da molto tempo, dal Governo attraverso l’utilizzo dei decreti e delle leggi-delega) ma di rappresentanza reale del dibattito politico nel Paese.

Un’offensiva che dovrebbe avere il suo completamento con l’approvazione di un sistema elettorale che, di fatto in maniera surrettizia modificherebbe il ruolo del Primo Ministro rispetto a quanto previsto dalla Costituzione senza passare, appunto, da un’approvazione attraverso l’utilizzo dell’articolo 138.

Un vero e proprio “vulnus” inferto alla Costituzione del ’48 che avverrebbe, è bene ricordarlo e ribadirlo, in una situazione di delegittimazione complessiva del sistema.

Due sono i fatti che hanno concorso, nel tempo, a costruire questo quadro di delegittimazione complessiva: il primo riguarda il fatto che questo Parlamento è stato eletto attraverso un meccanismo di computo dei seggi giudicato incostituzionale da parte dell’Alta Corte.

Questo elemento rimane alla base di tutto il ragionamento: la composizione del Parlamento è inficiata da questo dato di fatto. Una situazione non legittima che coinvolge, sia ben chiaro, maggioranza e minoranza: SeL, ad esempio, è presente in Parlamento soltanto per essersi alleata con il PD, partito che in questo momento regge il progetto di riforma autoritaria, usufruendo anche dell’abnorme premio di maggioranza previsto – appunto – dalla legge del 2005.

Un Parlamento, questo in carica, è bene ricordarlo che ha visto il più alto tasso di transumanza dei parlamentari con il trasformismo elevato a regola comune.

Il secondo elemento è stato rappresentato dalla forma di entrata in carica da parte del governo Renzi: del tutto “border line” con il dettato costituzionale, come era già avvenuto in altre occasioni nel corso della presidenza Napolitano, al quale devono essere attribuite pesanti responsabilità circa il degrado (definiamolo così) della vicenda politica italiana.

Intanto è cresciuta e cresce una fortissima disaffezione (ormai il 40% di astensione al voto appare la normalità) e di disarticolazione degli aggregati politici e di rappresentanza dei corpi intermedi, ridotti ormai a proporre visioni di tipo populistico o di rappresentanza corporativa.

La questione vera in ballo, il punto sul quale si è assestata negativamente la vicenda italiana è quella dell’assenza di rappresentatività politica e, nell’insieme, di legittimazione democratica del sistema.

Anche la soluzione più semplice, quella delle elezioni subito con il sistema proporzionale uscito dalla sentenza della Corte, che pure sarebbe auspicabile non otterrebbe, comunque, il risultato di una rilegittimazione complessiva mentre la strada di “elezioni costituenti” appare essere, anch’essa, irta di pericoli gravi.

E’ certo che il tema, a sinistra, rimane quello dell’opposizione sistemica e della ricostituzione di una soggettività politica adeguata al frangente storico.

L’incognita è sul come possa essere possibile avviarci per questa strada, considerato il grado di enorme compromissione che si è realizzato, nel corso di questi anni, con i settori che stanno aprendo la strada al regime.

Muoverci da subito è comunque indispensabile: ed è questo il solo invito, la sola calda esortazione, che può essere avanzata in questo momento.

Serve subito una sinistra d’alternativa e d’opposizione, coerente nella sua prospettiva di essere “altro” dal sistema.

Franco Astengo

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