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“Diari di Cineclub”: la settima arte come contaminazione

(17 Febbraio 2015)

diaridicineclub

Da tempo, i lettori de Il Pane e le rose leggono, al principio d’ogni mese, l’annuncio dell’uscita del nuovo numero di Diari di Cineclub, con relativo sommario e link in cui scaricare il pdf della rivista. Ma cos’è Diari di Cineclub, com’è iniziato il suo percorso e quali finalità culturali persegue? Ne abbiamo parlato con Angelo Tantaro, che di questo progetto editoriale è responsabile, coadiuvato da Patrizia Masala, che ne cura la pagina fb e da Maria Caprasecca. Così, abbiamo trovato risposte circostanziate a tutti i nostri quesiti. Anzitutto, va evidenziato che Diari nasce dalla convergenza di diverse spinte, una delle quali proviene dall’esperienza del Cineclub Roma Fedic, oggi ospitato in una casa di post-produzione. Il forte desiderio di esprimere il proprio punto di vista, anche oltre i pur stimolanti dibattiti successivi ad ogni proiezione, ha portato alcuni associati a proporre, in un primo tempo, la realizzazione di un ciclostile. Poi, si è dato vita ad un sito del cineclub, fino a giungere alla conclusione che fosse necessario creare una rivista dal più ampio respiro. Un impulso in questa direzione è venuto anche da un altro ambito contraddistinto dal confronto permanente con le molteplici facce della settima arte: il Sardinia Film Festival, di cui Tantaro è presidente. Così è nata una rivista online assai peculiare, una testata indipendente che appartiene a chi, volta per volta, ci scrive. E che, soprattutto, propone un’inusuale mescolanza tra le firme di illustri artisti, intellettuali critici cinematografici e quelle di “semplici” appassionati di cinema, peraltro preparatissimi. Una formula che sta funzionando, tanto che ogni nuovo numero si arricchisce della presenza di nuovi autori, dalle più diverse provenienze. Di fatto, chi è già celebre non solo non si sente “detronizzato” nell’associare il suo nome a quello di chi è sconosciuto ai più, ma spesso contatta da sé la rivista per inviare il proprio contributo: è stato il caso, fra gli altri, di Diego Cugia, importante autore radiotelevisivo, cui si devono programmi indimenticati come Alcatraz. Così come, sempre entusiasta di fornire vignette su temi di attualità è Pierfrancesco Uva, pittore e illustratore satirico che ha collaborato con diverse testate nazionali e ricevuto prestigiosi riconoscimenti di settore. Due nomi di rilievo che si possono associare a tanti altri, più legati allo studio della settima arte, tra cui Roberto Chiesi, presidente della Fondazione Pasolini e animatore di vivaci polemiche contro le mode culturali più deteriori (su Diari ha efficacemente criticato Marco Giusti e la sua sciagurata rivalutazione del trash). Per non dire degli articoli di Simone Emiliani – Direttore Editoriale di Sentieri Selvaggi, rivista online che da tempo risulta tra i principali punti di riferimento dei cinefili italiani – e di rinomati docenti universitari di Storia del Cinema come Vito Zagarrio, Nino Genovese e Vincenzo Esposito. Senza contare che Diari ha ricevuto contributi qualificati anche da parte di intellettuali che si occupano prioritariamente di altre forme espressive. Si pensi, in tal senso, a Pasquale Voza, professore emerito di Letteratura Italiana all’Università di Bari, dall’impianto teorico rigorosamente marxista, che alla rivista ha regalato un bellissimo scritto su Pasolini: un articolo senz’altro complesso, che però i lettori hanno particolarmente gradito, comprendendo che la maggior concentrazione richiesta dalla sua lettura era ripagata dall’inconsueta ricchezza di stimoli e di spunti di riflessione. L’apertura a studiosi di altre discipline, peraltro, è parte integrante di una filosofia che non considera il cinema come fatto a sé stante, bensì in quanto mezzo di comunicazione profondamente inserito nel dibattito del proprio tempo, di cui è più spesso agente attivo che non mero veicolo. Non debbono sorprendere, quindi, gli articoli dedicati a due figure straordinarie – e per molti versi scomode – del cattolicesimo italiano: Don Lorenzo Milani e Don Andrea Gallo, entrambi portatori di una interpretazione radicale del messaggio evangelico. Il confronto con scelte di vita che hanno così profondamente segnato l’evo contemporaneo in Italia muove dall’idea che il cinema stesso sia storia. Non a caso, il dibattito pubblico sul nostro passato recente, tende sempre più spesso a svilupparsi attorno a prodotti audiovisivi. D’altra parte, che cosa sono, per esemplificare, opere come Roma Città Aperta di Rossellini e Tutti a Casa di Comencini se non lezioni di storia, capaci di restituire perfettamente il clima di fasi tra le più drammatiche dell’Italia del Novecento? Dunque, non possiamo parlare di incursioni gratuite o, comunque, occasionali in altri ambiti, ma della presa d’atto dello strettissimo rapporto tra cinema e storia, tra cinema e società.

Ma c’è un altro aspetto che, a nostro avviso, rende chiara la filosofia di fondo di un’esperienza come quella di Diari: le sue originali modalità di distribuzione. Anzitutto, attraverso internet, la rivista arriva a tutti i 1400 circoli del cinema sparsi nel territorio della penisola ed appartenenti alle 9 Associazioni di Cultura Cinematografica con riconoscimento ministeriale (Ficc, Uicc, Fic, Fedic, Cinit, Cgs, Ancci, Ucca, Csc). Ora, poiché in molte località vi sono associati, spesso anziani, che non hanno il computer, il loro circolo di riferimento si fa carico di stampare i diversi numeri e di fornirglieli gratuitamente. In più, vi è la singolare esperienza delle edicole virtuali, cioè dei siti che hanno link alla pagina e/o pubblicano il sommario di ogni numero di Diari. Le edicole sono ormai diventate 48: tra le ultime arrivate, vi è quella legata al Sardinia Queer Short Film Festival. La quale, scardinando steccati culturali che ancor oggi distinguono la società italiana, coesiste con diversi siti legati al mondo cattolico. Dunque, parliamo di una rete che si espande di continuo, includendo realtà culturali che, normalmente, non sarebbero in connessione fra loro. Ora, questo carattere plurale è, in un certo senso, rispecchiato anche dal Comitato di Consulenza e Rappresentanza della Rivista, composto da tre donne e tre uomini. Nel primo gruppo troviamo una figura eminente della sinistra italiana (Luciana Castellina), una delle più importanti documentariste nostrane (Cecilia Mangini) e una precaria della cultura, esperta in teatro e cinema (Giulia Zoppi). Nel secondo incontriamo un decano della critica cinematografica, firma storica di Famiglia Cristiana (Enzo Natta), il Presidente della Ficc, l’Associazione Cinematografica più diffusa (Marco Asunis) e un celebre regista (Citto Maselli). Una conferma di quel dialogo fra le differenze che rende, invero, più efficaci, perché fondate su un terreno più solido, le battaglie che la rivista conduce. In ogni numero, la terza pagina è riservata a un esponente del mondo politico, cui si chiede di intervenire sul tema – in Italia spinoso - dell’impegno delle istituzioni verso la cultura. Tra gli intervenuti, il senatore Marcucci e il deputato Fratoianni: entrambi, in tempi diversi, hanno prodotto interrogazioni parlamentari in relazione alla scelte della Direzione Generale Cinema del Mibac che, dal 2010, ha ridotto del 40% i finanziamenti ai Circoli del Cinema. Di fatto, si è sottovaluta un’esperienza preziosa, presente in località dove spesso delle normali sale cinematografiche non vi è neanche l’ombra. Le interrogazioni, rivolte prima al ministro Bray e poi al suo successore Franceschini, qualche effetto lo hanno sortito. Franceschini e Borrelli, della Direzione Generale Cinema, hanno ricevuto i Circoli e il secondo ha scritto riconoscendo finalmente l’importanza dei 1400 presidi di cultura cinematografica sparsi nella penisola. In più, i fondi sono stati aumentati di 100.000 euro: il che non compensa totalmente i tagli sin qui effettuati, ma è un positivo segnale in controtendenza rispetto a quella spinta governativa a falcidiare la cultura che da anni appare inarrestabile.

A queste battaglie, coronate da parziali ma significativi successi, vanno poi aggiunte le numerose iniziative che vedono coinvolta la rivista. La quale innanzitutto partecipa ad ogni aspetto dell’organizzazione di due festival. Il primo, già citato all’inizio, è il Sardinia Film Festival, che si svolge all’Università di Sassari e che si giova dello sforzo di docenti e studenti (non solo dell’Ateneo, ma anche del locale Istituto di Belle Arti), che fanno parte della pre-giura di selezione. Al Festival, infatti, arrivano circa 1000 film all’anno, da ben 58 paesi: lo scorso anno ne sono stati selezionati 180. Inoltre, i docenti tengono (senza farsi pagare) anche lezioni di cinema con i registi dei film. L’altro festival alla cui realizzazione contribuisce Diari è il Valdarno Cinema Fedic, che si svolge a San Giovanni Valdarno, nella provincia di Arezzo e che ormai ha un ruolo di primo piano nella diffusione del cinema indipendente in Italia, calamitando l’attenzione di tantissimi appassionati da ben 33 anni. E non finisce qui: nel 2015, per il secondo anno consecutivo, la rivista partecipa alla costruzione di Orizzonti del ‘900, importante manifestazione sull’arte promossa dal Comune di Roma Capitale che si svolge in piazza San Marco. Si tratta di una serie di Conferenze, Comunicazioni, Incontri, e Testimonianze a ingresso libero, che si svolgono nell’arco di diverse settimane (con partenza il 26 febbraio prossimo), dando la possibilità al pubblico di ascoltare storici, studiosi, critici, architetti che si esprimono su alcuni aspetti centrali dello sviluppo delle arti nel XX secolo. Un’iniziativa di divulgazione che ha tra i suoi curatori il professor Giovanni Papi, che su Diari è peraltro detentore di uno spazio fisso dedicato agli eventi artistici che si svolgono nella capitale. Un’altra scelta editoriale non casuale, bensì legata ad una precisa consapevolezza, riguardante lo statuto stesso del cinema: luogo dell’incrocio e della sintesi fra le diverse arti, da quelle visive alla letteratura ed alla musica. Si può ben dire che uno sguardo attento e non estemporaneo alla riflessione che si svolge attorno agli altri mezzi espressivi dovrebbe essere un elemento centrale di ogni seria rivista di cinema. Nella realtà non sempre è così, ma una pubblicazione aperta a tutte le contaminazioni come Diari di Cineclub non poteva che ribadirlo.

Stefano Macera

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